Il governo del Portogallo è riuscito a ridurre il deficit pubblico allo 0,5% del Pil. Mai nella storia democratica del Paese, dalla Rivoluzione dei garofani del 1974, si era avuto un disavanzo così esiguo: 913 milioni di euro in un’economia che non arriva nel complesso a 200 miliardi di euro, in netto calo rispetto ai 5,77 miliardi del 2017 che valeva il 3% del Pil. E nei prossimi anni il deficit è previsto in ulteriore calo verso il pareggio di bilancio.
«Il Portogallo è riuscito a conquistare un livello di credibilità che non aveva mai avuto», ha spiegato il ministro delle Finanze Mario Centeno. «Per il terzo anno consecutivo abbiamo rispettato gli impegni di bilancio e quindi - ha aggiunto commentando i datti diffusi dall’Istituto di statistica - anche gli accordi europei sul risanamento dei conti pubblici: è la prima volta che questo avviene». Centeno, anche guardando alle elezioni di ottobre, sottolinea i meriti dell’azione del governo socialista in carica dal 2016: «Abbiamo riavviato un meccanismo virtuoso che partendo dalla crescita, dai conti pubblici e dalla conseguente credibilità ha moltiplicato la fiducia dei mercati che si è tradotta in una riduzione dei tassi di interesse ai minimi storici».
È stato il precedente governo a portare il Portogallo fuori dal programma internazionale di aiuti dopo che nel 2011 aveva dovuto chiedere alla Ue e al Fondo monetario un prestito di 78 miliardi di euro per evitare il default. E sempre il conservatore di Pedro Passos Coelho aveva già ridotto notevolmente il deficit di bilancio che nella grande crisi era salito fino all’11 per cento. Il premier socialista Antonio Costa ha però saputo continuare il percorso avviato, ha ridato fiducia e prospettiva alle persone e alle imprese. E pur eliminando le misure più dure introdotte dalla troika ha sempre dialogato con Bruxelles.
Carlo Cottarelli, che come direttore esecutivo del Fondo monetario ha monitorato per anni le politiche fiscali in Europa, ha spiegato che il governo Costa ha sempre confermato «il suo fermo impegno a formulare e implementare politiche economiche e fiscali che promuovano una crescita sostenuta ed equa, in un contesto di consolidamento fiscale», promuovendo «un sostenuto aggiustamento fiscale del tutto in linea con gli impegni internazionali» soprattutto attraverso «un controllo della spesa eliminando gli sprechi, come necessario in un Paese con un elevato debito pubblico».
Il governo socialista, sostenuto da due partiti di estrema sinistra, ha messo in atto una efficace spending review. E allo stesso tempo ha sostenuto i redditi delle famiglie (con particolare attenzione a quelli medio-bassi). Ha inoltre usato la leva fiscale per attirare investimenti dall’estero, anche in tecnologia e nel settore energetico, e anche dalla Cina.
La rinascita del Portogallo ha poi sfruttato in pieno la ripresa globale, ripartendo dal grande sforzo fatto dai portoghesi nella lunga recessione. «In un’unione monetaria, quando non è possibile avviare un percorso di aggiustamento attraverso la svalutazione della moneta, e l’ipotesi di una ristrutturazione del debito viene esclusa, la svalutazione interna diventa necessaria e brutale», afferma l’economista francese Elie Cohen. «Richiede un ciclo di contrazione della crescita, della domanda interna e un aumento della disoccupazione. L’alleanza di sinistra ed estrema sinistra - continua Cohen - ha beneficiato della terapia d’urto del precedente governo».
La svalutazione interna ha consentito di rilanciare le esportazioni (che oggi valgono oltre il 40% del Pil): le produzioni tradizionali (pellami, scarpe, tessile, ceramica) si sono riorganizzate, le attività più innovative si sono sviluppate attraendo capitali e risorse umane di qualità, le costruzioni e il turismo hanno dato un ulteriore decisivo contributo alla ripresa. Nella quale l’ancoraggio all’Europa è stato decisivo: sia per gli scambi commerciali, sia per la credibilità delle politiche di Lisbona. Il debito è in calo ma resta sopra il 120% del Pil. Persistono - anche a giudizio di Standard& Poor’s - alcune incognite che riguardano il rallentamento dell’economia globale e le difficoltà del settore bancario. Ma oggi il Portogallo ha di certo una nuova solidità: il rendimento dei titoli decennali del debito sono scesi all’1,27% (la metà di quanto rendono i titoli italiani).
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