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Per Nico Rosberg scelta intelligente dopo una stagione irripetibile

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il ritiro improvviso del pilota

Per Nico Rosberg scelta intelligente dopo una stagione irripetibile

Rosberg alla guida di un motoscafo davanti a Montecarlo (Space24)
Rosberg alla guida di un motoscafo davanti a Montecarlo (Space24)

Rosberg vince e si ritira a sorpresa. In un anno in cui la principale categoria dell'automobilismo ha reso lo spettacolo a tratti soporifero e con poca storia, dove la Mercedes ha dominato come mai un campionato di Formula 1 con 19 vittorie su 21 gran premi, un epilogo del genere sorprende e lascia molto spiazzati. Dopo due mondiali di fila a Hamilton, in cui l'unico rivale vero era il suo compagno di box, Rosberg, pensare che oggi il giovane Nico decida di lasciare la Formula 1, mentre ancora non ha fatto a tempo ad assaporare il titolo appena conquistato, sembra sulle prime poter andare oltre alle giustificazioni personali addotte.

Il mezzo scelto per l'annuncio è la pagina Facebook del pilota che, in una sorta di lettera ai suoi fan, spiega, in sintesi, che “dopo 25 anni nelle corse il suo sogno di diventare campione del mondo è finalmente raggiunto”. E che “per raggiungere quest'obiettivo ha richiesto sacrifici importanti alla sua famiglia e perciò già a partire da Suzuka aveva iniziato a consolidare in lui l'ipotesi di concludere la sua carriera come pilota e vedere con fiducia cosa la vita possa riservargli”.

Meno di trenta righe scritte senza alcuna polemica, con la solita eleganza che lo contraddistingue e che mancherà molto, come quella di Massa e Button. La sua è stata una mossa improvvisa, un fulmine a ciel sereno, che proprio perché si fonda su giustificazioni personali farà a lungo pensare e discutere a tutt'altro genere di motivazioni. Quale che sia la verità, comunque, non sembra per niente un gesto avventato ma, anzi, un grande indizio da tenere conto per misurare lo stato di salute del paddock e di quello che gli gira attorno, con l'aggravante di essere alla vigilia di un altro importante cambiamento come il passaggio di proprietà e i nuovi regolamenti tecnici.

Ma a ben vedere, la superiore intelligenza di Rosberg è sempre stata quella di far bene i suoi calcoli di costi e benefici. Analizzando com'è andata l'ultima stagione, è chiaro a tutti che ha raggiunto l'apice della carriera gestendo un vantaggio sul vorace Hamilton arrivato sino a 55 punti, ma che nelle ultime gare, a suon di vittorie del rivale, si era assottigliato fino a chiudere con un margine di solo cinque lunghezze. Impossibile non ricordare che, sempre a parità di auto, l'anno scorso Rosberg ha chiuso la stagione secondo, con ben 59 punti da Hamilton, che nel 2014 erano 67. Perciò la maggiore capacità del tedesco di stare distante dai guai nel 2016 e le varie noie meccaniche e personali di Hamilton hanno quindi contribuito ad avere una terza stagione d'oro Mercedes con condizioni probabilmente irripetibili per Rosberg.

In secondo luogo, giustificare che il momento è giusto per ragioni personali è stata un'altra mossa vincente, perché lo mette al riparo da critiche dirette di diversa natura, lasciando solo spazio a (seppur numerose) supposizioni. Già, perché come spesso accade in Formula 1, è proprio nella “zona grigia” che spesso risiede la verità.

Inutile negare che la condotta di gara di Hamilton di domenica abbia dato fastidio a Rosberg, e forse ancora più le sue lamentele poco carine nei confronti della sua scuderia, dove alludeva che “se gli avessero dato una macchina più affidabile, probabilmente l'esito finale della stagione sarebbe stato ancora a suo favore”. Una mancanza di tatto nei confronti del datore di lavoro che, seppure a sua volta non sia stato totalmente sportivo nell'impedirgli di fare le sue ragioni in corsa, è comunque piaciuta a pochi. Una storia brutta per tutti, insomma: mentre Mercedes poteva finalmente gioire per aver incoronato il primo campione tedesco dopo il grande ritorno nella massima serie, ai vertici già si poneva il problema di come gestire una stagione 2017 con due galli nel pollaio.

E allora forse Rosberg ha fatto veramente bene a tirarsi fuori da tutto. Da una parte ha dato una grossa ridimensionata a Hamilton. Una contemporanea delegittimazione e demitizzazione che faranno molto male e verranno riportate anche nei libri di storia dello sport. Una sorta di lectio magistralis su come gestire i rapporti all'interno dei team molto pruriginosa, che farà scuola e invidia anche ad ambienti in qualche modo vicini come il Moto GP.

Un evento inatteso che indubbiamente porta a scenari di mercato completamente inediti. Il sedile libero Mercedes potrà essere riempito da qualche giovane promessa come Wehrlein od Ocon, oppure potrebbe completamente ridisegnare i team di punta, attirando forse piloti più maturi da Ferrari o Red Bull, creando a loro volta delle ottime scuse per giustificare ritardi sullo sviluppo o, almeno, un'altra stagione “non di migliori aspettative” per gestire l'introduzione dei regolamenti rivoluzionari. Da questo punto di vista, i complottisti possono sguazzarci e tener vivo l'interesse in un inverno altrimenti già dato per scontato nella maggior parte dei volanti più ambiti.

Rosberg va quindi in “pensione” molto giovane, a soli 31 anni, dopo aver esordito in Formula 1 nel 2006 ed essere stato per tanti anni una “promessa” che tardava a manifestarsi, inizialmente per colpa di una Williams presto “orfana” di BMW e in grave crisi prestazionale per anni. Ma dopo il passaggio in Mercedes al fianco di Schumacher, finalmente la consacrazione al settimo anno. Un'attesa frustrante, considerando che a sedici anno era stato campione di Formula BMW Adac in Germania e nel 2005 il primissimo campione iridato della GP2.

Per questo molti lo applaudiranno dopo tale gesto, che non solo rimescola le carte: mentre indebolisce quella altrui, rinforza definitivamente la sua immagine di persona con gli attributi che non sempre gli è riuscita di dimostrare in pista.

Le sue statistiche infatti, pur essendo molto cresciute nelle ultime tre annate di grandi piazzamenti e vittorie in Mercedes, ci hanno messo molto a decollare. Ma alla fine, pur non rientrando fra i grandissimi, esce di scena con una gran bella figura, per molte ragioni.

Nico Erik Rosberg ha innanzitutto 206 GP al suo attivo con 23 vittorie (ottavo di tutti i tempi), 57 podi (dodicesimo), 30 pole (ottavo) e 20 giri veloci (quattordicesimo). Non primeggia quindi in nessuna graduatoria ma ci sono comunque dei rilevamenti importanti dove figura benissimo anche in mezzo ai “mostri sacri”, come ad esempio nelle vittorie consecutive, dove è quarto a quota 7 (tutte sue fra Messico 2015 e Russia 2016), dietro a Vettel, Ascari e Schumacher. Tantissimi i giri in testa (1532), dove è dodicesimo davanti anche a gente che ha vinto più di lui come Hakkinen, Hill, Fangio e Moss. E, come solo pochissimi big, ha in archivio anche due Grand Chelem, conquistando cioè pole, miglior giro in gara e vincendo rimanendo in testa dal primo all'ultimo giro.

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