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Voto in India, il premier uscente Modi verso il trionfo

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Voto in India, il premier uscente Modi verso il trionfo

Sostenitori del premier uscente Narendra Modi
Sostenitori del premier uscente Narendra Modi

Più forte dei parziali insuccessi nell’agenda economica, più forte delle critiche sulla radicalizzazione della società a scapito della minoranza musulmana e della laicità, più forte delle polemiche sull’attendibilità dei dati statistici e sull’indipendenza della Banca centrale, più forte dei sondaggi: dopo cinque anni di Governo, Narendra Modi (68 anni) si conferma il leader assoluto in India. Il conteggio dei voti non è ancora completo e andrà avanti per tutta la giornata, ma il figlio di un venditore di tè, capo del partito nazionalista hindu Bjp (Bharatiya Janata Party), è lanciato verso un successo assoluto.

Verso la maggioranza assoluta
La National Democratic Alliance (Nda), il fronte guidato dal Bjp, è in testa in circa 350 seggi sui 543 in palio alla Camera bassa del Parlamento (Lok Sabha). Prima del voto, i sondaggi ne prevedevano la vittoria, ma erano cauti sulla sua capacità di ottenere una maggioranza netta. Lo stesso Bjp da solo, al momento, potrebbe invece aggiudicarsi oltre 300 seggi, superando la soglia della maggioranza assoluta (272 seggi). Lo aveva già fatto nel 2014, quando aveva ottenuto 282 seggi, e pochissimi pensavano potesse ripetere un risultato di portata storica: nessuno nei 30 anni precedenti aveva mai ottenuto un risultato così ampio, nemmeno il Partito del Congresso della famiglia Nehru-Gandhi che ha dominato l’India per grandissima parte della sua storia, ma è ormai ridotto ai minimi termini.

Sconfitto il Partito del Congresso
Guidato da Rahul Gandhi (48 anni), figlio, nipote e pronipote di storici primi ministri, il Congresso sembra destinato ad arenarsi attorno ai 50 seggi, un modesto incremento rispetto ai 44 ottenuti cinque anni fa. Il partito che fu di Jawahrlal Nehru, del Mahatma Gandhi e di Indira Gandhi è ormai solo un ricordo e il suo ruolo nell’India contemporanea è sempre più in crisi, come quello della famiglia Nehru-Gandhi. La coalizione di cui il Congresso doveva essere il traino, la United Progressive Alliance, viaggia attorno agli 85 seggi.

La mossa di affiancare al pallido delfino della dinastia la più carismatica sorella Priyanka non è stata sufficiente a riconquistare il consenso degli indiani. Lo stesso Rahul è stato battuto nella tradizionale roccaforte di famiglia, Amethi, nell’Uttar Pradesh, lo Stato più popoloso della confederazione indiana, vinto e rivinto per quasi 50 anni dai suoi predecessori. Il seggio è andato a una ex star delle soap opera, Smriti Irani. Rahul sarà comunque eletto alla Camera, grazie alla vittoria in Kerala, dove era contemporaneamente candidato.

Piano «Make in India» rimasto sulla carta
Modi ha affrontato la campagna elettorale con più di una difficoltà
. Nonostante la crescita superiore al 7%, la promessa di industrializzare il Paese, attraverso l’ambizioso piano «Make in India», è rimasta in gran parte sulla carta: il peso del settore manifatturiero sul Pil resta ancorato attorno al 18-19% del Pil, dal 15-16% di cinque anni fa. L’impegno a creare posti di lavoro per milioni di giovani indiani è stato frustrato dalla crescita della disoccupazione ai massimi storici, oltre il 6%. La demonetizzazione lanciata alla fine del 2016 (il ritiro delle banconote da 500 e 1.000 rupie - 16 dollari - da sostituire con biglietti nuovi, operazione che ha coinvolto l’86% del contante in circolazione) è stata un boomerang per l’attività economica (la Borsa il giorno dopo perse il 6%) e per la popolarità del Governo. La stessa introduzione della tassa nazionale sulla compravendita di beni e servizi (Gst), una misura attesa da decenni, ha vissuto una fase di attuazione disordinata che non ha aiutato le imprese.

Campagna populista
Il premier ha così scelto di giocare la carta populista (ma il programma economico del Congresso era a sua volta demagogico) della sicurezza nazionale, sfruttando un attentato suicida in Kashmir (40 poliziotti uccisi), a febbraio, per scagliarsi contro il Pakistan e soffiare sul nazionalismo. In quella fase, il Bjp era in forte crisi di consensi. Pochi mesi dopo si prepara a festeggiare un trionfo elettorale.

Le elezioni erano in realtà un referendum su Modi. E il leader nazionalista, che conta 47,4 milioni di followers su Twitter, ha stravinto, anche grazie alla maggiori risorse finanziarie, rispetto agli avversari, con una spesa in pubblicità 20 volte superiore a quella del Congresso.

I NUMERI DI MODI
Pil (var. % annua) e prezzi al consumo medi annui in India. (Nota: (*) previsioni; Fonte: Fmi)

Le prossime riforme
Per Gaurav Sinha, asset allocation strategist di WisdomTree, «questo voto è da interpretarsi come un segnale a favore di un forte sviluppo economico e potrebbe incoraggiare Modi a spingere sull’acceleratore per riforme più radicali». La demonetizzazione e la Gst «avevano provocato grandi instabilità, ma il risultato fortemente favorevole ci fa credere in uno slancio per le riforme più difficili». Sinha si aspetta che nei prossimi cinque anni il Governo si concentrerà sulle riforme rimaste al palo nella precedente legislatura, dalla delicata e impopolare legge sull’acquisizione di terreni, alla semplificazione del mercato del lavoro. Senza dimenticare di proseguire nello sforzo di digitalizzazione del Paese.

La Borsa
L’indice Sensex di Mumbai, che già lunedì aveva salutato con un balzo del 3,75% gli exit poll favorevoli a Modi, ha guadagnato un altro 2,5% dopo le prime proiezioni, per poi ripiegare nel corso della giornata e chiudere in negativo per lo 0,8%. Smaltita l’euforia per lo scampato pericolo di un risultato incerto, tale da rallentare le riforme, l’attenzione dei mercati si sposta velocemente sui fondamentali indiani e su fattori macroeconomici mondiali, a partire dalla guerra commerciale tra Usa e Cina.

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