Nell’accingerci a scrivere questo ineludibile (e commosso) tributo ci siamo chiesti se la Dyane, oggi, saprebbe fare breccia nel cuore dei giovani come fece negli anni 70 del secolo scorso; siamo convinti di sì, anche se si tratta sostanzialmente di un esercizio della fantasia poiché, stanti le odierne sacrosante norme sulla sicurezza passiva, la Dyane come la conosciamo non potrebbe esistere; rimane scolpito nella storia dell’auto, invece, quello che essa ha saputo rappresentare per quasi un ventennio: l’equivalente automobilistico dei jeans.
Pur essendo vero che i suoi numeri di produzione non si avvicinano neppure lontanamente a quelli della Citroën 2CV che avrebbe dovuto sostituire (un po’ meno di 1,5 milioni di esemplari anziché 3,8) occorre anche precisare che sono stati ottenuti in 16 anni (1967/83) invece che in 42 (1948/90); chi poi, inoltre, avesse avuto vent’anni in quel decennio seguente al 1968 ricorda benissimo che ben pochi coetanei hanno preferito la 2 CV alla Dyane: due considerazioni che ci paiono confermarne l’importanza storica oltre ogni ragionevole dubbio. E questo anche se, altra verità, le sue linee erano ben lontane sia dalla geniale arcaicità della prima, sia da un qualsiasi studio che possa chiamarsi, anche lontanamente, di design.
Nata dopo la scomparsa di Flaminio Bertoni (sua anche la DS) e prima dell’assunzione di Robert Opron (quello della GS, della CX ed altre) è un prodotto d’équipe dei tanti validi professionisti in forza al centro stile della Citroën che svolsero un egregio lavoro nel rivestire il pianale della progenitrice con un contenitore rimodernato e adatto allo scopo, ma niente di più. Ciò che, semmai, sorprende ancora oggi è la somma delle doti che questa vetturetta concentra in sé: spazio abitabile abbondante per quattro occupanti, tetto interamente apribile, economia di esercizio insuperata, confort da ammiraglia (rumore a parte) tenuta di strada a prova di inesperto ed infine prestazioni, nel caso sia equipaggiata con il motore da 602 cc, del tutto sufficienti alla bisogna.
Infatti la scelta di lanciarla sul mercato, nel Luglio del 1967, con il bicilindrico da 425 cc della 2CV non fu certamente felice ai fini del suo successo commerciale: la cilindrata esageratamente ridotta la rendeva troppo lenta per essere una cittadina efficace e vanificava anche l’utilità, nel traffico, della frizione centrifuga della quale era dotata la più venduta versione Gran confort; senza contare che anche la scarsa visibilità nei tre quarti posteriore, dovuta allo spessore del montante c, creava qualche criticità nell’uso urbano.
La Casa pose rimedio a questi inconvenienti in due tempi diversi: nel Gennaio 1968 dotò la Dyane di un nuovo motore da circa 0,6 litri con oltre trenta cavalli di potenza, che le regalò maggiore sveltezza ai semafori, ed offrì alla clientela molte maggiori possibilità di disimpegno anche in lunghi viaggi autostradali; in breve essa, almeno in Italia, surclassò le vendite della sorella minore che si riprese solo quando la Dyane venne tolta di produzione.
Nel Febbraio del 1970 fu la volta della terza luce laterale che donò una luminosità prima sconosciuta all’abitacolo e consentì corrette immissioni nel traffico da qualsiasi angolazione; miglioramenti benvenuti, ma che ebbero pochissima influenza sulle vendite che da noi, come detto, rimasero robuste durante tutta la vita di questo modello che la gioventù post-sessantottina elevò a propria casa su ruote con la quale compiere vere e proprie avventure stradali in compagnia di tanti amici e dove vivere esperienze che non è necessario approfondire in questa sede, ma che sono rimaste certamente nella memoria di tutti coloro nati attorno agli anni '50 del secolo scorso.
Un insieme di emozioni che dovrebbero, secondo logica, assicurare a questa auto un ben maggiore successo sul mercato amatoriale dove, invece, è la 2 CV a farla da padrona con quotazioni sempre crescenti; noi crediamo che questa situazione si equilibrerà presto ed il nostro consiglio è di acquistare una Dyane. Ma, per ora, solo da restaurare anche se l’esborso finale certamente sarà molto maggiore dei tre/quattromila Euro che vengono oggi richiesti per macchine superficialmente imbellettate per la vendita (le uniche che abbiamo incontrato sul mercato): è il solo modo per ritrovarsi alla fine con una macchinina degna di questo nome.
Un piccolo investimento sul futuro? Sì: il concetto è questo e, anche se nessuno ha la sfera di cristallo, qualora la Citroën Dyane non imitasse le altre vetture popolari divenute di culto nella sua evoluzione commerciale, sarebbe la prima volta nella storia del collezionismo automobilistico. Vi sembra possibile!?
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