Che succede all’Austria Felix? Fino a venerdì veniva indicata come esempio di inedita e (quasi) pacifica convivenza al governo tra uno storico partito della tradizione centrista austriaca ed europea, i Popolari del cancelliere Sebastian Kurz, e uno dei più forti movimenti dell’emergente destra populista europea, l’Fpö, il Partito della libertà dell’ormai ex vicecancelliere Heinz-Christian Strache; oggi, dopo la diffusione di un video-shock che ha portato alle dimissioni di Strache e all’uscita dal governo di tutti i ministri dell’Fpö, oltre a mandare in pezzi il governo di Vienna, solleva pesanti interrogativi su un modello che qualcuno ipotizzava esportabile anche a livello comunitario.
Il video trappola
Il terremoto che da venerdì sta scuotendo l’Austria è stato innescato dalla diffusione, da parte dei giornali tedeschi Spiegel
e Süddeutsche Zeitung, di un filmato - girato di nascosto a Ibiza nel 2017, pochi mesi prima delle elezioni in cui poi l’Fpö
arrivò terza - in cui il leader Strache e il suo braccio destro Johann Gudenus incontrano la sedicente nipote di un oligarca
russo. Il clima è rilassato, l’alcol scorre abbondante e Strache si lascia andare a dichiarazioni a dir poco compromettenti,
assicurando all’ospite ricchi contratti nel settore dei lavori pubblici se finanzierà il partito e contribuirà a farlo diventare
il più votato, garantendo anche un sostegno editoriale con l’acquisizione di uno dei più popolari giornali austriaci, la Kronen
Zeitung.
Anche se nulla di tutto questo si è poi verificato, ce n’è abbastanza per annientare politicamente Strache, che sabato mattina ha subito annunciato le dimissioni. Ha parlato di «assassinio politico», ma ha ammesso di aver tenuto un comportamento «stupido e irresponsabile: un errore». «È stato un tipico comportamento machista, incoraggiato dall’alcol - ha aggiunto - in cui volevo anche impressionare l’attraente ospite».
Su chi abbia teso quella che ha tutta l’aria di essere una trappola per ora rimane il mistero.
La Russian connection
A chiamarsi subito fuori è stata la Russia. «È una storia che non ha a che fare
con noi e non può avere a che fare con noi», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. Non si capisce del resto
che interesse potrebbe aver avuto Mosca: a rendere infatti ancora più imbarazzante e politicamente sensibile la vicenda è
proprio il fatto che l’Fpö sia uno dei partiti europei che con Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin, ha
firmato un accordo di cooperazione; e che all’incontro fosse presente Gudenus, che in Russia ha studiato ed è considerato l’intermediario chiave nei rapporti del partito con Mosca.
Quelle immagini sono apparse, in definitiva, la rappresentazione visiva di un rapporto pericoloso e troppo stretto con una Russia desiderosa di influenzare la politica europea.
L’eminenza grigia
Le dimissioni di Strache non sono bastate al cancelliere Kurz, che ha chiesto al presidente austriaco Van der Bellen anche
la rimozione del potente ministro dell’Interno Herbert Kickl, motivando la richiesta con la necessità di garantire un’inchiesta trasparente e imparziale sui fatti di Ibiza. Se Strache
è il leader che ha raccolto l’eredità di Haider, rendendo il Parito della libertà più presentabile e portandolo stabilmente
- almeno così sembrava - al governo, Kickl ne è l’ideologo. Occupava peraltro una posizione molto influente - il controllo
del dicastero dell’Interno - da cui l’anno scorso aveva ordinato un blitz controverso, la perquisizione e il sequestro di
materiale negli uffici della principale agenzia di intelligence Bvt, suscitando il timore di purghe interne da parte dell’opposizione
e, da parte delle cancellerie occidentali, la preoccupazione che venissero trasferite informazioni riservate alla Russia.
Proprio la richiesta di dimissioni di Kickl ha innescato le dimissioni di massa dei ministri Fpö dal governo.
