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Spesometro, manovra e fisco «buono» per svoltare

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Spesometro, manovra e fisco «buono» per svoltare

Si chiudono oggi le due regolarizzazioni su liti tributarie e capitali all’estero, ma non si chiude il calvario fiscale che imprese e professionisti stanno sopportando. Molti operatori sono ancora alle prese con lo spesometro, il vero incubo di queste settimane, tra oggettive difficoltà nella raccolta e nel confezionamento dei dati, blocchi del sistema informatico, buchi nella privacy, termini ballerini e regime sanzionatorio ancora piuttosto vago. Se non che, tanto per non farsi mancare nulla, l’agenzia delle Entrate ha anche cominciato a inviare le lettere con cui chiede il pagamento dell’Iva sul primo trimestre 2017 ai contribuenti che erano già stati “allertati” nel mese di luglio. Tutto legittimo, s’intende, ma il tempismo non sembra proprio azzeccato, perché in molti casi le nuove lettere si traducono in ulteriori adempimenti (non proprio spontanei) che si intrufolano in un’agenda “ordinaria” già di per sé molto affollata.

Come sempre, però, anche nei periodi bui bisogna avere la forza di guardare avanti. Specie ora che, tra spesometri e inviti a pagare, si avvicina una manovra finanziaria che come nelle migliori tradizioni riserverà un’attenzione non secondaria a tasse e imposte. In effetti, nella legge di Bilancio ci sarà molto fisco. Ci saranno le agevolazioni per gli investimenti innovativi di Industria 4.0, gli interventi per l’occupazione giovanile (che alla componente di sgravio contributivo ne affiancherà altre di segno tributario) e ci sarà il sostegno al reddito delle famiglie più povere.

Però il pacchetto-fisco all’interno della manovra, o in un decreto collegato, si annuncia assai più corposo. Il che, visto il clima, non necessariamente suona come una buona notizia. Anzi, diciamo che non sarà una buona notizia se sarà replicato il copione che ben conosciamo, nel quale la leva fiscale finisce per essere maneggiata guardando principalmente alle esigenze della “cassa” (magari cavalcando un po’ anche la bandiera del contrasto all’evasione e all’elusione) e pensando meno alla necessità di restituire un briciolo di efficienza e razionalità a un sistema che vive in questi mesi una fase decisamente critica.

Il punto è che le indicazioni e le anticipazioni che filtrano in queste ore non sembrano sempre rispondere in modo chiaro alla necessità di voltare pagina. E molte delle norme in arrivo serviranno (solo) a garantire gettito – saranno importi significativi, visto che due terzi delle risorse della manovra arriveranno dalle entrate – per coprire altre spese, inclusa ovviamente l’opportuna sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, che valgono circa 15,7 miliardi di euro.

Si parla di riaperture e riedizioni delle sanatorie in corso, a partire da quella sulla rottamazione delle cartelle di Equitalia e di quella per la definizione delle liti fiscali, che oggi - come accennato - raggiunge la sua prima scadenza naturale. Sulla voluntary disclosure, pure in chiusura oggi ma con ambizioni ridimensionate - l’aggiornamento del Def riduce da 1,6 miliardi a 850 milioni gli incassi attesi - appare più difficile fare previsioni, se non altro perché le voci di un’operazione finalizzata all’emersione del contante (subito smentite) hanno trovato parecchi nemici.

Ci sarà un nuovo calendario degli adempimenti fiscali, questo è abbastanza scontato, visto il caos che si è verificato quest’anno con continui accavallamenti, spostamenti e rinvii. Ci sarà – si spera – un ripensamento significativo sullo spesometro e vedremo in che direzione. Ma ovviamente non si può immaginare che questi interventi, per quanto importanti e indispensabili, possano esaurire le reali necessità di semplificazione.

Così, qua e là, si sente parlare di correzioni alle regole sul riporto delle perdite, di modifiche al regime di cassa che insieme all’Iri (peraltro, che fine ha fatto? ha avuto successo?) è stato un pezzo importante della manovra di quest’anno. Si annuncia una nuova edizione dell’assegnazione dei beni ai soci e anche l’avvio della fatturazione elettronica tra privati, vedremo con quale intensità, e vedremo anche con quali garanzie si risponderà a chi, dopo le vicende legate allo spesometro, chiederà tutele solide sul fronte della privacy. Ma non è tutto: all’orizzonte c’è un ulteriore ampliamento dello split payment, ovvero il meccanismo che trasforma l’Iva a credito di molti contribuenti in un prestito forzoso allo Stato. E poco conta se, come sembra, questa nuova stretta sarà accompagnata dall’impegno a velocizzare ancora i rimborsi Iva, perché contestualmente si profila anche un’ennesima chiusura sulle compensazioni.

Insomma, per il momento i segnali che consentirebbero di uscire dalle sabbie mobili fiscali sono piuttosto flebili, ma ovviamente c’è ancora tempo per rimediare. Peraltro, anche guardando alla parte “buona” del pacchetto fiscale, si dovranno dissipare in fretta le incognite circolate in questi giorni sugli incentivi alle imprese, considerato che ci sarà certamente la conferma dell’ammortamento nella versione “iper”, deduzione al 250% per i beni digitali di Industria 4.0, ma qualche scricchiolio si sente sulla versione “maxi”, deduzione al 140%, che potrebbe essere alleggerito se non addirittura completamente cancellato.

Nei giorni scorsi, Il Sole 24 Ore ha più volte ribadito l’urgenza di un cambio di passo in chiave semplificazione che le vicende degli ultimi mesi ha reso non più rinviabile.

Serve uno sforzo. L’errore più grande che si potrebbe fare in questo momento, tra una complicata legge di Bilancio e l’imminente campagna elettorale, è di considerare impossibile un coraggioso intervento di manutenzione sul sistema fiscale, che sia minimamente significativo. Gli esperti del Sole 24 Ore hanno fornito molti spunti, altri sono stati a più riprese elencati e ribaditi da categorie e associazioni. Certo, bisogna riconoscere che non sempre si tratta di interventi così facili da realizzare: non si riesce a farlo a inizio legislatura, figuriamoci alla fine.

Vero. Ma se realmente si hanno a cuore le sorti del sistema fiscale, qualcosa si deve fare. E non si deve cedere a una sorta di “rassegnazione fiscale”: governo, ministero dell’Economia e agenzia delle Entrate (per ciò che le compete) sono chiamati a un impegno straordinario per mettere ordine tra le possibilità di intervento e valutare quali possano essere realizzate subito, recuperando anche lo spirito smarrito dello Statuto dei diritti del contribuente.

Non illudiamoci. Non sarà semplice ottenere qualche risultato. Dietro queste misure – a volte piccole modifiche a regole e adempimenti ignoti ai più – non ci sono voti da prendere, non c’è consenso da incassare, non ci sono annunci da fare in diretta al Tg delle 20. Come molti addetti ai lavori amano ricordare, il fisco quasi mai è “sexy”. Lo è quando ci sono aliquote da tagliare, tasse da abolire, mance da elargire, non commi o sottocommi da cambiare. Ma è un errore: spesso semplificazioni e certezza del diritto valgono almeno tanto quanto il taglio di una tassa.

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