Europa, Oceania, Nord America. La geografia dell'auto sta cambiando e si profilano alleanze e fusioni che non hanno più la globalizzazione dei prodotti quanto piuttosto il dominio di mercati in funzione di tipologie specifiche di vetture. Ecco perché Fca è nel mirino dei francesi. Prima Psa poi Renault con l'Alleanza intera che comprende Mitsubishi oltre ovviamente a Nissan. E cosa rende appetibile Fca a questi colossi? La risposta è quasi scontata. Fca ha due brand strategici: Jeep e Ram. In pratica i due marchi che rappresentano ironicamente il mondo dei suv e quello dei pick-up, ma soprattutto il “tappeto rosso” per entrare come protagonisti nel mercato nord americano.
Renault, occhi puntati su FCA
Dopo la scomparsa di Sergio Marchionne, le voci di una possibile cessione del gruppo italo-americano non si sono mai placate e le recenti indiscrezioni arrivate
da oltralpe hanno dato vita a nuovi scenari in grado di modificare profondamente lo scenario internazionale. Se l'ipotesi
di un'alleanza con Psa si è fermata perché il gruppo francese non ha la capacità economica per acquisire Fca, ora l'attenzione
si è spostata su Renault. Infatti il marchio della Losanga punta a riavviare entro 12 mesi i colloqui con Nissan per arrivare
a una fusione delle due case automobilistiche, già alleate, e poi acquistare un altro gruppo, con Fca che sarebbe uno dei
bersagli preferiti. Lo riporta il Financial Times, citando diverse persone a conoscenza dei piani della casa automobilistica
francese.
Il piano è parte di una nuova strategia, adottata dopo l'arresto dell'ex numero uno di Renault Carlos Ghosn in Giappone e la nomina del nuovo presidente, Jean-Dominique Senard, alla guida del board dell'alleanza franco-nipponica. Lo scenario di un'alleanza (o di un'acquisizione) tra l'Alleanza e FCA porterebbe alla nascita del primo gruppo automobilistico mondiale. Infatti il gruppo franco nipponico ha chiuso il 2018 in terza posizione con 10.360.992 veicoli prodotti, a cui aggiungere i 4.840.664 italo americani fermi all'ottava casella. Al primo posto il Volkswagen con 10.830.625, davanti ai 10.520.655 di Toyota. Nel lontano 2012 Marchionne aveva annunciato un obiettivo futuro per FCA di 8/10 milioni di veicoli all'anno, cifra necessaria per la sopravvivenza dei grandi gruppi.
L'ipotesi Hyundai
Come vi abbiamo più volte raccontato, l'ipotesi di una partnership tra FCA e Hyundai e molto più realistica di quanto sia
trapelato. Il motivo è legato a diversi fattori, a partire dai numeri in gioco. Il gruppo Hyundai, dove al suo interno troviamo
anche Kia, nel 2018 si è classificato come quinto costruttore mondiale grazie a 8.786.987 veicoli prodotti. L'ipotesi di una
fusione sul Pacifico è intrigante per una serie di motivi. Hyundai Motor Company, fa parte di un chaebol (cioè un mega gruppo
multisettoriale) che ha accesso facilitato non solo a grandi risorse finanziarie, ma anche a tecnologie di punta (robot industriali
ed elettronica, ad esempio) e persino (questo è un punto chiave) a materie prime come l'acciaio. Hyundai Steel, che è integrata
in Hyundai Motors, è una vera major dell'acciaio. Avere la materia prima in casa è un grande asset per una casa automobilistica.
