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Regno Unito più diviso che mai e il percorso della Brexit si complica

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il voto europeo

Regno Unito più diviso che mai e il percorso della Brexit si complica

LONDRA- La Gran Bretagna si è svegliata più divisa che mai. I risultati delle elezioni europee hanno solo aggravato il problema di Brexit, rivelando la profonda spaccatura tra chi vuole uscire dall'Unione Europea anche senza un accordo e chi invece vuole restare. La polarizzazione della politica si è accentuata e gli elettori hanno abbandonato a milioni i due maggiori partiti per votare per chi, sui due fronti opposti, aveva un messaggio chiaro sull'Europa.

I conservatori sono crollati al 9% e manderanno solo 3 deputati al Parlamento europeo, contro i 18 delle ultime elezioni europee, mentre i laburisti hanno il 14% e 10 deputati, otto in meno del 2014. Il panorama politico britannico è irriconoscibile rispetto alle elezioni del 2017, quando Tories e Labour avevano dominato, raccogliendo insieme l'80% dei voti.

Il Brexit Party è stato il grande vincitore delle elezioni europee, conquistando il 31,6% dei voti e 28 europarlamentari. Nigel Farage, che lo ha fondato solo sei settimane fa apposta per conquistare il voto di protesta, è riuscito a migliorare la performance del 2014. Allora era il leader di Ukip e il successo del partito eurofobo, che si era piazzato al primo posto con il 27,4% e 24 deputati, aveva convinto l'allora premier David Cameron a prendere la fatale decisione di indire un referendum sulla Ue.

Farage, che aveva lasciato Ukip e si era ritirato dalla politica, ha detto di essere stato costretto a tornare in lizza perché gli elettori erano stati traditi dai grandi partiti e tre anni dopo il voto a favore di Leave, la Gran Bretagna resta parte della Ue. Il suo messaggio semplice e diretto e la promessa di uscire subito dalla Ue anche senza accordo è stato accolto con entusiasmo da tutti quelli che avevano votato per Leave nel 2016, sia conservatori che laburisti. La chiarezza del messaggio e la popolarità di Farage hanno determinato il successo del Brexit Party. Ukip senza Farage intanto è crollato al 3,3% dei voti e nessuno dei suoi candidati è stato eletto.

Ora Farage esige un ruolo sia sul palcoscenico europeo che nazionale. Ha detto di voler partecipare ai negoziati con Bruxelles se verranno riaperti e di voler sfidare i Tories alle prossime elezioni politiche. Se i conservatori eleggeranno un Brexiteer come prossimo leader e premier, come sembra probabile, non è escluso che stringa un'alleanza alla austriaca con il Brexit Party, spostando il Paese decisamente verso destra e fuori dalla Ue.

Una svolta così radicale però ignorerebbe la maggioranza degli elettori. L'altro grande vincitore delle elezioni è stato il partito Liberaldemocratico, da sempre filo-europeo, che ha conquistato il 20,3% dei voti passando da 1 a 16 eurodeputati. Hanno votato LibDem i laburisti e conservatori contrari alle posizioni su Brexit del loro partito, optando per il loro chiaro messaggio a favore di un secondo referendum con l'obiettivo di ribaltare l'esito del voto del 2016.
Altri partiti schierati sulla stessa linea hanno avuto un notevole successo – i Verdi sono saliti al 12,1% e hanno 7 deputati; gli indipendentisti scozzesi hanno conquistato il 38% dei voti in Scozia, il 3,6% a livello nazionale, e 3 eurodeputati; gli indipendentisti gallesi di Plaid Cymru hanno superato per la prima volta nella storia il partito laburista, piazzandosi secondi dietro il Brexit Party, e manderanno un deputato a Strasburgo.

Sommando i voti dei due partiti schierati per un'uscita dalla Ue senza accordo – Brexit Party e Ukip – si arriva al 34,9 per cento. Sommando i voti dei partiti filo-Ue schierati per un secondo referendum – LibDem, Verdi, Snp, Change UK, Plaid Cymru – si arriva al 40,4 per cento. I risultati sono quindi in linea con i sondaggi degli ultimi mesi che puntano verso una vittoria di misura di Remain in un eventuale secondo referendum.

Se i laburisti si schierassero con più decisione per un ritorno alle urne o “voto di conferma”, il fronte pro-Ue avrebbe una chiara maggioranza. Il leader Jeremy Corbyn ha ammesso stamattina che «il Paese è profondamente diviso», ma ha difeso la sua strategia di cercare terreno comune tra il 48% che aveva votato Remain nel 2016 e il 52% che aveva votato Leave. Corbyn potrebbe però trovarsi costretto a modificare la rotta, dato che i personaggi più in vista del partito hanno dichiarato che la lezione delle europee è che i laburisti devono diventare il partito di Remain e chiedere a gran voce un secondo voto.

La situazione politica è estremamente incerta e fragile. In un momento particolarmente delicato della storia della Gran Bretagna, quando sta per prendere una decisione irreversibile e dalle profonde conseguenze per ogni aspetto del futuro del Paese, il nuovo premier sarà scelto dai membri di un partito che ha ottenuto il 9% dei voti.
Secondo Farage l’unica strada percorribile è un'uscita senza accordo. Le divisioni nel Paese però rendono evidente la necessità di nuove elezioni o di un secondo referendum per dare legittimità democratica alle scelte esistenziali che la Gran Bretagna sta per fare.

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