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auto mitiche del biscione

Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce, un sogno con il passaporto per la Mille Miglia

Quando l’Alfa Romeo Giulietta Sprint era già sul mercato da un biennio e la berlina faceva sognare tanti appassionati padri di famiglia che si mettevano in coda anche per un anno e mezzo se appena potevano sperare di comprarsela, la Casa milanese decide che è il momento di andare incontro ai desideri dei clienti più sportivi e lo fa appena in tempo per consentire loro si partecipare alla Mille Miglia del 1956. Nasce infatti con questi scopi, e viene presentata al pubblico al Salone di Torino di quell'anno, l’Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce: una versione che, sotto le mentite spoglie di una tranquilla Sprint, nasconde tutta l’eccellenza ingegneristica del grande cuore pulsante al Portello; non è retorica: non si può definire in altro modo chi concepì questo piccolo missile di 1,3 litri di cilindrata capace non solo di «sverniciare» le Porsche 356 di 1,5 e 1,6 litri, ma di tenere testa, anche su percorsi veloci, alle Lancia Aurelia B 20 di cilindrata quasi doppia.

I 181 km/h di velocità massima e 33 secondi sul chilometro da fermo verificati sulla pista di Monza sono prestazioni che oggi fanno sorridere, pur tenendo sempre a mente che stiamo parlando di una 1.300, ma che allora la grossa Gran Turismo torinese non riuscì ad eguagliare. D’altronde è noto che per gli Alfisti la «birra» non è mai abbastanza, tanto è vero che neppure la Giulietta Sprint Veloce fu in grado di accontentarli a lungo e la Carrozzeria Zagato fu indotta proprio da costoro a produrre una versione della Giulietta ancora più corsaiola: la SZ, con cambio a cinque marce e carrozzeria interamente in alluminio.

Materiale che, sulla Sprint Veloce, è riservato solamente alle parti apribili ed ai paraurti nell’ambito di un’operazione di alleggerimento che porta alla sostituzione dei vetri, tranne il parabrezza, con superfici in perspex (una resina plastica particolarmente leggera), all’abolizione dei cristalli discendenti alle portiere sostituiti da elementi scorrevoli orizzontalmente, all’eliminazione di molte finiture interne compreso il cassettino del porta oggetti sulla plancia, ed all’adozione di sedili avvolgenti con imbottiture ridotte ai minimi termini. Tutto questo fervore porta ad un risparmio di peso nei confronti della Sprint, e nonostante il maggior peso della meccanica e del serbatoio maggiorato ad ottanta litri, di una settantina di chili: certamente non pochi e bastevoli a consentire l’adozione di un rapporto al ponte più lungo, ma non a determinare un aumento delle prestazioni così consistente; per questo fu necessario un intervento piuttosto profondo, da parte dei summenzionati maghi del Portello, sul conosciuto e generoso motorino in alluminio della Sprint.

Fasatura dell’albero a camme più spinta, due carburatori doppio corpo orizzontali invece che uno invertito, rapporto di compressione elevato da 8:1 a 9:1 sono i componenti di una ricetta che eleva la potenza da 65 a 90 CV per una potenza specifica di circa 70 CV/litro, molto elevata per un motore di quegli anni che, oltretutto, consente anche l’uso stradale (ma meglio non cittadino a causa delle candele «fredde» che gli sono necessarie).

La storia agonistica della Giulietta Sprint Veloce fu breve, come accennato, ma trionfale: è ora, infatti, di tornare alla Mille Miglia del 1956 per accennare all’ordine di arrivo e ricordare che le Sprint Veloce monopolizzarono la categoria Gran Turismo fino a 1.300, lasciando alle Porsche 356 la medaglia di legno giù dal podio, e stupirono pubblico e critica con un incredibile undicesimo posto assoluto, con Roberto Sgorbati/Luigi Zanelli, a ridosso delle Mercedes Benz 300 SL e davanti a parecchie Sport di cilindrata molto più elevata.

Copione che si ripete molto simile l’anno successivo; da qui a dire che l’Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce è una delle macchine meglio accette alle odierne rievocazioni della Freccia Rossa il passo è breve; molto più arduo può risultare, invece, il suo reperimento: intanto, se l’obiettivo è la Mille Miglia, occorre limitare la scelta agli esemplari del 1956 e del 1957 che, grosso modo, sono meno di duemila. Poi occorre dribblare gli esemplari dalla storia men che trasparente e infine mettere mano al libretto degli assegni e firmarne uno da almeno 150mila uro che, per quanto si tratti di uno dei migliori investimenti oggi possibili, è sempre una cifra abbastanza impressionante.

Si può risparmiare abbastanza comperando una Sprint Veloce in allestimento «Confortevole» del 1958, con i fari e le portiere della Sprint; oppure ancora di più per un esemplare successivo al 1960 ( è stata in listino fino al 1962) con la carrozzeria in acciaio della Sprint. Ma, sinceramente, avere in garage una Giulietta Sprint Veloce e non poterla sfoggiare alla Mille Miglia, ci pare un’esperienza emozionante solo a metà: un po’ come avere finalmente strappato un appuntamento alla donna dei sogni e ritrovarsi immobilizzati in casa dall’influenza.

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