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Bentley «Standard Steel», una settantenne da investimento

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Bentley «Standard Steel», una settantenne da investimento

Subito dopo la fine della II Guerra Mondiale, anche per la Rolls-Royce Motor Cars inizia il periodo delle carrozzerie standardizzate (all’inglese: «Standard Steel»): strada obbligata per la riduzione dei costi di produzione (prima del conflitto, come è noto, la Casa forniva ai clienti il solo telaio che, poi, veniva carrozzato come e da chi sceglieva il proprietario). Nasce a questo scopo, nel maggio 1946, la Bentley MK VI: un prodotto pensato già nel 1937, quando la Compagnia fu divisa nella branca costruttrice di auto e in quella costruttrice di motori d'aviazione; da quel momento la prima fu impegnata nella progettazione di un solo tipo di telaio per tutta la gamma di modelli e di un nuovo motore formato da componenti “modulari” in modo da potere assemblare con essi unità a quattro, sei ed otto cilindri in linea. Ne nasce una famiglia di motori estremamente tradizionalista: rispetto al sei cilindri a valvole in testa montato sulle Bentley 4.1/4 e Rolls-Royce 25/30 dell'anteguerra, costituisce addirittura un passo indietro sul piano tecnologico poiché presenta le valvole di scarico laterali per una longevità ed una silenziosità di funzionamento ancora maggiori.

La Bentley MK VI è equipaggiata con questo motore nella versione a sei cilindri chiamata B60: un’unità dall’equilibrio forse insuperato nella storia dei motori a scoppio tanto che, al minimo, appare addirittura inaudibile: una caratteristica che ha molto contribuito alla creazione dell’aura di leggenda che circonda questo Marchio. Unico aggiornamento nel 1951 quando la cilindrata aumenta dai 4,25 litri iniziali a circa 4,5 litri, attraverso un allargamento dell’alesaggio, e la potenza cresce da 137 a 150 CV . Queste berline, molto sobrie e di dimensioni non eccessive (486,5 cm di lunghezza), sono, come detto, le prime vendute dalla Rolls-Royce con carrozzeria standardizzata: un manufatto prodotto dalla premiata ditta Pressed Steel Company, allora fornitrice della maggioranza delle Case automobilistiche britanniche; l’eleganza del disegno, soprattutto nei casi in cui veniva verniciata in colori chiari, è evidente al primo sguardo e non fu mai messa in discussione così come il gradimento della clientela che la comprò in 5201 esemplari.

Un solo aspetto aveva sollevato critiche: la capacità del bagagliaio giudicata troppo ridotta; la Casa corse ai ripari verso la fine del 1952 commissionando il “restyling” della coda ad uno stilista della Gurney Nutting che già si era fatto notare dai dirigenti della RR per la sua maestria, tale John Blatchley, che in seguito diede un'impronta indelebile ai modelli del Gruppo disegnando, tra le altre, la Bentley S-Type e la Rolls-Royce Silver Cloud: macchine che sono entrate nell’immaginario collettivo quali simboli di eccellenza e lusso nel mondo delle quattro ruote.

Tale modifica, per la verità non completamente riuscita sotto il profilo stilistico, avvenne quando la cronologia dei telai Bentley aveva come prime due lettere RT ed ecco perché la MK VI aggiornata si chiamò R Type: un’auto che rimase sulla scena fino al 1955 diventando anche la madre delle versioni “sportive” Continental: una storia, la loro, che merita però una trattazione a parte.

Oggi, quello di una Bentley MK VI o R Type è un acquisto che pochi prendono in considerazione in Italia; e si sbagliano poiché con una di esse si acquisisce in colpo solo: un marchio dal carisma eccezionale, una vettura piacevolissima da guidare anche su lunghe distanze, economica da mantenere, di eleganza sopraffina, con un abitacolo dalle finiture principesche, molto affidabile e che è possibile acquistare a prezzi contenuti, anche a partire da solo quindici/sedicimila svalutate Sterline, magari proprio nel corso di una escursione nel Regno Unito (sappiamo di chi è partito in aereo ed è tornato in macchina).

Chiaramente una di queste Bentley comperata a basso prezzo sarà bisognosa di molte cure: costose sì, ma non estenuanti data la semplicità del veicolo e la disponibilità di tutti i pezzi di ricambio; in caso di riverniciatura si può scegliere poi tra molti colori non troppo austeri così da farle perdere quell’aria da rappresentanza poco adatta all’uso amatoriale cui è destinata. Considerate che la MK VI è la Bentley più compatta e meno assetata (anche 7/8 km con un litro) mai costruita e lasciatevi tentare; tenete conto che essa ha il tetto apribile di serie, sceglietela con il cambio manuale e non ve ne pentirete.

Abbiamo già affermato che l’importanza storica di queste auto, ed è anche il motivo per cui dedichiamo loro questo servizio, risiede essenzialmente nel debutto, anche per le super esclusive Rolls-Royce e Bentley, della carrozzeria «di serie»; tuttavia è indubbio che queste rimangono auto con il telaio separato così che centinaia di loro furono carrozzate, dalle migliori firme dell'epoca, nei più disparati modi: cabriolet, coupé e perfino station wagon.

Quella di cui vogliamo parlare un po' più diffusamente, visto che si tratta di una primogenitura generata dalla R Type che è poi diventata leggenda, è però la “Continental”. Anche lei, nonostante l’esclusività della nicchia di mercato di destinazione, presenta una carrozzeria definibile standard, dato che veste 192 esemplari sui 208 costruiti, concepita e costruita da H.J. Mulliner con linee molto profilate. Sottoposta anche ad una dieta dimagrante piuttosto drastica, la R Type Continental fu la prima auto stradale dotata di quattro posti a raggiungere i duecento chilometri all'ora già con l’originario motore 4,5 litri da 150 CV; limite agevolmente superato dopo il 1954 quando sulle Continental venne reso disponibile il 4,9 litri da circa 170 CV (si ricordi che la potenza dei motori Rolls-Royce non veniva comunicata ufficialmente); e con questo siamo finalmente giunti al motore che equipaggerà, dal 1955 fino al 1959, la RR Silver Cloud e le Bentley S Type berlina e Continental: i modelli protagonisti di una stagione tra le più esaltanti vissute dalla Rolls-Royce Motor Cars.

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