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Dieselgate, Fca snobba Berlino (e Roma la sostiene)

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Dieselgate, Fca snobba Berlino (e Roma la sostiene)

Sergio Marchionne (Ap)
Sergio Marchionne (Ap)

Fiat Chrysler diserta l'incontro al ministero tedesco dei Trasporti e fa arrabbiare il ministro Alexander Dobrindt, ma riceve in serata l'appoggio del ministro italiano Delrio. Fca non si è presentata all'appuntamento con Dobrindt per un colloquio in programma sull'indagine avviata da Berlino (dopo il dieselgate Volkswagen) sulle emissioni dei gas di scarico. Fca ha inviato una lettera in cui sostiene che solo le autorità italiane sono competenti a valutare se le autovetture Fca rispettano le prescrizioni di legge europee sulle emissioni di gas nocivi.

Dobrindt, che il giorno prima aveva messo sotto torchio i vertici di Opel, ha definito «totalmente incomprensibile questo comportamento non cooperativo», ma in serata è arrivato per Fca il sostegno del ministero dei Trasporti di Roma: il ministro Delrio - afferma una nota - ha scritto a sua volta a Dobrindt che «il confronto sulle emissioni dei veicoli Fca deve avvenire tramite le due autorità di omologazione nazionali». Delrio afferma che c'è la «piena e completa disponibilità del costruttore Fca, i cui modelli sono omologati in Italia, nel fornire all'Autorità di omologazione competente una serie di informazioni in merito alle proprie strategie di controllo delle emissioni» e che «si tratta di avviare un dialogo ufficiale tra le nostre Autorità di omologazione (...) invece di proseguire nell'interlocuzione diretta con il costruttore».

Il nocciolo della questione è che, come spesso accade a livello Ue, c'è una normativa unica ma non un'autorità unica a farla rispettare. Subito dopo lo scandalo “dieselgate” che nel settembre scorso ha travolto i vertici della Volkswagen, il ministero dei Trasporti tedesco, così come quelli di altri Paesi (Italia compresa), ha avviato un'indagine per verificare eventuali irregolarità di altre case costruttrici. Secondo i risultati pubblicati il mese scorso dei test condotti dalla Kba su una cinquantina di veicoli, nessun altro costruttore utilizza i cosiddetti “defeat device”, ovvero software in grado di riconoscere le fasi di test e di attivare solo in quel caso i dispositivi antinquinamento; l'indagine ha però evidenziato un gruppo di veicoli (sia automobili che veicoli commerciali) «con valori di emissioni di ossidi di azoto vistosamente alti e che tecnicamente non sembrano sufficientemente spiegabili». A questo gruppo appartengono veicoli dei marchi Alfa Romeo, Audi, Chevrolet, Dacia, Fiat, Ford, Hyundai, Jaguar, Jeep, Land Rover, Mercedes, Nissan, Opel, Porsche, Renault, Suzuki e Volkswagen. A tutti questi costruttori il ministero ha chiesto chiarimenti, chiarimenti già in parte forniti dai tecnici della stessa Fca. Già nel rapporto della Kba, inoltre, era scritto che l'autorità «informerà le rispettive autorità nazionali competenti per l'omologazione di tutti i risultati e in particolare delle discrepanze riscontrate, e chiederà la loro valutazione».

Mercoledì Dobrindt aveva incontrato il numero uno di Opel, Karl-Thomas Neumann; Opel, nel mirino per due modelli (Zafira e Astra), ha ammesso che il sistema di trattamento dei gas di scarico viene spento in determinate condizioni ma ha sostenuto che il meccanismo è legale perché l'operazione avviene per proteggere il motore. Il ministero ha dato alla Opel altre due settimane di tempo per fornire spiegazioni tecniche addizionali, dopodiché la Kba (la Motorizzazione tedesca) deciderà se i meccanismi utilizzati sono legali o meno. Dopo Opel, Berlino ha convocato Fca per chiedere chiarimenti senza attendere notizie da Roma. La decisione di Fca di non presentarsi ha come prevedibile destato reazioni negative in Germania.

Secondo il sito della « Sueddeutsche Zeitung», «l'esempio di Fca potrebbe fare scuola e anche altre case automobilistiche straniere potrebbero mettersi di traverso». In un duro editoriale «Handelsblatt» scrive che «Fca non rende un buon servizio al settore auto» e addirittura che «i tedeschi dovranno riflettere bene prima di comprare un'auto del gruppo».

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