Ora l’attenzione si sposta sulle aziende di credito. La Banca centrale europea non ha alcun motivo per modificare ulteriormente la sua politica monetaria: la forward guidance è stata modificata a marzo - i tassi resteranno fermi almeno fino a fine anno - continuerà il reinvestimento dei titoli in scadenza, sarà garantito il pieno soddisfacimento della domanda di liquidità. L’economia di Eurolandia continua infatti a espandersi, sia pure a un ritmo più lento e con rischi ancora orientati “al ribasso”, mentre l’inflazione continua a richiedere un’ampio accomodamento monetario.
Il meccanismo di trasmissione
Ora occorre piuttosto prendersi cura del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, dalla Bce all’economia reale,
che passa inevitabilmente - nell’Eurozona - attraverso le banche. Il rallentamento dell’economia e della concessione di credito
lo richiede. Il presidente Mario Draghi, in conferenza stampa, ha allora spiegato che nelle prossime riunioni saranno definiti
i dettagli delle Tltro, le aste di liquidità a lungo termine finalizzate alla concessione di credito alle aziende non finanziarie.
Anche la terza fase è stata lanciata a marzo, e prevede operazioni trimestrali a partire da settembre 2019 e fino a marzo
2021.
I tassi sulle Tltro
I dettagli non però sono ancora stati annunciati e, tra questi soprattutto il prezzo - il tasso di interesse applicabile -
che sarà definito, ha annunciato Draghi, in modo da «tener conto di un’ampia valutazione del canale di trasmissione della
politica monetaria, così come i futuri sviluppo delle prospettive economiche». Il costo del credito, insomma, dovrà essere
compatibile sia con l’orientamento di politica monetaria, sia con il buon funzionamento delle aziende di credito. Le risorse
che le banche hanno acquistito attraverso le Tltro in scadenza l’anno prossimo presto non potranno far parte dei requisiti
patrimoniali e di liquidità e questo potrebbe richiedere, in assenza di interventi adeguati, maggiori sforzi per il rafforzamento
patrimoniale e una riduzione della redditività.
Redditività e tassi negativi
Il nodo della redditività è molto importante, per garantire un sano flusso di credito all’economia reale. Ecco perché la Bce,
nei prossimi consigli, valuterà anche l’equilibro tra «le implicazioni favorevoli dei tassi negativi per l’economia» e «i
possibili effetti collaterali, se esistono, sull’intermediazione bancaria». In questo caso potrebbero essere decise misure
per mitigare queste ricadute negative.
Le riserve delle banche
Le banche europee oggi pagano lo 0,40% sulle riserve detenute presso la Banca centrale europea, che in circostanze “normali”
erano invece remunerate. Come Draghi ha riconosciuto, nel tempo l’effetto positivo dei tassi negativi - tra i quali il rialzo
dei prezzi dei titoli posseduti dalle banche - e gli effetti collaterali potrebbero essere cambiati e aver trovato un equilibrio
diverso. Queste riserve - oggi superiori a 2mila miliardi di euro - sono inoltre rapidamente cresciute perché sono il modo
con cui la Bce ha “pagato” i titoli acquistati dalle banche nel suo quantitative easing e comunque fornisce loro liquidità
attraverso le aste di breve medio e lungo termine.
Il modello giapponese e svizzero
La Bce potrebbe allora - ma mancano indicazioni esplicite in tal senso - adottare un sistema diverso, simile a quello applicato
dalla Nippon Ginko, dalla Banca nazionale svizzera, ma anche - in un sistema di tassi e strumenti più complesso - dalla Riksbank
di Stoccolma e dalla Danmarks Nationalbank: i tassi negativi verrebbero applicati - in quello che è stato definito un sistema
tiered, a livelli - solo alla parte delle riserve che eccede una certa soglia (20 volte le riserve obbligatorie in Svizzera, mentre
in Giappone il calcolo è più complesso), alleviando così gli oneri a carico dei conti economici.
Un sistema complicato
I costi sono soprattutto a carico delle banche tedesche (2,43 miliardi l’anno, secondo un’analisi di Jefferies International),
francesi (2,1 miliardi) e olandesi (820 milioni) che insieme detengono il 70% delle riserve in eccesso al livello obbligatorio.
Inferiori gli oneri per le banche spagnole (520 milioni) e italiane (250 miliardi). Questa cattiva distribuzione «in parte
implica che la liquidità non circola in modo appropriato», aggiunge Luca Cazzulani di Unicredit Bank -; ma inserire una soglia
unica «in un sistema in cui le riserve in eccesso non sono distribuite in modo uniforme» (e i bond ceduti come collaterali
hanno tassi diversi) sarà un compito «complicato».
La concorrenza delle banche estere
Le banche lamentano oggi la concorrenza di aziende di credito che non pagano interessi negativi: Draghi ha però ricordato
che, parlando «per grandi aggregati» - ogni banca è diversa dall’altra - la redditività delle aziende di credito di Eurolandia
è simile a quelle delle giapponesi, maggiore di quelle britanniche (dove non ci sono tassi negativi), ma inferiore a quelle
americane. «La bassa redditività delle banche non è una conseguenza inevitabile dei tassi negativi», ha però spiegato Draghi
in un discorso di fine marzo agli Ecb Watchers.
Un «bisogno di consolidamento»
Le migliori banche europee tra il 2009 e il 2017, aggiunse in quell’occasione «sono state in grado di ridurre in modo significato
i loro ratio costi/ricavi, hanno lanciato investimenti su larga scala in information technology, e sono stati in grado di
diversificare le loro fonti di reddito». Occorre allora che anche le banche meno redditizie siano in grado di fare lo stesso.
La struttura del sistema bancario di Eurolandia - attraverso l’Unione bancaria e l’Unione dei capitali - e quella delle stesse
imprese deve cambiare; ma nel settore c’è anche un notevole «bisogno di consolidamento», ha aggiunto Draghi in conferenza
stampa, ricordando la sovracapacità delle banche in termini di persone e filiali, mentre le dimensioni relativamente piccole
impediscono investimenti, l’adozione di nuove tecnologie e di modelli di business migliori.
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