Per quanto riguarda il prodotto, un patto tra Hyundai e Fca potrebbe fare del bene a entrambi. Da una parte i coreani dispongono di piattaforme moderne (più attuali e sofisticate di quelle di Fca), motori di concezione moderna, soluzioni green che spaziano dall'ibrido all'elettrico, dal gas fino all'idrogeno. Inoltre i coreani esibiscono una gamma di modelli di ultima generazione che coprono molti segmenti e in particolare quello, cruciale, dei suv. Tuttavia i due marchi coreani, a dispetto della qualità dei prodotti (cresciuta enormemente in pochi anni) scontano un'immagine ancora poco appetibile in alcuni mercati. Fca, invece, ha in portafoglio marchi di grande rilevanza: Jeep, Alfa Romeo e Maserati in primis. Hyundai invece vanta una copertura commerciale globale (Hyundai e Kia sono forti anche negli Usa), centri di ricerca e di design in tutto il mondo (come quello tedesco di Rüsselsheim in Germania, nella cittadella di Opel) e fabbriche diffuse globalmente, anche in Europa (a Žilina in Slovacchia e a Nošovice nella Repubblica Ceca). Se da una parte Fca avrebbe a disposizione la tecnologia necessaria per la mobilità elettrificata, dall'altra Hyundai guadagnerebbe in termini di pick-up, veicoli commerciali e quote sul mercato sud americano.
Alleanza Bmw – Mercedes
Nuovi scenari automotive non si limitano esclusivamente al futuro di Fca. La vera partita dei prossimi anni sarà giocato su
diversi campi, tutti estremamente costosi per i costruttori e dall'incerto guadagno. Il primo è il tema dell'elettrificazione,
con la volontà dei gruppi di presentare un lungo elenco di modelli a zero emissioni ma con tante incertezze sul fronte della
richiesta della clientela. L'attacco al diesel, oltre ad un aumento della CO2, ha portato molti marchi ad annunciare l'addio
al gasolio entro qualche anno ma questo comporterà importanti conseguenze. Il primo è ovviamente al maggior costo di sviluppo
dei nuovi modelli, seguito dall'inevitabile riduzione della forza lavoro. Il motivo? Su una vettura elettrica il numero di
componenti è minore, quindi servono meno operai. Altro punto riguarda gli investimenti sul fronte della connettività e della
guida autonoma, difficilmente ammortizzabili da un solo marchio. Per questo motivo due storici rivali come Daimler e Bmw hanno
annunciato una forte collaborazione in materia di car sharing e di autonomous drive. I due marchi potrebbero andare oltre,
progettando insieme elettriche compatte con prezzi inferiori ai 30.000 euro e volumi previsti per il prossimo decennio di
500.000 auto all'anno.
La sfida è ovviamente aperta con Volkswagen, pronta a diventare leader nella produzione di auto elettriche generaliste e premium grazie ai 44 miliardi investiti per l'auto alla spina. L'ultima novità è la nascita di una piattaforma più piccola della Modular Electric Drive Toolkit (Meb) su cui verranno prodotti modelli sotto i quattro metri di lunghezza di diversi marchi, tra cui Seat. L'obiettivo della nuova piattaforma è quello di sviluppare vetture elettriche con prezzi di ingresso inferiori ai 20.000 Euro.
Geely, 50% di Smart e novità per il futuro
Smart diventa metà cinese. Infatti Daimler ha annunciato un'alleanza con la cinese Geely. per produrre insieme in Cina nel
2022 la prossima generazione di automobili del suo marchio Smart. Geely, il cui proprietario, il magnate Li Shufu, è il principale
azionista di Daimler dal febbraio 2018, e il gruppo tedesco «costituiranno una joint venture paritetica» per consentire «l'espansione
di Smart» come «marchio puramente elettrico», ha affermato Daimler in una dichiarazione. Annunciato come brand esclusivamente
elettrico dal 2020, la produzione in Cina per Smart potrebbe essere una vera e propria svolta sul fronte delle vendite. Infatti
il paese asiatico è già oggi il più grande mercato per i veicoli elettrici al mondo. Oltre a Smart, Geely è alle spalle del
successo di Volvo (comprato da Ford nel 2010) e della nascita e crescita del marchio elettrificato Polestar. Le novità potrebbero
però arrivare da una maggiore condivisione con Daimler, in particolar modo sui veicoli commerciali pesanti.
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