
La Commissione europea congela il primo schema di decreto legislativo del governo italiano sull’obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento di produzione degli alimenti, l’Italia si ravvede e ne presenta un secondo, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, che comprende i prodotti trasformati preimballati ed esclude quelli imballati, sostanzialmente per la vendita diretta. E rimodula l’ammontare delle sanzioni. Si riapre quindi la partita a Bruxelles per il via libera.
Dall’inizio: nei Paesi Ue dal 13 dicembre 2014 si applica il regolamento n. 1169/2011 che, contrariamente al passato, fa venire meno l’obbligo di indicare nelle etichette dei prodotti alimentari preconfezionati la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento. In questo quadro è partito in Italia un dibattito sulla necessità della reintroduzione dell’obbligo per assicurare un’ampia tracciabilità dei prodotti alimentari. Dalla platea dei prodotti sono esclusi i prodotti a base di carne e i lattiero caseari che riportano obbligatoriamente la bollatura sanitaria.
Il ministero delle Politiche agricole motiva la necessità dell’indicazione dello stabilimento per gli aspetti connessi alla tutela della salute pubblica non solo al fine di garantire una corretta informazione al consumatore, ma anche per assicurare una più efficace tutela della salute, grazie all’immediata rintracciabilità dell’alimento.
Di questo ne sono convinti pressoché tutti, compresi gli industriali che però obiettano sul disallineameno competitivo del provvedimento: l’obbligo infatti scatterà solo per chi produce o confeziona in Italia ed esclude i player con stabilimento all’estero ma commercialmente operanti anche nel nostro Paese. Quali sono i prodotti non trasformati per la Commissione? Gli ortofrutticoli di III gamma (frutta e verdure surgelate) e quelli di IV gamma (ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo) che non hanno subito alcun trattamento. Eppoi le farine e i preparati ittici congelati per fritto e per sugo che sono ottenuti tramite pulizia, taglio, assemblaggio di prodotti ittici freschi e decongelati. Sono trasformati invece gli oli.
Nella relazione illustrativa del nuovo decreto legislativo italiano si specifica che
sul provvedimento notificato il 4 aprile scorso «la Commissione europea ha espresso un parere circostanziato in data 3 luglio 2017, evidenziando la non conformità dello schema di decreto con il regolamento Ue n. 1169/2011, in quanto l’inserimento della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento nell’etichetta di tutti gli alimenti non fa parte dei requisiti obbligatori definiti all’articolo 9, paragrafo 1, del citato regolamento».
Per questo si è deciso di ritirare la notifica, correggerla e ri-notificarla lo scorso 3 agosto.
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