Le elezioni europee hanno una dimensione continentale e una nazionale. Decideranno gli equilibri politici nel Parlamento di Strasburgo, ma il loro effetto non si fermerà lì. Conterà anche la dimensione nazionale del voto e cioè i nuovi equilibri che ne risulteranno dentro il Parlamento di Roma.
Naturalmente si tratta di effetti diversi. I rapporti di forza tra i gruppi che si formeranno a Strasburgo influenzeranno la formazione della nuova Commissione europea e contribuiranno a definire l’indirizzo politico dell’Unione. A Roma il risultato del voto non avrà un effetto diretto sul governo. Ma non c’è dubbio che un effetto ci sarà. In che misura dipenderà dall’esito e dalle reazioni dei due partiti al governo. L’ultimo sondaggio WinPoll per il nostro giornale, prima del blackout, aiuta a far luce su questo aspetto del voto.
DOSSIER / Elezioni europee 2019
È dall’estate del 2018 che le due leghe di Salvini, e cioè Lega Nord e Lega per Salvini Premier (la Lega Sud), hanno superato nelle intenzioni di voto il M5S. Il sondaggio conferma il trend. E questa è una delle poche previsioni attendibili che si possono fare. L’altra è che la somma dei voti dei due partiti al governo sarà superiore al 50%, come è stato un anno fa alle politiche. Cambia solo la distribuzione dei consensi tra l’uno e l’altro. La stima WinPoll dà la Lega al 33,8% e Il M5s al 22,7 %. Altri sondaggi danno numeri leggermente diversi, ma la sostanza è quella che abbiamo detto.
Quanto al resto, per avere certezze occorre aspettare il 26 maggio. Rispetto a qualche settimana fa Salvini sembra in ribasso e il M5s in recupero, ma sono dati ballerini. Anche per sapere se effettivamente i Cinque Stelle resteranno davanti al Pd occorre attendere. Nella stima WinPoll la distanza tra i due è minima. In ogni caso non c’è dubbio che il M5s sia passato dalla fase in cui prendeva voti da tutte le parti a quella in cui li sta restituendo. Non sono solo i dati di sondaggio a dirlo, ma anche i dati reali ricavati dalle recenti elezioni regionali. La Grande Restituzione sta beneficiando sia il maggior partito del centro-destra sia il Pd. A che livello si fermerà non si può sapere con certezza oggi. Il caso Siri potrebbe avere rallentato l’emorragia. Un indizio importante si potrà ricavare da queste elezioni e dalla analisi dei flussi.
Non è detto però che il possibile ottimo risultato delle due Leghe e l’eventuale performance negativa del M5S portino ad un cambiamento di governo con o senza elezioni anticipate. Questo evento non dipenderà solo dall’esito del voto ma soprattutto dallo scontro, di cui colpevolmente non si parla ora ma che ci sarà, tra l’attuale governo e l’Europa sulla legge di bilancio 2020. Il tema dei rapporti con l’Unione è assente dal dibattito politico e dalla campagna elettorale, ma questo sarà il nodo che i partiti al governo dovranno sciogliere nei prossimi mesi. E l’esito del voto europeo a livello continentale non cambierà i termini della questione. Ed è qui che le due dimensioni del voto si incrociano.
Per i sovranisti nostrani le elezioni europee dovrebbero cambiare a tal punto gli equilibri parlamentari a Strasburgo da rendere possibile una soluzione politicamente meno traumatica del problema dei nostri conti pubblici. È una illusione che serve solo a rimuovere questo tema dalla campagna elettorale. Come dimostrano tutti i dati a disposizione, più volte commentati sul nostro giornale, nel prossimo parlamento europeo ci sarà una ampia maggioranza europeista. Per confermare la prossima commissione non ci sarà bisogno dell’apporto dei sovranisti, né di quelli della neonata Alleanza di Salvini, né quelli che si annidano in altri gruppi politici.
La prossima maggioranza parlamentare sarà composta, come quella che ha eletto la commissione Juncker nel 2014, da Popolari, Socialisti e Liberali. È vero che Popolari e Socialisti avranno meno seggi di allora ma i Liberali ne avranno di più. E se fosse necessario, a loro si potrebbe unire una parte dei Verdi. È possibile che la nuova maggioranza sia più ampia e più eterogenea di quella del 2014, ma sarà comunque auto-sufficiente e saldamente europeista. E quasi certamente meno incline della precedente a concedere flessibilità all’Italia sui conti.
In conclusione la soluzione dei problemi italiani non passa dall’esito di queste elezioni. Ma il punto non interessa chi sta al governo a Roma oggi. È sul caso Siri che i nostri governanti si dividono ora, non sull’Europa. Ma chissà? Forse tutto cambierà dopo il voto
© Riproduzione riservata