Ottomila famiglie, 24mila imprese, 17mila lavoratori, per un valore di circa 12 milioni di euro versati. È questo il primo bilancio dei “nuovi” voucher per il lavoro occasionale a tre mesi dall’avvio della piattaforma informatica dell’Inps.
Anche se rispetto al primissimo monitoraggio dell’Inps del 29 agosto gli utenti registrati sono passati da 27mila a 49mila, si tratta comunque di numeri distanti anni luce rispetto a quelli dei vecchi “tagliandi” abrogati il 17 marzo 2017. Mettendo sotto la lente lo stesso periodo del 2016 - mesi di luglio, agosto e settembre - si registrano infatti oltre 36 milioni di buoni venduti, per un valore di 360 milioni di euro e una stima di circa 400mila lavoratori coinvolti (su un totale di quasi 1,8 milioni riferita all’intero anno).
Una stretta evidente rispetto al passato: il nuovo sistema ha mandato in soffitta il tagliando cartaceo e ha creato un doppio binario per famiglie e imprese, con sanzioni salate in caso di violazioni.
Vincoli da monitorare
L’intento nobile di scongiurare gli abusi ha però sortito un nuovo quadro di regole per chi vuole utilizzare il libretto famiglia e il contratto di prestazione occasionale, che appare macchinoso con un labirinto di passaggi, che poco si conciliano con l’utilizzo “spiccio” che dovrebbe, invece, caratterizzare queste prestazioni.
Partiamo dai vincoli. Un primo limite circoscrive la platea delle imprese a quelle fino a 5 dipendenti. Un secondo blocco stabilisce che in agricoltura si possono impiegare solo pensionati, studenti under 25, disoccupati e percettori di prestazioni di sostegno del reddito. Semaforo rosso, poi, per le imprese dell’edilizia e settori affini e per appalti di opere e di servizi. E ancora: le famiglie possono chiedere piccoli lavori domestici, assistenza a bambini, anziani, malati e disabili, ripetizioni scolastiche. La Pa vi può accedere, ma solo con progetti speciali, mentre restano escluse attività, come quella dei “nonni vigili”, che prima venivano pagate dai Comuni con i voucher.
Ci sono, poi, dei tetti alle ore lavorate - 280 all’anno - e agli importi - 5mila euro totali, 2.500 nei rapporti tra stesso prestatore e stesso utilizzatore. Per le imprese il compenso giornaliero non può essere inferiore a 36 euro e quello orario non al di sotto dei 9 euro netti (8 euro netti per le famiglie). In agricoltura sono fissati tre diversi compensi minimi a seconda dell’area professionale.
I tempi della procedura
Ma non è solo una questione di paletti normativi. Anche la procedura non è del tutto immediata. Identificazione, registrazione, deposito della provvista, denuncia/comunicazione, consuntivazione, e così via: sono questi gli adempimenti richiesti.
La piattaforma web per attivare i contratti si è aperta il 10 luglio sul sito dell’Inps: per registrarsi è indispensabile il Pin Inps, o in alternativa le credenziali della Spid o Carta nazionale dei servizi. In tanti non hanno il Pin e questo ha rallentato inevitabilmente i tempi, almeno fino alla fine di luglio, quando è stato attivato il canale di patronati e intermediari abilitati che possono supportare gli utenti nelle varie operazioni.
In pratica, i committenti – famiglie, imprese, autonomi, professionisti, Pa – devono aprire una specie di conto dove accumulare la “provvista” per pagare le prestazioni occasionali. I versamenti finora effettuati sfiorano i 12 milioni di euro (11,9 milioni al 4 ottobre 2017, secondo i dati forniti dall’Inps al Sole 24 Ore): 1,2 milioni per il libretto famiglia e 10,7 per il contratto di prestazione occasionale (utilizzabile da aziende, liberi professionisti, associazioni ed altri enti).
Le somme versate però non sono immediatamente utilizzabili: l’Inps ha comunicato che ci vogliono 9-10 giorni dal momento del pagamento per renderle disponibili e poter attivare le prestazioni. Viene così meno la rapidità d’impiego dei voucher. Pensiamo a chi deve assumere in tempi brevi un lavoratore, ad esempio nel fine settimana: per procedere dovrebbe partire almeno dieci giorni prima con tutti gli adempimenti.
Ma anche per i “prestatori” i tempi non sono brevi. Alla piattaforma digitale si sono finora registrati quasi 17mila lavoratori occasionali, ai quali l’Inps accredita(sempre via web) i compensi e inoltra i contributi assicurativi all’Inail, oltre a trattenere i costi di gestione. Di questi, 1.864 hanno lavorato per le famiglie per un totale di 17mila giorni e compensi netti per circa 526mila euro. In media 9 giorni di lavoro e circa 300 euro di compenso netto per lavoratore.
La quota maggiore, invece, ha lavorato per le imprese: 14.800 ”prestatori” per 93mila giorni di lavoro e compensi totali netti di 4,5 milioni.
I pagamenti avvengono il 15 del mese successivo (10.890 i prestatori pagati a ottobre, per 2,2 milioni di euro), con accredito delle somme su conto corrente bancario/postale, libretto postale, carta di credito o tramite bonifico domiciliato che si può incassare in Posta.
I primi dati sull’utilizzo dei nuovi voucher, insomma, sono lo specchio di un iter molto più articolato rispetto a quello richiesto per i vecchi buoni che si potevano acquistare dal tabaccaio.
Il rischio «sommerso»
Ma dove sono finiti i lavoratori che in precedenza venivano impiegati con i vecchi voucher? Una parte può essere rintracciata tra gli assunti a tempo determinato, dove appare significativo l’incremento dei contratti di somministrazione (+20,4% secondo l’Inps) e ancor più quello dei contratti a chiamata che, con riferimento all’arco temporale gennaio-luglio, sono passati da 112mila (2016) a 251mila (2017), con un aumento del 124,7%. Tutto questo, però, non basta a scacciare il timore che una parte dei “vecchi voucheristi” sia tornata al sommerso.
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