Si è svolta alla Corte di giustizia dell'Unione europea la trattazione orale della causa pregiudiziale introdotta dalla Commissione tributaria provinciale (Ctp) di Reggio Calabria sugli studi di settore.
Nel 2014, l'agenzia delle Entrate ha contestato alcune irregolarità nella dichiarazione dei redditi della signora F.S.F. per l'anno 2010 e ne ha rettificato i redditi, aumentandoli da 10.574 euro a 22.381 euro. Questa correzione ha comportato un aumento delle imposte dovute, tra cui l'Iva.
L'agenzia delle Entrate ha effettuato il predetto adeguamento dei redditi della contribuente applicando un sistema di controllo noto in Italia come “studio di settore”, introdotto dal decreto legge n. 331/1993 (convertito in legge n. 427/1993) e costituito da un sistema induttivo per il calcolo del reddito che può potenzialmente essere realizzato in un determinato settore di attività. Pertanto, a seguito di uno studio sulle caratteristiche qualitative e quantitative delle diverse attività economiche, questo sistema consente, in primo luogo, di raggruppare in un unico settore tutti i professionisti che esercitano un'attività simile; in secondo luogo, di delimitare, entro ogni settore, dei sottogruppi (clusters); infine, di realizzare, mediante un calcolo statistico di natura induttiva, una stima del reddito realizzabile in ciascun cluster.
Nel caso di specie, a seguito dei controlli effettuati sulla natura delle attività effettivamente svolte dalla signora F. nel corso dell'anno 2010, l'agenzia delle Entrate l'ha spostata dal cluster 7 (consulenti del lavoro) al cluster 9 (esperti contabili). Di conseguenza, le entrate della signora F. per l'anno 2010 sono state ricalcolate in modo da tenere conto solamente del presunto fatturato corrispondente alle attività che rientrano nel cluster 9 mentre non è stata attribuita alcuna importanza al numero effettivo delle prestazioni effettuate dalla contribuente nel periodo coperto dalla verifica.
La signora F. ha impugnato tale decisione dell'agenzia delle Entrate davanti alla Ctp territorialmente competente, facendo valere una serie di motivi e lamentando, tra l'altro, l'illegittimità del sistema degli “studi di settore”.
La Ctp ha deciso di sollevare davanti alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale, chiedendo, in sostanza, se la normativa sugli studi di settore sia conforme al diritto dell'Unione (in particolare alla direttiva 2006/112/Ce relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto), nella misura in cui consente l'applicazione dell'Iva a un fatturato complessivo calcolato induttivamente, in (possibile) violazione della regola di detrazione e, più in generale, del principio di neutralità fiscale. Per la professionista, il fatto di determinare l'Iva da pagare sulla base di utili calcolati in modo induttivo senza alcun riferimento alle prestazioni effettivamente corrisposte non garantisce l'applicazione del sistema di detrazione previsto dalla direttiva, secondo cui il soggetto passivo può detrarre dall'ammontare dell'Iva dovuta l'importo dell'Iva pagata per ottenere i beni e i servizi utilizzati ai fini delle operazioni soggette all'imposta.
© Riproduzione riservata