Questa settimana il Parlamento Ue approverà le direttive su “telepass europeo”, pedaggi per i mezzi pesanti (eurovignette) e antidumping sociale nell’autotrasporto. Tre pezzi importanti del mobility package, avviato un anno fa dalla Commissione Ue.
Ma solo la prima pare destinata a passare senza problemi, nella seduta plenaria in corso da ieri pomeriggio: negli ultimi tre mesi, è stato trovato un accordo sui punti che erano ancora controversi (si veda Il Sole 24 Ore del 13 febbraio), tanto che già a fine giugno potrebbe iniziare il trilogo finale tra Parlamento, Commissione e Consiglio europei. Nel testo in uscita dal Parlamento ci sono alcune novità.
Sulle altre proposte di direttiva ci sono contrasti, che almeno nel caso del dumping potrebbero far saltare il rispettivo trilogo: tra un anno scade la legislatura, quindi si rischia di non avere tempo per trovare un accordo e in casi del genere spesso si evita di cominciare la discussione. A quel punto, il testo che sta per essere votato dall’attuale Parlamento diverrebbe la base su cui il prossimo dovrebbe avviare il trilogo.
Il contrasto più profondo è quello tra i Paesi fondatori e quelli dell’Est sulla direttiva antidumping nell'autotrasporto. All’Est nessuno vuole rinunciare al vantaggio competitivo che deriva dalle paghe più basse degli autisti e su questo si è coagulata una maggioranza perché dopo l’allargamento della Ue il peso dei Stati fondatori è relativo. Così la settimana scorsa in commissione Trasporti non si è riusciti a far passare la proposta di applicare anche all’autotrasporto le regole generali sul distacco dei lavoratori, secondo cui nei giorni di attività all’estero la remunerazione è determinata con i criteri in vigore nei Paesi in cui la prestazione è svolta. Quindi nel cabotaggio (trasporto all’estero effettuato al ritorno da una tratta internazionale) dovrebbero continuare a valere le paghe del Paese di provenienza e i vettori dell’Est resterebbero imbattibili quanto a competitività.
Poco efficaci sarebbero i nuovi limiti che la proposta di direttiva pone al cabotaggio (permanenza in uno Stato estero per non più di 48 ore): «Per anni il loro rispetto resterà rimesso a controlli di polizia spesso eludibili come quelli su strada - spiega Maurizio Diamante, segretario nazionale Logistica della Fit-Cisl -. Infatti, la nuova norma introduce sì il cronotachigrafo “intelligente”, che ogni tre ore rileva la posizione del mezzo consentendo di verificare anche a posteriori se è rientrato in patria entro il tempo consentito, ma ne rinvia al 2030 l’adozione generalizzata». Senza contare che il cabotaggio illegale verrebbe favorito dall’allentamento dei vincoli sui tempi di riposo (si veda Il Sole 24 Ore del 6 giugno).
Per questi motivi stamattina gli europarlamentari dei Paesi più penalizzati (come Italia, Germania, Francia e Belgio) cercheranno di raggiungere il quorum per far revocare il mandato votato la settimana scorsa in commissione, in base al quale la direttiva verrebbe approvata dall’assemblea plenaria senza nemmeno essere votato. Ma comunque l’esito della votazione che ne conseguirebbe non cambierebbe le cose, perché il “blocco dell’Est” ha i numeri per approvare la direttiva così com’è uscita dalla commissione.
I contrasti sulla proposta di direttiva che introdurrebbe pedaggi per i mezzi pesanti anche sulla viabilità ordinaria riguardano il principio di determinazione della tariffa. I Paesi dell’Est vorrebbero restare ancorati al criterio forfettario, che consente ai loro camion di circolare senza limiti di chilometraggio. Gli altri Stati sono più favorevoli a criteri del tipo “chi usa paga” e “chi inquina paga”. Molto si gioca sul concetto di “costi esterni” che il trasporto dovrebbe pagare per “compensare” le sue esternalità negative. L’operazione che si sta tentando è quella di creare con essi un gettito in qualche modo reinvestibile in un modo che crei vantaggi anche per il sistema dei trasporti.
Così l’unico punto del mobility package che sinora sembra destinato ad arrivare in porto è quello del telepedaggio, cioè la rifusione della direttiva 2004/52 che dovrebbe ampliare il modo di pagare l’autostrada con sistemi tipo telepass anche all’estero. È stato trovato un compromesso sui punti che fino a qualche mese fa erano ancora controversi (si veda Il Sole 24 Ore del 13 febbraio) e già a fine giugno dovrebbe iniziare il trilogo.
Il più importante è l’elenco dei tipi di apparecchiature utilizzabili: dopo un tentativo della Commissione Ue di stralciarlo dalla direttiva per poterlo modificare più facilmente, il Parlamento lo ha riportato nel testo, cosa che implica un iter più complesso per modificarlo. La conseguenza pratica sarà che i sistemi attuali che prevedono la presenza di un apparecchio a bordo (quelli a microonde tra cui l’italiano Telepass attuale leader di mercato, quelli con Gsm e i satellitari) non saranno soppiantati rapidamente da quelli basati sulla semplice lettura della targa (Npr), che permettono l’esazione senza caselli (free flow, che elimina i rallentamenti dovuti al pagamento). Nell’elenco votato dal Parlamento, gli Npr sono previsti, ma la loro adozione è subordinata a una valutazione di costi e benefici. «Occorre che il progresso sia applicato gradualmente – dice il relatore della nuova direttiva, l’italiano Massimiliano Salini -. Il caso della Pedemontana lombarda, dove c’è il free flow, dimostra che il tasso di mancati pagamenti è molto superiore alla media. Segno che prima occorre costruire un sistema capillare per rendere disponibile a tutti un mezzo di pagamento e illustrarlo efficacemente al pubblico».
L’obiettivo principale della nuova direttiva è una reale diffusione del telepedaggio in Europa, finora ostacolata dalle attuali regole che richiedono a ciascun operatore di coprire tutto il territorio Ue in appena 24 mesi. Il nuovo testo lascia 36 mesi di tempo per coprire appena quattro Stati, in uno solo dei quali l’operatore dovrà completare la copertura in 24 mesi. Da questo calcolo è escluso l’utilizzo dei sistemi di telepedaggio per l’accesso in aree urbane a pagamento: la nuova direttiva comprende ora anche questo uso, ma solo se l’ente locale interessato lo richiede e comunque non lo considera ai fini del completamento della copertura territoriale. «Diversamente – spiega Salini – la diffusione del telepedaggio sarebbe rimasta impossibile».
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