Chi guida paga. È quel che accade negli incidenti stradali che coinvolgono autisti e pedoni. Per i conducenti è infatti molto difficile (se non impossibile), stando alle norme e alla giurisprudenza della Cassazione, riuscire a liberarsi della presunzione di responsabilità di avere causato l’incidente e, di conseguenza, dell’obbligo di risarcire il danno.
Questo perché nel nostro ordinamento la guida di un veicolo è considerata un’attività pericolosa, nel senso che la circolazione stradale costituisce una fonte statistica molto elevata di danno alle persone.
Presunzione di colpa
La conduzione in sicurezza di un veicolo, senza cioè creare pericolo per l’incolumità degli altri utenti della strada, è un elemento essenziale di convivenza civile, al punto che la legge attribuisce a chi si pone alla guida di un veicolo quella che è definita una «presunzione di responsabilità» per i danni causati ai terzi.
La presunzione di colpa è un meccanismo che “semplifica” la ricerca del colpevole di un danno causato alle persone o alle cose. La legge infatti pone la responsabilità a carico di un determinato soggetto che, per liberarsi della colpa, deve dimostrare di essere esente da ogni censura, provando che il danno lamentato dalla vittima non sia per nulla a lui attribuibile, ma sia, ad esempio, frutto di un evento accidentale o attribuibile, per colpa, al danneggiato.
Nella circolazione stradale la presunzione di colpa è prevista dall’articolo 2054 del Codice civile che, al comma 1, recita: «Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno». Quindi, in base al meccanismo della presunzione di colpa, ogni volta che il conducente del veicolo non riesce a fornire la prova liberatoria, la responsabilità gli viene attribuita automaticamente.
La legge ha così creato un sistema di tutela preferenziale per le parti deboli della circolazione stradale, principalmente pedoni e trasportati. Si tratta di un indirizzo confermato dalla giurisprudenza. Come ha fatto la sentenza 5399 del 5 marzo 2013 della Cassazione, che ha riconosciuto la responsabilità concorrente del conducente dell’auto anche in un caso in cui il pedone è stato investito mentre attraversava la strada in un punto privo di strisce pedonali, senza dare la precedenza ai veicoli che sopraggiungevano e camminando «distrattamente». Secondo i giudici, infatti, può comunque sussistere una concorrente responsabilità del conducente se emerge che quest’ultimo viaggiava a una velocità eccessiva o non adeguata alle circostanze di tempo e di luogo o se comunque ha tenuto una condotta non prudente.
Si pensi anche alle casistiche che possono derivare dall’uso sempre più frequente di smartphone e palmari, che costituiscono un fattore di distrazione ulteriore.
Scontro tra veicoli
Quando invece l’incidente stradale vede coinvolti due o più veicoli, l’articolo 2054, comma 2, del Codice civile estende la stessa presunzione di responsabilità a tutti conducenti dei veicoli venuti a collisione, i quali quindi sono ritenuti parimenti responsabili «fino a prova contraria», cioè fino alla dimostrazione che la colpa sia da ascrivere in via esclusiva a un conducente piuttosto che a un altro.
Così, ad esempio, come ha chiarito la Cassazione con la sentenza 18479 del 21 settembre 2015, non basta che il conducente di un veicolo abbia impegnato una intersezione stradale senza rispettare il segnale di precedenza, perché anche l’altro automobilista coinvolto dovrà a sua volta dimostrare di avere tenuto una condotta esente da rimprovero, ad esempio di avere a sua volta rispettato i limiti di velocità e le norme di generale prudenza.
L’istituto della presunzione di responsabilità è in sostanza una regola basilare nei capisaldi della convivenza civile. Chi si mette alla guida di un mezzo che ha potenzialità lesive elevate come un veicolo di massa imponente e dalle prestazioni sempre più tecnicamente elevate, deve farlo con quel particolare onere di diligenza e prudenza nella consapevolezza di poter procurare danno alle altre persone.
È lo stesso principio al quale si ispira anche la legge 41/2016, che ha introdotto il reato di omicidio stradale per richiamare gli automobilisti a un preciso onere comportamentale finalizzato a preservare la salute degli altri utenti della strada.
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