Dopo aver attaccato la Bce di Mario Draghi accusandola di promuovere una concorrenza sleale europea all’industria Usa con il ventilare possibili nuove manovre di stimolo monetario, il presidente americano Donald Trump ha invece lanciato un ramoscello d’ulivo verso Pechino, rendendosi disponibile a riavviare i negoziati commerciali in vista dell’incontro con Xi Jinping al vertice G20 di Osaka del 28-29 giugno. Xi ha dato subito il suo via libera, dicendosi «favorevole» a un incontro con il presidente Usa. Lo scrivono i media cinesi, sottolineando però che Pechino si è limitata ad accogliere la «richiesta» americana. Immediata la reazione positiva dei mercati, che hanno scontato positivamente la prospettiva di uan schiarita nella guerra commerciale in corso tra Stati Uniti e Cina, o quantomeno il venir meno di uno scenario di ulteriore aggravamento delle tensioni sul trade.
La telefonata
«Ho avuto una conversazioni telefonica molto buona con il presidente cinese Xi. Avremo un esteso incontro la prossima settimana
al G20 in Giappone», ha twittato Trump, facendo seguire la frase pià incoraggiante: «I nostri rispettivi team inizieranno
conversazioni prima del nostro incontro». Non solo, quindi, scompaiono i timori secondo cui un summiti bilaterale Usa-Cina
avrebbe potuto anche non svolgersi, ma viene ufficializzata una ripresa negoziale concreta, il che fa pensare che dall’incontro
tra i due leader potrebbe uscire qualche risultato sostanziale.
La minaccia americana di introdurre ulteriori dazi del 25% su merci cinesi per un ammontare di circa 300 miliardi di dollari appare da oggi meno concreta: gli operatori delle Borse hanno registrato questa sensazione spingendo al rialzo i corsi, a partire da una fiammata a Wall Street - dove l’indice S&P 500 è a meno dell’1% dal suo massimo storico - e con estesi guadagni in Europa. Anche i mercato obbligazionari hanno reagito positivamente, ma il rialzo dei prezzi è avvenuto soprattutto sulla scia delle parole di Mario Draghi che hanno indicato un atteggiamento da «colomba» sul fronte della politica monetaria. Un messaggio «dovish» dovrebbe arrivare domani anche dalla Federal Reserve.
© Riproduzione riservata