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Brexit, May alla nazione: «Non usciremo il 29 marzo. Ora…

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«rinvio è grande rammarico personale»

Brexit, May alla nazione: «Non usciremo il 29 marzo. Ora il Parlamento decida»

Estendere l’articolo 50 al 30 giugno, cioè mantenere il Regno Unito nell’Unione fino a quella data, «comporterebbe gravi rischi giuridici e politici». Lo spiega un rapporto interno dell'esecutivo europeo, secondo il quale la proroga deve essere concessa al massimo fino al 23 maggio 2019 (giorno in cui iniziano le elezioni europee) oppure dovrà coprire tutto l’arco temporale fino al 31 dicembre 2019. Per questo motivo la commissione europea si oppone all’idea di estendere la proroga fino al 30 giugno come richiesto dal primo ministro britannico Theresa May in una lettera ufficiale al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. La premier inglese ha parlato in in serata alla nazione, con una breve dichiarazione televisiva da Downing Street, per illustrare la situazione del percorso verso la Brexit. La premier ha detto che è per lei un grande dispiacere personale che la Gran Bretagna non lascerà la Ue con una accordo il 29 marzo. «Non voglio un secondo referendum» ha aggiunto e si è detta contraria alla partecipazione britannica alle elezioni europee . La May è tornata ad accusare il Parlamento di non aver saputo attuare la Brexit in due anni e lo ha sollecitato a decidere se approvare l’accordo di divorzio da lei raggiunto, se andare a un no deal o se non attuare la Brexit, cosa che «minerebbe la fiducia» del popolo nella politica. La premier ha quindi chiesto il sostegno popolare, ribadendo di non volere nessun rinvio «oltre il 30 giugno».

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Nel pomeriggio il presidente Tusk ha dichiarato: «Alla luce delle discussioni che ho condotto negli ultimi giorni credo che una breve estensione della data della Brexit sia possibile ma condizionata a un positivo sostegno del Parlamento britannico all’accordo» con la Ue. Lo ha dichiarato il presidente della Ue Donald Tusk.

Nella nota della Commissione europea si aggiunge inoltre che in caso di una estensione della membership, la Gran Bretagna dovrebbe «in uno spirito di leale cooperazione», impegnarsi a una «astensione costruttiva» su questioni cruciali come il budget di lungo termine della Ue e la nomina delle poltrone chiave dopo le elezioni di maggio.

La posizione della Commissione è stata già resa nota a Theresa May dal presidente Jean Claude Juncker nel corso di una telefonata, ha spiegato il portavoce Ue Margaritis Schinas.

Brexit, May non chiederà un «rinvio lungo» a Bruxelles

La premier britannica, aveva chiesto all’Unione Europea un rinvio breve, limitato al 30 giugno. May aveva escluso nettamente l'ipotesi di una proroga lunga, definendo «inaccettabile» la prospettiva che il Regno Unito possa dover partecipare alle prossime elezioni europee «a tre anni di distanza» dal risultato del referendum del 2016 e mettendo sul tavolo le sue dimissioni in caso di voto parlamentare in favore di una proroga più lunga.

«Sono contraria ad una lunga estensione - ha detto in Parlamento - il risultato sarebbero infinite ore di dibattiti in quest’aula che continua a contemplare il suo ombelico sull'Europa e non riesce ad affrontare le questioni che contano per i nostri elettori».

La premier ha ribadito la sua intenzione di svolgere un terzo voto in Parlamento sull’accordo di divorzio dalla Ue, nonostante il veto posto dal presidente della Camera dei Comuni John Bercow. Le procedure per un nuovo voto, ha detto, «non potranno essere completate prima del 29 marzo. Per questo motivo scrivo per informare il Consiglio europeo che il Regno Unito chiede una proroga». Ha inoltre precisato che un’estensione dell’articolo 50 (quello che regola l’uscita di un Paese dall’Unione) non sgombra il campo da un «no-deal».

Nella giornata di martedì i ministri pro Brexit del governo May si sono opposti alla possibilità di restare”intrappolati” nell’Ue per molto più tempo, dando luogo a uno scontro profondo nell’esecutivo britannico. I Brexiter più accaniti hanno minacciato di dimettersi in blocco se l’estensione sarà così lunga da comportare una partecipazione britannica alle elezioni per il parlamento europeo di fine maggio.

A questo punto si fa strada la possibilità concreta che il Regno Unito possa ottenere dall’Ue una proroga fino alla fine di giugno e questo potrebbe essere l’obiettivo del summit dei leader europei di giovedì, chiamati a esaminare e a dare il via libera alla richiesta di Londra. L’accordo di divorzio, però, hanno precisato ieri il capo negoziatore Barnier e oggi il presidente della Commissione Ue Juncker, non sarà rinegoziato. Per cui entro quella data un’intesa definitiva tra Londra e Bruxelles andrà trovata, pena l’uscita no-deal della Gran Bretagna dall’Unione, che le unioni industriali europee anche oggi hanno chiesto di escludere con nettezza.
Nel quadro di incertezza che si va delineando sempre di più sarebbe stata individuata la data di giovedì 28 marzo per il vertice bis sulla Brexit che si potrebbe tenere nel caso, al momento assai probabile, che quello di domani e venerdì non sia risolutivo.

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