Dopo Google anche Microsoft? Il dubbio è di quelli pesanti. L’azienda di Redmond, che al momento non si è ancora espressa sul ban imposto dall’amministrazione Trump alla cinese Huawei, pare aver compiuto un passo che va nella stessa direzione di Big G. Nelle ultime ore, infatti, il MateBook X Pro – il laptop di punta di Huawei, tra l’altro molto venduto anche negli Stati Uniti – è stato rimosso dallo store ufficiale di Microsoft, lanciando un indizio pesantissimo su quelle che potrebbero essere le decisioni prese.
Al momento Microsoft non ha commentato la vicenda, lasciando mille dubbi su questa mossa. Il principale riguarda gli aggiornamenti di Windows 10. Saranno ancora disponibili sui laptop di Huawei? La faccenda, comunque, diventa ancora più pesante. Perché dal mondo degli smartphone invade adesso quello dei Pc. Un fatto che, guardando alla tabella dei tempi, potrebbe essere ancora più grave per Huawei, considerato che l'ammortamento di un Personal Computer è solitamente più lungo rispetto a quello di uno smartphone. Ed è veramente difficile pensare che Microsoft possa abbandonare gli utenti che hanno scelto un laptop Huawei e che si aspettano i classici aggiornamenti di sicurezza di Windows 10.
Quanto ci perde la Silicon Valley
Ma inserire Huawei nella blacklist commerciale non è un affare per gli Stati Uniti. Le nuove misure imposte da Trump potrebbero
costare carissimo alla Silicon Valley, che rischia di dover fare i conti con mancate entrate per miliardi di dollari. Huawei,
del resto, è il principale fornitore mondiale di apparecchiature per le telecomunicazioni, oltre che il secondo produttore
di smartphone al mondo. Le attività dell'azienda con sede a Shenzhen sono strettamente collegate alle aziende tecnologiche
americane, che le forniscono componenti chiave.
Solo nel 2018, Huawei ha acquistato componenti del settore tecnologico per 70 miliardi di dollari da 13.000 fornitori diversi.
Di questi, circa 11 miliardi sono stati spesi per prodotti provenienti da decine di aziende statunitensi: dai chip di Qualcomm
e Broadcom, fino ai software Microsoft e Google. Entrate che oggi sono messe a repentaglio dalla decisione dell'amministrazione
Trump di mettere Huawei in una lista nera commerciale che esclude l'azienda cinese da qualsiasi accordo commerciale con società
americane.
Non c'è dubbio che in questa storia, l'elemento più caldo è quello relativo a Google e Android. La decisione della società di Mountain View di interrompere i rapporti con Huawei e di lasciare gli smartphone del produttore cinese senza il famoso sistema operativo, ha una portata enorme. Al di là dei novanta giorni di tregua concessi dal governo Usa, la vicenda è spinosissima. E nelle ultime ore si è arricchita di un particolare molto insidioso.
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Il giallo dello smartphone Honor
Nella giornata di ieri, a Londra, Honor (società del gruppo Huawei) ha presentato alla stampa internazionale i nuovi smartphone Honor 20 e 20 Pro. Relativamente a quest'ultimo, l'azienda cinese non ha ufficializzato la data di uscita sul mercato. Inoltre, il device non
è stato consegnato ai giornalisti presenti come da tradizione della galassia Huawei. In molti hanno provato a capire se queste
vicende possano essere collegate al ban di Google. In merito, però, non è arrivata alcuna conferma ufficiale. Secondo fonti
accreditate, Honor 20 Pro non aveva ancora la licenza di Google (avrebbe dovuto ottenerla nelle scorse ore), e la vicenda
della blacklist potrebbe aver compromesso il tutto. Un autentico giallo sul quale, però, mancano conferme ufficiali. Pertanto,
questa informazione va presa col garantismo del caso. Tuttavia, in attesa di conferme o smentite, questa discussione dà il
quadro di quale sia la confusione generata dalla decisione di Google.
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Quanto ci perde Google
Tornando all'aspetto finanziario di questa storia, in molti si stanno chiedendo quanto ci rimetterà Google. Perché, giova
ricordarlo, per la società di Mountain View era ed è un “cliente” molto solido e importante. Solo nell'ultimo trimestre del
2018, la società cinese ha portato sugli scaffali europei 13,3 milioni di smartphone. Ad oggi, un telefono su tre, in Europa
è marchiato Huawei. Il comun denominatore di questi numeri è Android, sistema operativo di Google e per il quale Big G intasca
revenue importanti. A quanto pare, per ogni smartphone su cui gira Android in Europa, Google intasca circa 40 dollari. L'affare,
insomma, è da miliardi di euro. È chiaro, allora, levare la licenza del sistema operativo al secondo produttore di smartphone
al mondo porterà meno ricavi nelle casse di Mountain View. Ma quanto sarà grande questo mancato guadagno? È difficile dirlo
con certezza. Perché nel mezzo dei numeri balla una variabile ingestibile: la volontà degli utenti.
Se è vero, infatti, che Huawei è per Google un grosso cliente (che ha contribuito alla crescita smisurata di Android e agli incassi dell'azienda californiana), è altrettanto vero che senza Android forse Huawei non sarebbe il secondo produttore di smartphone al mondo. Nel medio periodo, se l'azienda cinese non fornisse una proposta a grande impatto e capace di fronteggiare il sistema operativo di Google, probabilmente la maggior parte dei suoi clienti si affiderebbe a device di altri marchi, pur di rimanere fedeli ad Android. Perché in fondo, nell'uniformismo dei device degli ultimi anni, la differenza la fa il software. E questo, oggi, è in mano a Google.
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