NEW YORK - Un’altra bandierina si aggiunge nel mappamondo della Casa Bianca nell’era dell’America First. Donald Trump ora
punta il mirino all'India, nella sua guerra commerciale protezionistica, diventata a questo punto globale. Mentre la Cina
risponde con contro dazi e una “lista nera” di aziende Usa all'escalation della Casa Bianca delle ultime settimane.
Dal 5 giugno l'amministrazione Trump toglierà l'India dall'elenco dei paesi considerati in via di sviluppo. Uno status speciale che ha consentito in questi anni l'esenzione dalle tariffe americane su miliardi di dollari di prodotti
indiani esportati. Trump lamenta il fatto che l'India non offra agli Stati Uniti un «pari accesso equo e ragionevole ai suoi
mercati». L'India verrà tolta dal Generalized System of Preferences (Gsp), l'elenco ideato nel 1976 per consentire ai paesi
in via di sviluppo di alleviare la povertà attraverso il commercio. Sono circa 2mila i prodotti indiani che hanno accesso al mercato americano senza dazi: nel 2018 su 83,2 miliardi $ di esportazioni negli Stati Uniti, 5,6 miliardi $ rientravano in queste esenzioni tariffarie.
I primi prodotti made in India a essere colpiti dai dazi saranno i pannelli solari e le lavatrici. Ma il provvedimento potrebbe interessare anche prodotti tessili, gioielleria, componentistica per auto, prodotti agricoli.
Una decisione destinata ad aggravare le relazioni tra Stati Uniti e India, paese che finora la Casa Bianca considerava un
alleato per contrastare l'avanzata economica della Cina.
Il governo indiano, che in questi giorni vive una fase di transizione per l'inizio del secondo mandato del premier Narendra Modi, cerca di minimizzare la decisione americana. In una nota il ministero del Commercio ricorda che i tentativi di negoziare un accordo con gli Usa
sono “sfortunatamente” falliti. “Continuiamo a lavorare per migliorare i rapporti con gli Stati Uniti. Sul commercio le nostre
decisioni sono guidate dall'imperativo che resta lo sviluppo per la nostra gente per migliori standard di vita”.
I negoziati sono andati avanti per mesi senza esito. Washington ha cercato senza successo di entrare nel mercato indiano con
i prodotti lattiero-caseari e i medicinali. Nell'hi-tech, secondo gli americani, l'India ha un approccio protezionistico perché
non permette l'accesso al mercato ai colossi dell'e-commerce come Amazon e Flipkart, sito di vendite online controllato da
Walmart. Trump ha criticato più volte l'India in questi mesi per gli elevati dazi già in vigore sulle moto Usa.
Nuova Delhi è stata danneggiata dal divieto agli acquisti di petrolio iraniano per le sanzioni americane. Ha ritardato finora
la decisione su altri dazi minacciati su 20 prodotti made in Usa come mele, mandorle, utensili e metalli, perché sperava di
riuscire a trovare un'intesa. Dazi che ora rischiano di partire.
La decisione di Trump è controversa: il 3 maggio 24 membri del Congresso hanno inviato una lettera all'amministrazione per
chiedere di non rimuovere l'India dalla lista dei paesi con il diritto alle esenzioni tariffarie. Poche settimane fa Trump
aveva già tolto la Turchia dall'elenco dei paesi in via di sviluppo “duty free”.
Sulla trade war con la Cina intanto arrivano le contromisure di Pechino. Dal 2 giugno saranno applicati i dazi cinesi tra il 5% e il 25% su 60 miliardi $ di prodotti Made in Usa. Una risposta
dal rialzo delle tariffe al 25% su 200 miliardi di prodotti cinesi decisi da Trump a inizio maggio. I controdazi cinesi, come indicato dall'Amministrazione generale delle Dogane, colpiscono 5.410 prodotti prodotti americani. C'è di tutto, dai profilattici ai liquori.
Sempre il 2 giugno la Cina presenta un Libro bianco con una lista di «società inaffidabili straniere che colpiscono gli interessi
delle aziende cinesi». Una risposta al bando a Huawei da parte dell'amministrazione, con il conseguente divieto di acquisto di componenti hi-tech
americani.
«Alcune società straniere hanno violato le normali regole del mercato e lo spirito dei loro contratti per intraprendere azioni discriminatorie contro le aziende cinesi danneggiandole nei loro diritti e interessi legittimi e mettendo in pericolo la sicurezza e gli interessi nazionali», ha detto il portavoce del ministero del Commercio cinese Gao Feng.
Trump in queste ore è in Gran Bretagna per una visita di stato, ricevuto con tutti gli onori dalla regina Elisabetta. Il governo britannico, al termine di una lunga indagine condotta assieme al Mi5, ha stabilito che non esistono, come sostenuto dagli americani, pericoli di spionaggio dall'utilizzo delle apparecchiature di tlc Huawei. Decisione che apre la possibilità alla società cinese di partecipare alle aste per le reti 5G. Trump è pronto a interrompere i rapporti tra i servizi di intelligence dei due paesi se Huawei sarà coinvolta nelle reti 5G. Lo stesso monito arriva per la Germania dal segretario di Stato Mike Pompeo che alla cancelliera Angela Merkel ha detto ieri che le reti «devono essere affidabili e non nelle mani di Partito comunista cinese».
In ultimo, sui dazi Usa “anti immigrazione” che colpiranno tutti i prodotti messicani dal 5 giugno il presidente Andres Manuel Lopez Obrador, ma anche gli industriali americani, sperano che ci sia un ripensamento da parte della Casa Bianca. I dazi al Messico, se applicati al 25%, secondo Oxford Economics, faranno scendere il Pil Usa nel 2020 di almeno lo 0,7 per cento.
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