Dal 2018 al padre lavoratore spettano quattro giornate di congedo obbligatorio, e una di congedo facoltativo. L’articolo 1, comma 354, della legge 232/2016 (legge di Bilancio 2017) ha infatti innalzato, a partire da quest’anno, da due a quattro i giorni di congedo obbligatorio, nonché ripristinato il congedo facoltativo di un giorno da fruire in alternativa alla madre, congedo che non era stato prorogato per il 2017.
Il congedo obbligatorio è un diritto autonomo del genitore padre, cioè non derivato dalla madre, in ragione del quale il dipendente ha diritto/obbligo di assentarsi (per 4 giorni dal 2018, anche non continuativi), entro i 5 mesi dalla nascita ovvero dall’ingresso del figlio adottivo/affidatario in famiglia.
Secondo quanto scrive l’Inps, per gli eventi avvenuti nel 2017, i cui congedi sono fruibili anche nel 2018 (cioè a cavallo tra i due anni), continuano ad applicarsi le vecchie regole e cioè solo due giorni di congedo obbligatorio.
A differenza della disciplina del congedo di maternità, che sanziona penalmente la mancata astensione obbligatoria della madre, le norme in favore del padre non prevedono alcuna sanzione specifica a carico del datore di lavoro nel caso in cui tale congedo non sia fruito, anche perché il datore potrebbe non essere a conoscenza della sopravvenuta paternità.
Il congedo facoltativo, invece, inizialmente pari a 2 giorni e poi ridotto a una giornata dal 2018, rappresenta un diritto derivato dalla madre, in quanto viene fruito, sempre entro 5 mesi dalla nascita/ingresso del figlio, in alternativa alla madre che espressamente deve rinunciare a un giorno di congedo di maternità. I relativi trattamenti economici, pari al 100% della retribuzione sono a carico dell’Inps, ma anticipati dal datore di lavoro che li recupera conguagliandoli nel flusso uniemens.
Il dipendente deve presentare la domanda solo al datore di lavoro, e non anche all’Inps, con un preavviso di almeno 15 giorni (rispetto alla data presunta), allegando per il solo congedo facoltativo anche la dichiarazione della madre che rinuncia al corrispondente periodo di congedo di maternità (la medesima dichiarazione deve essere trasmessa al datore di lavoro di quest’ultima). Tutti i dati relativi al congedo sono comunicati all’Inps attraverso il flusso uniemens.
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