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Google guadagna 4,7 miliardi con le notizie dei giornali

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Google guadagna 4,7 miliardi con le notizie dei giornali

NEW YORK - Il 40% dei clic di Google arriva dalle notizie. Nel 2018 Big G ha guadagnato almeno 4,7 miliardi di dollari grazie alle notizie pubblicate su Google News. Canale aggregatore che non produce informazione ma rilancia, in ogni Paese dove è presente, grazie a un complicato sistema di algoritmi (il lavoro di ingegneri e programmatori e non di reporter) le notizie più ricercate dai siti di news prodotte da altri. La stima dei ricavi dalle notizie di Google, che è al ribasso, arriva da uno studio della News Media Alliance, l’alleanza che raggruppa gli editori americani di oltre 2mila giornali, New York Times compreso, e gli editori di tutto il mondo (tra gli altri Asne, Wan-Ifra, The Copyright Alliance, Reporters Committee for Freedom of the Press).

Un'associazione che si batte per il riconoscimento di giusti compensi alle società che producono informazione di qualità con il lavoro di giornalisti professionisti.
«Grazie al lavoro dei giornalisti nostri associati che creano contenuti, Google guadagna 4,7 miliardi l’anno», ha spiegato al Nyt David Chavern, ceo e presidente di News Media Alliance, che rivendica un maggiore impegno da parte delle piattaforme digitali per il riconoscimento delle royalties agli editori. Lo studio verrà presentato martedì al Congresso americano, nella sotto commissione Antitrust della Camera che sta studiando i rapporti tra media e big-tech da cui dovrebbe fuoriuscire una proposta di legge per sostenere i media tradizionali, soprattutto i giornali locali, la cui esistenza è minacciata dallo strapotere delle big-tech e dei loro portali di notizie: Google soprattutto, e i social media come Facebook.

«Lo strapotere delle piattaforme digitali – secondo Terrance Egger, ceo del Philadelphia Inquirer – ha devastato l’industria dei media tradizionali in questi anni. Il rapporto tra giornali e big tech va rivisto». Come dire: non può tutto finire nelle mani dei colossi tecnologici. Il lavoro lo fanno altri e le big-tech, grazie alla enorme diffusione dei loro portali, ci guadagnano con la pubblicità.

I 4,7 miliardi $ di introiti di Google News nel 2018 sono una cifra colossale. Equivalgono ai ricavi combinati degli ultimi due film-blockbuster come “Avengers”. Arrivano quasi a raggiungere i 5,1 miliardi $ dei ricavi totali dell’advertising negli Usa dal digitale dello scorso anno. Il ceo di News Media Alliance si augura che lo studio possa servire come base ai parlamentari americani per imporre il pagamento di royalties alle big-tech che possano pareggiare i conti con i giornali e i siti di notizie e permettere all'informazione di qualità di continuare a esistere.

La sotto commissione Antistrust della Camera sta preparando la legge, già denominata Journalism Competition and Preservation Act, che gode di un sostegno bipartisan. La legge oltre a royalties più giuste per i giornali e i siti di news da parte dei big-tech prevederà un'esenzione fiscale di quattro anni per gli editori per sostenere un’industria in grande difficoltà: i giornali di carta sono ormai spariti nelle edicole americane, che vendono ormai tutt'altro.

Secondo lo studio di News Media Alliance, i due giganti hi-tech Google e Facebook sono i maggiori distributori di notizie digitali negli Stati Uniti: e l’80% del loro traffico di news deriva da altri siti. Contenuti per i quali non pagano nemmeno un centesimo.

Un portavoce di Google in una nota contesta le conclusioni della ricerca di News Media Alliance. «Questi calcoli approssimativi sono imprecisi, così come sottolineato da numerosi esperti. La stragrande maggioranza di ricerche legate alle news non mostra annunci pubblicitari. Inoltre, lo studio non tiene conto del valore offerto da Google. Ogni mese, Google News e la Ricerca Google portano oltre 10 miliardi di click ai siti web degli editori che generano, a loro volta, abbonamenti e entrate pubblicitarie significative. Abbiamo lavorato duramente per essere un partner collaborativo e di supporto per la tecnologia e la pubblicità per gli editori di tutto il mondo».

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