Pur costruendo da tempo degne macchine di qualità molto elevata, crediamo che la vera svolta di Audi, sulla strada del raggiungimento dell’eccellenza anche sul piano dell’'immagine, si verifichi con la presentazione, al Salone di Parigi del 1988, della V8. Esaminando il prodotto, ciò che emerge più chiaramente ci pare sia che il Gruppo VW, nella persona del suo «Nume Tutelare» Ferdinand Piech, questa volta abbia voluto agire da un lato con estrema circospezione e, dall’altro, con la consueta fiducia nei propri mezzi e con le idee ben chiare.
Certo, il doversi misurare con realtà consolidate nel campo delle ammiraglie quali la BMW Serie 7 E32, la Jaguar XJ40 e la Mercedes Benz Classe S W126 (in ordine alfabetico) era un compito che avrebbe spaventato chiunque e quindi è comprensibile il desidero di limitare l’investimento; da qui l’utilizzo della scocca dell’Audi 200 moderatamente ristilizzata e l’approntamento del nuovo motore ad otto cilindri a V partendo da due motori della Volkswagen Golf GTI 16 Valvole.
Interventi più limitati del solito, nell’approntamento della propria ammiraglia, ma eseguiti ad un livello, come già allora di consueto per Audi, impeccabile (per esempio con la garanzia di dieci anni contro la corrosione): stilisticamente, il muso assunse un aspetto del tutto esclusivo attraverso l’adozione, per la prima volta, di quella calandra iglobata nel cofano motore che diventerà un vero e proprio emblema delle future Audi per un lungo periodo; in coda fu invece confermata la soluzione della 200 con fanaleria a tutta larghezza incorporante persino la targa per un senso di importanza, rispetto alla più umile 100, indubbiamente significativo.
Il motore, dal canto suo, prevedibilmente di cilindrata doppia di quella della citata Golf GTI di derivazione (3,6 litri) dimostrò senza alcun dubbio di essere all’altezza del compito assegnatogli anche accoppiato con il cambio automatico ZF a quattro marce che, al debutto, rappresentava l’unico tipo disponibile di trasmissione. Per la verità, le prestazioni diedero atto a qualche critica, soprattutto in relazione alla corrispondente BMW, ma poi tutti i commentatori addivenivano alla conclusione che la maggiore sicurezza di marcia data dalla trazione integrale permanente faceva sì che le medie effettive su strada fossero ai vertici del segmento anche con un deficit di potenza che poteva arrivare a cinquanta cavalli rispetto alle versioni più prestanti delle concorrenti germaniche.
La V8 del debutto dispone di 250 CV, sufficienti per ogni bisogna anche oggi, e per di più ottenuti da un’unità motrice che stupirà tutti (ma certamente non chi l’aveva progettato) per durata, silenziosità, affidabilità e regolarità di funzionamento; da questa solida consapevolezza di partenza, gli ingegneri della VW giocarono un altro paio di assi con la completezza degli allestimenti ed un grado di finitura lanciato verso la perfezione assoluta. Da incorniciare plancia e cruscotto, con strumentazione ricchissima e finiture in radica di aspetto «Jaguaresco»; il che, per un’auto tedesca, non è per nulla scontato neanche ai vertici del mercato.
Dal 1989 l’Audi V8 venne dotata di airbag per il guidatore che, assieme alla presenza del sistema «procon ten» che in caso d’urto frontale arretra il piantone mediante funi d’acciaio, crediamo costituisca un sistema di protezione per il pilota dal piantone di sterzo mai più superato. Dallo stesso anno, a richiesta ma senza sovrapprezzo, viene reso disponibile il cambio manuale a cinque marce. Nel 1992, fine delle lamentele per le prestazioni; un rinnovato V8 da 4,2 litri porta i cavalli disponibili a 280 e, insieme con il nuovo cambio manuale a sei marce, consente i duecentocinquanta all’ora e lo zero cento sotto i sette secondi. La produzione dell’Audi V8, ormai più che perfetta, cessa nel Novembre 1993 ma le ultime vennero immatricolate nel 1994 inoltrato; un indice inequivocabile di successo commerciale non irresistibile, nonostante tutto il ben di dio che la vettura portava in dote alla clientela.
Insomma: un’immagine, sia pur lievemente, dimessa rispetto alle concorrenti dirette, le ha indubbiamente nuociuto più del dovuto; tuttavia due suoi meriti sono incontrovertibili: il primo è quello di avere spianato la strada a quella A8 che stabilirà per sempre il posizionamento di Audi tra le marche di lusso; il secondo è di non avere fatto perdere soldi al Gruppo: come si diceva all’inizio, una sapiente combinazione di prudenza e sapienza aiuta sempre a non sbagliare e la V8, sotto questo aspetto, rappresenta, a nostro avviso, un esempio paradigmatico.
Dimenticavamo: se ne trovaste una in buono stato, compratela ed usatela: pochi modi di muoversi su quattro ruote sono più raffinati di questo.
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