Le tensioni in Medio Oriente rischiano di andare alle stelle dopo l’annuncio dell’Iran secondo cui entro 10 giorni le sue scorte di uranio supereranno i limiti concordati nell’accordo internazionale del 2015.
Mentre gli Usa accusano Teheran di essere responsabile degli attacchi di settimana scorsa a due petroliere in navigazione nel Golfo di Oman (così come per simili attacchi a quattro navi commerciali il mese scorso), il portavoce dell’Organizzazione iraniana dell’Energia Atomica, Behrouz Kamalvandi, ha reso noto che la produzione di uranio a basso arricchimento sta ormai aumentando di quattro volte ed entro il 27 giugno supererà i 300 chilogrammi. In tal caso, sarebbe la prima volta che l’Iran violerà l’accordo sul nucleare firmato quattro anni fa con alcune potenze mondiali ma “rinnegato” dagli Stati Uniti nel maggio dell’anno scorso.
L’ultimatum al 7 luglio
Non si tratta di una vera sorpresa, visto che oltre un mese fa lo stesso presidente Hassan Rouhani aveva preannunciato che l’Iran non si sarebbe più sentito vincolato ai termini dell’intesa internazionale, se entro 60 giorni le altre potenze firmatarie - Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania - non avessero trovato una soluzione alla situazione creata dall’introduzione di severe sanzioni da parte degli Usa. Il termine scade il prossimo 7 luglio: l’annuncio - in sostanziale coincidenza con il vertice dei ministri degli esteri della Ue in Lussemburgo - pare quindi anzitutto finalizzato a esercitare ulteriori pressioni perché qualche proposta venga fatta. Ma dopo i casi degli attacchi alle petroliere appare ancora più improbabile una qualche forma di compromesso che possa evitare le ire dell’Amministrazione Trump, che qualche settimana fa ha annullato le concessioni fatte ad alcuni Paesi per continuare provvisoriamente a importare petrolio iraniano (ora tutti quelli che lo fanno rischiano pesanti penalizzazioni nei rapporti di business negli Usa).
I passi successivi
Come prossimi passi in violazione dell’intesa del 2015 , Teheran dovrebbe smettere di inviare ad altri Paesi acqua pesante e scambiare uranio arricchito per uranio naturale, nonché interrompere la riqualificazione del suo impianto di Arak (in grado di produrre plutonio). Inoltre il portavoce ha già ventilato che produrrà uranio arricchito oltre i limiti concordati, in quanto avrebbe bisogno di un arricchimento al 5% per la sua centrale di Busher. E ha aggiunto che il Paese può arricchiere l’uranio fino a una percentuale del 20% per una stazione di ricerca (appena sotto il livello richiesto per bombe atomiche). Ufficialmente, Teheran continua a dichiarare che il suo programma nucleare ha fini pacifici e che non intende diventare una potenza nucleare.
Quanto agli attacchi alle navi, l’Iran nega responsabilità e oggi i vertici militari hanno fatto sapere che, se il Paese intendesse chiudere lo stretto di Hormuz al traffico commerciale, lo annuncerebbe pubblicamente. Il Regno Unito, però, sembra essersi associato agli Usa nel tenere responsabile Teheran degli attentati, distanziandosi dalla prudenza dell’atteggiamento complessivo della Ue.
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