“Quando è troppo è troppo: la Fpö danneggia il nostro Paese: voglio lavorare per l'Austria senza scandali ”
Sebastian Kurz, cancelliere austriaco
Un alleato ingombrante
Secondo alcuni analisti, al di là delle motivazioni di ordine morale, Kurz potrebbe aver colto l’occasione per liberarsi di
un alleato che stava diventando ingombrante. «Quando è troppo è troppo - ha detto sabato il giovane cancelliere e leader
del Partito popolare Övp annunciando elezioni anticipate -: la Fpö danneggia il nostro Paese». «Voglio lavorare per l’Austria
senza scandali - ha aggiunto -. In questi due anni - ha proseguito - ho dovuto mandare giù molto, anche se non ho sempre preso
pubblicamente la parola, per portare avanti le riforme».
Gli scandali, in questi mesi, non sono effettivamente mancati: legami con gruppi estremisti internazionali, slogan razzisti, persino una poesia - inclusa in una newsletter del partito - che paragonava i migranti ai topi. Si tratta peraltro di un partito nazionalista con un passato a sua volta ingombrante: fondato nel 1956 e inizialmente guidato da un ex SS, ha lottato per anni per “ripulire” la sua immagine. Quella di Kurz - domare l’estrema destra cooptandola anziché isolandola - stava forse diventando una scommessa troppo rischiosa.
Le ricadute interne : Kurz a rischio sfiducia
Sul piano interno, per il momento, la scelta del cancelliere è premiata dai sondaggi, che lo danno in ascesa (al 38%) dopo
lo scandalo, mentre l’Fpö scende al 18 per cento. Kurz punta a massimizzare i consensi in vista delle elezioni anticipate,
che il presidente austriaco ha proposto per l’inizio di settembre, con l’obiettivo ambizioso di governare anche da solo.
Non è detto, però, che il cancelliere riesca ad arrivare a settembre: per il periodo di transizione ha proposto che le posizioni
lasciate vacanti dalle dimissioni dei ministri Fpö vengano rimpiazzate da tecnici o funzionari governativi esperti, ma su
di lui pende una mozione di sfiducia presentata da un piccolo partito ambientalista di opposizione, che sarà votata lunedì
e che, a questo punto, potrebbe avere anche il sostegno del Partito della libertà. E anche i socialdemocratici, principale
gruppo all’opposizione, stanno vagliando la possibilità di sfiduciare Kurz a cui avevano chiesto di costituire, a questo punto,
un governo composto interamente da tecnici. Se la mozione dovesse passare, Kurz dovrebbe lasciare prima del tempo, sempre
che il presidente Van der Bellen non gli conferisca un nuovo incarico.
La sfida di governare da solo dopo le elezioni di settembre, poi, si annuncia complessa, come quella di trovare alleati, almeno se il cancelliere vuole tener fede all’impegno di non ridar vita alla tradizionale coalizione popolari-socialdemocratici che ha caratterizzato i governi austriaci del dopoguerra.
Le ricadute europee
Più difficili da pesare le ricadute a livello europeo, prima di tutto sulle imminenti elezioni. È presto per dire se ci sarà
un effetto contagio su altri partiti di estrema destra o destra populista, come quelli radunati sabato a Milano dal leader
della Lega Matteo Salvini che aspirano a formare un unico gruppo al Parlamento europeo, o se il loro elettorato tenderà a
derubricare i fatti di Ibiza come una trappola politica.
Il colpo maggiore arriva forse al modello austriaco di alleanza nero-blu, inaugurato un anno e mezzo fa da Kurz e guardato con interesse da alcuni analisti come possibile “antipasto” di una futura coalizione anche al Parlamento europeo tra Ppe e destra populista, con figure come il premier ungherese Viktor Orban a fare da ideale trait d’union. Su questo fronte, il terremoto austriaco sembra aver fatto danni più duraturi.
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