LONDRA - La Gran Bretagna accumula scorte in vista di Brexit, alimentando la crescita del settore manufatturiero. Secondo
gli ultimi dati resi noti oggi da Ihs Markit, l’indice Pmi dei responsabili degli acquisti è salito a 55,1 in marzo dal 52,1
di febbraio, ben oltre le previsioni, toccando i massimi da 13 mesi. L’indice è rimasto sopra quota 50, che indica crescita,
per 32 mesi consecutivi.
Il dato positivo britannico è in netto contrasto con il calo dell’indice Pmi dei Paesi dell’Eurozona e sembra indicare un’economia
in buona salute. A ben guardare però potrebbe trattarsi di uno slancio di breve durata, secondo molti economisti, perché riflette
una corsa ad aumentare le scorte prima della data di uscita dall’Unione Europea più che un rafforzamento sostenibile della
domanda. L’indice Pmi sulle scorte è passato dal 59,9 di febbraio al 66,2 di marzo, il livello più alto mai toccato da un
Paese del G-7.
Le imprese britanniche stanno riempiendo i magazzini con beni d’importazione per precauzione in caso di intoppi e ritardi
alle frontiere dopo l’uscita dalla Ue, soprattutto se si tratterà di no deal. L’incertezza sulle prospettive future le sta
portando ad aumentare le scorte invece che a investire in nuovi progetti. Per questo l’aumento dell’indice Pmi molto probabilmente
non avrà l’auspicato effetto benefico sulla crescita del Pil.
«Il boom degli inventari porta a un vento contrario per la domanda, la produzione e l’aumento dell’occupazione in futuro
- ha spiegato Rob Dobson, direttore di Ihs Markit -. Sembra che l’impatto dei preparativi per Brexit, le opportunità non colte
e gli investimenti persi in questo lungo periodo di incertezza continueranno per molto tempo ad avere un impatto sul settore
manufatturiero britannico».
La società di analisi dati di mercato ha rilevato un certo pessimismo tra le imprese britanniche. Anche in caso di uscita
“soft” e senza drammi dalla Ue, infatti, le imprese potrebbero frenare gli acquisti e utilizzare le scorte di magazzino.
«Il settore manufatturiero è già preoccupato di un’inversione di tendenza man mano che le scorte verranno utilizzate - ha
sottolineato Dobson -. Ci sono anche segnali che le imprese della Ue stanno già acquistando di meno da imprese britanniche
in vista di Brexit». La Gran Bretagna non resterà immune dal rallentamento in corso nei Paesi europei che porterà inevitabilmente
a un calo degli ordini.
«Prevedo tempesta per il settore a causa delle incertezze su Brexit e dell’aumento delle scorte che porterà a un rallentamento
della produzione nel breve termine», ha detto Francesco Arcangeli, economista di Make UK, che rappresenta le imprese del settore
manufatturiero.
Ora che il Parlamento ha respinto per la terza volta l’accordo di recesso concordato da Londra e Bruxelles, la prospettiva
è di un no deal a meno che sia trovata una via d’uscita dall’impasse entro il 12 aprile. Il mondo del business ha espresso
costernazione per la situazione di stallo in cui si trova il Paese e grande preoccupazione per il futuro. Un’uscita senza
accordo è «una prospettiva da incubo che ora sembra più probabile che mai», secondo Stephen Phipson, Ceo di Make UK.
In assenza di un’uscita negoziata, l’alternativa caldeggiata dalle imprese è quella di un lungo rinvio di Brexit che mantenga lo status quo e permetta di aprire nuove trattative per trovare una soluzione di lungo termine.
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