La Porsche Boxster fece il suo debutto al salone di Detroit del 1993 come “concept” di una piccola roadster destinata ad un segmento di mercato inferiore a quello occupato dalla sempiterna 911; un esperimento che la casa di Stoccarda aveva già tentato, con risultati non del tutto soddisfacenti, sia con la 914 del 1969 sia con la 924 del 1976. Una ventina di anni dopo ci riprova e si capisce subito che questa volta ci siamo, anche se l’esperienza della magnifica “Panamericana” del 1989, una “concept” che doveva anticipare le linee della futura 911 e rimasta lettera morta, faceva temere che anche la piccola di produzione sarebbe stata molto diversa dal prototipo e potenzialmente deludente come le sue antenate. E qui, specialmente sulla 914, ci sarebbe da aprire una lunga parentesi ma, rimandandola magari ad altra occasione, torniamo alla nostra 986: quella che, miscelando i nomi boxer, dall’architettura del motore, e roadster, per ovvi motivi, diventa la prima Porsche della storia con un nome proprio: Boxster appunto.
Veniamo adesso a tentare di analizzare le ragioni di un successo, questa volta, travolgente e che dura tuttora. Innanzitutto lo stile: quando viene presentata la versione destinata alla vendita, nel Marzo del 1996, tutti possono vedere che le linee viste a Detroit, una sorta di delizioso giocattolo per adulti, sono rimaste pressoché inalterate; solo un leggero allungamento degli sbalzi, necessario per fornire spazio adeguato al bagaglio per una breve vacanza in coppia, peggiora un poco l’armonia stilistica ma i Porschisti non ci fanno proprio caso anche perché da anni gli sbalzi un po’ troppo pronunciati sono una caratteristica congenita alle loro macchine. Per muovere questo gioiellino, dimostrando di avere capito la lezione una volta per tutte, si opta fin dai primi stadi di sviluppo per un sei cilindri: il frazionamento minimo di Legge, secondo noi, per una Porsche visto che i tempi delle 356 erano già finiti da un pezzo e il demenziale esperimento a quattro cilindri di questi mesi non era neppure lontanamente ipotizzabile.
Scusandoci per la digressione, ma certe cose ci fanno seriamente male al cuore, torniamo a bomba al 1996 per dire che non si prese neppure in considerazione di rovistare nelle banche organi di VW o Audi per scovare chissà quale lampada di Aladino, ma ci si ricordò semplicemente di essere i Maestri assoluti nel settore boxer e così un bel 2,5 litri, con tutti i quarti di nobiltà che il Casato può offrire, viene allestito apposta per essere montato al centro della monoscocca della nuova nata. Eh sì! Bravi, bravissimi i tecnici di Züffenhausen! Ma non presuntuosi: di 911 ce n’è una sola in tutta la storia dell’automobile: come si sia, infatti, riusciti a rendere pressoché perfetta su strada e su pista un’auto con la sua distribuzione dei pesi è un qualcosa di miracoloso nel vero senso della parola; meglio non sfidare di nuovo gli dei della fisica anche a costo di dover rinunciare non solo ai due strapuntini posteriori (sarebbe più che accettabile in questo caso) ma anche ad un ripiano per mettere il cappotto o la ventiquattr’ore: questo, invece, un limite non da poco nell’uso quotidiano per il quale la macchina è, invece, adattissima.
E così, con una distribuzione dei pesi da manuale e 204 CV in tutto, la Boxster prima versione, pur brillante quanto si conviene (con 240 km/h e 6,5 sec sullo 0-100 km/h ce n’è quanto basta), è una “bestiola” molto trattabile, diremmo quasi inoffensiva se non fosse per il ringhio che esce dal tubo di scarico, anche da chi non ha le doti di un vero pilota o, più banalmente, vuole viaggiare rilassato anche a velocità comunque sostenute (e per lui c’è anche la versione con l’ottimo cambio automatico Tiptronic a cinque marce come il manuale). Si tratta, quindi, di un acquisto altamente raccomandabile, quello di questa neo ventenne; pazienza per le agevolazioni fiscali sparite quasi ovunque: non è un buon motivo per rinunciare ad un’occasione come questa ai circa diecimila Euro che vengono richiesti oggi per un buon esemplare.
E neppure per non spendere qualcosa in più per una S da 3.2 litri, disponibile dal 1999 con quasi cinquanta CV di più nel motore e cambio a sei marce; con lei il carattere della Boxster però cambia: sempre equilibrata e composta, ma adesso molto più arrabbiata e con cambi di passo che possono anche mettere in difficoltà un guidatore men che provetto. Fu il primo passo sulla via che ha portato questa straordinaria macchina sportiva ad ospitare un 3,8 litri da 375 CV prima che un assurdo “downsizing” la privasse di due cilindri spodestandola, di fatto, dal Gotha dell’automobile dove ormai era entrata di diritto; sospettiamo che il taglio dei cilindri sia stato figlio del timore che la clientela si accorgesse che la Boxster, e la sorella chiusa Cayman, stavano diventando globalmente superiori alle 911. Sarebbe stato un reato di lesa maestà che «La Porsche» per eccellenza non meritava; non c'è dubbio, e su questo siamo d’accordo anche noi.
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