Il messaggio della Banca centrale europea è netto: la politica monetaria deve affrontare con energia la flessione delle aspettative di inflazione. Le decisioni prese, all’uninimità, nella riunione di giugno puntano tutte in questa direzione. La forward guidance è stata prolungata: i tassi resteranno fermi fino alla metà del 2020. Le Tltro - le aste di liquidità a lungo termine finalizzate ai prestiti per le imprese - hanno caratteristiche piuttosto generose, al punto da farne uno strumento non solo tecnico. La Bce, infine, ha detto chiaramente di essere pronta ad agire nel caso in cui la situazione dovesse peggiorare.
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Aspettative di inflazione basse
Le preoccupazioni della Bce riguardano la prolungata incertezza alimentata dall’evoluzione dell’economia globale e gli effetti
che già sta manifestando sulle aspettative di inflazione, piuttosto basse, ha spiegato il presidente Mario Draghi in conferenza
stampa. È una situazione che la Bce «prende in considerazione molto seriamente», ha detto: le aspettative di lungo periodo,
«restano ancorate», ha aggiunto, anche se la loro distribuzione si concentra tra lo 0 e l’1,5%.
I rischi del protezionismo
Le cause non sono nuove, e riguardano innanzitutto i pericoli derivanti dall’ondata protezionistica (e da Brexit). La Bce
sa bene che la politica monetaria non ha strumenti contro gli effetti dell’aumento dei dazi, ma - ha precisato Draghi - i mercati vedono nell’andamento del commercio internazionale molto di più delle ricadute dirette
delle nuove politiche: la fine del mondo multipolare come è oggi conosciuto. Questa incertezza si manifesta anche, ha spiegato
chiaramente Draghi, nella flessione delle aspettative di inflazione di mercato, che non riguarda solo Eurolandia.
Nessun rischio di deflazione
A preoccupare non è quindi direttamente la crescita, malgrado i rischi restino orientati al ribasso: le probabilità di una
recessione restano basse, ha spiegato il presidente. Le stesse pressioni al ribasso delle aspettative sembrano transitorie:
non c’è quindi rischio di deflazione, come invece è avvenuto in passato, quando è stato lanciato il quantitative easing. Il
leggerissimo irrigidimento delle condizioni finanziarie, legato anche all’apprezzamento del cambio effettivo, ha completato
le argomentazioni a favore di un orientamento più accomodante.
Qe e taglio dei tassi opzioni aperte
Non è mancato, tra i governatori, chi ha proposto di essere anche più deciso. Durante la discussione - ha ammesso Draghi,
anticipando i resoconti sulla riunione, forse proprio per rafforzare il messaggio della Bce - sono state avanzate proposte
di tagliare i tassi (sui depositi, oggi pari al-0,40%), di riaprire gli acquisti di titoli, e di estendere anche oltre la
forward guidance. La Bce ha preferito optare per usare gli strumenti già “aperti”, dando però la chiara indicazione di essere
pronta ad agire.
Tltro «politiche»
Anche le Tltro potrebbero avere una funzione più politica che tecnica. Draghi ha fatto riferimento alla situazione delle banche
e alle difficoltà che potrebbero trovare nel proprio finanziamento: le Tltro attuali non possono più essere calcolate in alcuni
requisiti patrimoniali e di liquidità. Le condizioni decise dal board sono però generose. Il tasso, in generale , sarò 0,10
punti al di sopra del tasso di riferimento medio: un costo peggiorativo rispetto alle altre Tltro, «per evitare il carry trade». Se però il singolo istituto superasse un livello benchmark nella concessione dei prestiti netti, sarà premiato con un tasso
di 0,10 punti superiore al tasso sui depositi presso la Bce, che oggi è negativo (e resterà al livello attuale almeno per
un altro anno).
Credito e inflazione
È una misura che sosterrà l’economia attraverso la concessione del credito - che non rivela però motivi di preoccupazione
- ma anche la trasformazione dell’attuale base monetaria, molto ampia dopo il quantative easing, in offerta di moneta per
l’economia: ogni prestito ’apre’ un deposito di pari entità, che aumenta quindi la massa monetaria (M1 e quindi M2 e M3).
Per questa via dovrebbe trasformarsi in un aumento dei prezzi e una ripresa dell’inflazione.
Inflazione confermata all’1,6% nel 2021
Le proiezioni macroeconomiche segnalano che la politica dovrebbe funzionare. Il Pil dovrebbe crescere dell’1,2% quest’anno
(1,1% le stime di marzo), dell’1,4% nel 2020 (1,6%) e dell’1,4% nel 2021 (1,5% le precedenti indicazioni). L’inflazione, quindi,
si fermerà all’1,3% quest’anno (dall’1,4% delle proiezioni di marzo), e all’1,4% (dall’1,5%) nel 2020. Per il 2021 è stata
invece confermata la stima all’1,6%: un’indicazione non certo soddisfacente rispetto all’obiettivo (»sotto ma vicino al 2%»),
ma che segnala come l’attuale fase possa essere considerata transitoria.
MiniBot? «O moneta, illegale, o debiti»
La questione dei debiti pubblici è stata solo sfiorata, e con riferimento all’Italia e alla procedura di infrazione che il
Consiglio Ue potrebbe aprire. Draghi, soprattutto, ha bocciato l’idea dei miniBot: «O sono moneta, illegale, o sono debito».
Minacciano quindi di peggiorare i problemi. Ha in ogni caso ricordato che per far scendere il debito italiano «occorrerà tempo»:
serve un piano a medio termine «ma deve essere credibile e la credibilità si misura su come si struttura il piano e sulle
azioni che si mettono in campo per attuarlo».
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