Huawei oggi è l’azienda meglio posizionata sul 5G al mondo. Che non è solo l’evoluzione del 4G, visto che la nuova tecnologia di rete andrà oltre gli smartphone e avrà applicazioni nell’industria, nei servizi, nel pubblico, nella sanità, nell’agricoltura. Secondo la Gsma Association da qui al 2034 il 5G sarà responsabile della crescita del 5,3% del pil mondiale. Essere protagonisti industriali di questo salto tecnologico è evidentemente strategico. Huawei lo ha capito per tempo. L’azienda cinese è relativamente giovane, è nata soltanto nel 1987 per mano del fondatore Ren Zhengfei, presidente ancora oggi e padre di Meng Wanzhou, la cfo arrestata in Canada all’inizio di dicembre su richiesta degli Stati Uniti, una delle principali ragioni di tensioni tra Stati Uniti e Cina.
Sulle tecnologie di rete è cresciuta molto in fretta. Già nel 2012 era leader globale. Sugli smartphone è andata se possibile più veloce: è ormai vicina al sorpasso su Apple e punta Samsung. E la corsa continua con una forte spinta negli investimenti: l’anno scorso Huawei ha speso 15,3 miliardi di dollari. Più del doppio di quanto investiva 5 anni fa;solo Amazon ha fatto meglio come crescita, secondo l’ultima ricerca di Bloomberg che considera i 10 leader mondiali in quanto a spesa per R&D. Nella graduatoria complessiva si trova a un passo da Samsung, numero 3 globale, e a salire Alphabet e il leader Amazon con 28,8 miliardi di dollari. Apple, per fare un esempio, è “soltanto” al settimo posto con 14,2 miliardi.
Secondo i dati di Dell’Oro Group, relativi ai primi 9 mesi del 2018, i leader nel 5G sono Huawei, Nokia, Ericsson, Cisco e Zte: insieme rappresentano il 75% del mercato globale con Huawei che ne vale da sola il 30%. Due aziende cinesi, Huawei e Zte, due europee, Ericsson e Nokia, e solo una americana, Cisco. Che però è attiva solamente nella vendita di switch e router, attrezzature di base per le reti, ma non nelle antenne radio che consentono alle celle di connettersi ai device mobili e dove la svedese Ericsson è leader. In pratica, gli Stati Uniti non hanno grandi protagonisti industriali che coprano l’intera offerta della tecnologia più strategica del prossimo decennio. Oggi nel Paese i provider principali di tecnologie di rete sono le europee Nokia ed Ericsson. Huawei come noto è stata bandita per la realizzazione del 5G, ma anche a vedere le tecnologie precedenti nel Nord America è assente. Mentre la coreana Samsung si è aggiudicata alcuni contratti.
Come hanno fatto gli Stati Uniti, il Paese della Silicon Valley dove sono nate Microsoft, Apple, Google e tutte le principali aziende che fanno correre i dati sulle reti, a perdersi il business delle infrastrutture? Non è sempre stato così, in effetti. Agli albori della rivoluzione digitale, quando Huawei muoveva i primi passi, un’azienda come AT&T, che subentrava alla Bell System company, era una fucina di innovazione. Il monopolio fu poi smembrato dall’antitrust in tre aziende: Lucent, Ncr e At&t. C’era poi Motorola, che vinse la gara con i Bell’s Lab per la prima chiamata con cellulare nella storia: la fece Marty Cooper di Motorola al suo rivale che lavorava sullo stesso progetto alla Bell.
Il Telecommunications Act del 1996 viene considerato un atto chiave nella perdita di leadership: entrarono nuovi competitor e molte aziende fecero fatica. Inoltre fu in quell’occasione che gli Stati Uniti decisero di sviluppare una loro tecnologia di rete, mentre l’Europa aveva scelto il Gsm che divenne poi standard globale. E così gli Stati Uniti rimasero al palo. Lucent fu comprata dalla francese Alcatel nel 2006. Nokia Siemens Network comprò la divisione reti di Motorola nel 2011, per poi comprarsi Alcatel-Lucent nel 2015. Mentre Huawei lavorava nei laboratori ai primi chip per il 5G, gettando le basi per la leadership globale.
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