È da vent’anni che si parla di “telepass europeo” e dal 2004 c’è anche una direttiva che lo prevede, attuata cinque anni dopo con una decisione della Commissione Ue (la 2009/750). Ma ancora adesso il telepedaggio è una realtà limitata ai mezzi pesanti e solo in alcuni Paesi (si veda la scheda). Così la Ue sta preparando una rifusione della direttiva 2004/52, che dovrebbe arrivare in porto entro l’anno e mira a diffondere i metodi per pagare senza fermarsi ai caselli tenendone bassi i costi e a facilitare per i gestori il recupero dei pedaggi non pagati anche quando il debitore è straniero. Nel pacchetto ci sono anche modifiche al sistema dell’Eurovignette per i veicoli pesanti.
Per tenere bassi i costi del telepedaggio, dovrebbe prevalere la linea che include tra gli apparati abilitati al pagamento su scala europea anche quelli attuali a microonde, tra cui è leader l’italiano Telepass che attualmente funziona (sia pure a certe condizioni) in otto Paesi. La questione è delicata, anche perché ha risvolti industriali notevoli, dato il giro d’affari.
La Commissione europea, nel testo della rifusione che aveva inviato al Parlamento Ue, ha stralciato l’elenco degli apparati abilitati al telepedaggio, in modo che potesse essere modificato in qualunque momento senza passare per il meccanismo di codecisione tra il Parlamento stesso e il Consiglio. Ora quel testo è stato modificato dal relatore al Parlamento, l’italiano Massimiliano Salini, reinserendo l’elenco degli apparati nel corpo della direttiva, in modo da ripristinare la codecisione se si vorrà modificarlo. Attualmente l’elenco è aperto a tre opzioni: oltre agli apparati a microonde, ci sono quelli Gsm e i costosi satellitari.
Modifiche sono ancora possibili: tra una settimana (il 20 febbraio) scade il termine per la presentazione degli emendamenti. Il dibattito su quelli che saranno proposti è previsto per il 24 aprile. Il dossier sarà poi votato il 15 maggio in commissione Trasporti per poi essere licenziato a luglio in sessione plenaria a Strasburgo. Quindi toccherà al trilogo fra Parlamento, Commissione e Consiglio, che ha durata variabile (da una a tre-quattro sedute). Verosimilmente il tutto si concluderà in autunno, di certo entro fine 2018: la procedura è lunga, ma al momento non ci sono ostacoli sostanziali né si teme che la partita dei pedaggi possa incrociarsi con altre più importanti e suscettibili di far saltare o variare gli accordi politici.
Altro punto qualificante è il recupero dei pedaggi non pagati da stranieri. Il testo prevede un meccanismo analogo a quello delle sanzioni per le infrazioni stradali ritenute più gravi: collegamenti telematici tra gli Stati per rintracciare direttamente i proprietari di veicoli immatricolati all’estero e così notificare loro la richiesta di pagamento.
Quanto all’Eurovignette, si cerca di definire criteri di tariffazione più omogenei di quelli attuali, orientandoli verso i princìpi del «chi usa paga» e del «chi inquina paga». Dunque, pedaggi proporzionali alla distanza percorsa, abbandonando quelli forfetari che prevedono una cifra fissa per un determinato periodo (da pochi giorni a un anno intero). Ma i Paesi dell’Est vorrebbero mantenere anche quest’ultimo criterio.
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