LONDRA - La Gran Bretagna diventa sempre meno europea: accelera la “fuga” di cittadini europei che lasciano il Paese preoccupati per le conseguenze di Brexit, mentre cala il numero di nuovi arrivi. Aumenta invece l'immigrazione da Paesi extra-europei.
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Ritorno nell’Est Europa
Secondo i dati ufficiali resi noti dall'Ufficio nazionale di Statistica, nel 2018 l'immigrazione dalla Ue è scesa a 57mila,
il livello più basso da dieci anni. Nel caso dei Paesi dell'Europa orientale si tratta di un vero e proprio esodo, dovuto
sia a fattori negativi, come Brexit e il calo della sterlina, sia positivi, l'attrattiva di una crescita economica più forte
e migliori prospettive di occupazione nei Paesi d'origine.
Molti dei cittadini europei che vivono da tempo in Gran Bretagna vogliono restare: si prevede che centinaia di migliaia faranno
domanda per ottenere il “settled status” o diritto di residenza permanente. Un numero record lo scorso anno ha fatto domanda
di cittadinanza britannica: secondo l'Ons sono stati 48mila i cittadini Ue che hanno richiesto un passaporto British e la
garanzia assoluta di poter restare, un aumento del 23% rispetto all'anno precedente.
Se uno degli obiettivi di Brexit era ridurre l'immigrazione tout court, non è stato centrato.
Aumenta invece l’immigrazione extra-Ue
I dati dell'Ons rivelano infatti che l'immigrazione da Paesi extra-europei ha raggiunto quota 261mila, un aumento del 16%
e il livello più alto da 15 anni. Ad aumentare è stato però soprattutto il numero di studenti, mentre meno persone sono arrivate
per lavorare, a causa probabilmente del calo della sterlina e del rallentamento della crescita economica.
«La situazione è cambiata dopo il referendum sulla Ue nel 2016, - ha detto Jay Lindop, responsabile dell'immigrazione internazionale
dell'Ons. – Adesso ci sono piu' cittadini dei Paesi dell'Europa centrale e orientale, polacchi in particolare, che lasciano
la Gran Bretagna di quelli che arrivano».
L'immigrazione netta da tutto il mondo, a quota 283mila persone, resta quasi tre volte sopra il livello stabilito dal Governo,
che aveva promesso di ridurre gli arrivi dall'estero a «qualche decina di migliaia».
La premier Theresa May, che quando era ministro dell'Interno ha avviato una forte stretta all'immigrazione, ha negato che
Brexit sia mirata a chiudere i confini e limitare gli ingressi. «L'immigrazione è stata positiva per il Paese -, ha detto
-. Quello che gli elettori volevano era che fosse il Governo britannico e non altri altrove a decidere chi entra in Gran Bretagna».
I limiti posti dal Governo all'immigrazione – soprattutto la soglia minima di uno stipendio di 30mila sterline all'anno per
concedere un visto di lavoro - sono stati criticati dalle imprese, che hanno sempre piu' difficolta' a trovare personale qualificato.
Scarseggia personale qualificato
«I dati dell'Ons di oggi confermano che meno lavoratori arrivano dalla Ue, esacerbando le carenze di personale in molti settori,
dagli operai agli ingegneri - ha commentato oggi Matthew Fell, Chief UK Policy Director della Cbi, la Confindustria britannica
- Le imprese non possono prosperare senza accesso a personale qualificato, e per questo è importante che il Governo abbia
una politica aperta di immigrazione dopo Brexit. Speriamo che sia possibile poter reclutare lavoratori dalla Ue anche se guadagnano
meno di 30mila sterline».
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