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Pensioni a quota 100, i requisiti penalizzano le donne

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Pensioni a quota 100, i requisiti penalizzano le donne

La manovra del Governo sulle pensioni? Tutta (o quasi) a vantaggio degli uomini. La quota 100, cavallo di battaglia dell’anima leghista del governo gialloverde, richiede una dose “robusta” di contributi che difficilmente le lavoratrici riescono a maturare al compimento dei 62 anni, mentre l’opzione donna – prevista dal contratto di Governo per le lavoratrici con 57-58 anni di contributi e 35 anni di età – sembra per ora essere caduta nel dimenticatoio, anche se secondo le ultimi indiscrezioni si potrebbe allungare la sperimentazione fino al 2021.

In ogni caso la principale misura previdenziale dovrebbe essere a vantaggio degli uomini, residenti in prevalenza al Nord e con una buona fetta di dipendenti del settore pubblico.

GUARDA IL VIDEO / Pensioni «quota 100» : la carica dei 660mila potenziali beneficiari. Ecco l’identikit

Quota cento solo per uomini
La quota 100 – che dovrebbe partire a gennaio 2019 – sarà limitata a chi nel 2019 avrà 62 anni di età e 38 anni di contributi. A suggerire che dovrebbero essere principalmente appannaggio degli uomini sono le ultime statistiche pubblicate dall'Inps sull’identikit dei pensionati.

Se consideriamo lo stock dei titolari di pensione, su 9,3 milioni di assegni della gestione previdenziale Inps, 5,2 milioni sono destinate a uomini e 4,1 a donne, con una leggera prevalenza maschile. Le donne però riescono a guadagnare il diritto alla pensione solo raggiungendo il limite di età previsto per la pensione di vecchiaia (che nel 2019 sarà di 67 anni), molto difficilmente prima, proprio a causa di carriere contributive discontinue.

Se restringiamo l’obiettivo solo sulle pensioni di “anzianità/anticipate” il “tasso di mascolinità” arriva al 77,5%: su un totale di 3,36 milioni, gli assegni riservati alle donne sono infatti meno di un milione.

Poche donne in pensione anticipata

Opzione donna: possibile proroga al 2021
«Prorogheremo la misura sperimentale opzione donna che permette alle lavoratrici con 57-58 anni e 35 anni di contributi di andare in quiescenza subito, optando in toto per il regime contributivo. Prorogheremo tale misura sperimentale, utilizzando le risorse disponibili». Così è scritto nel contratto di Governo tra Lega e Movimento Cinque stelle.

Nulla invece risulta dalla Nota di aggiornamento al Def, anche se nella legge di Bilancio potrebbe essere riproposta questa misura fino al 2021, con la possibilità di uscire con 57-58 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi (eventualmente alzata a 36 o 37 anni) vedendo però calcolato l’assegno interamente con il metodo contributivo, come scritto sul Sole 24 Ore.
Secondo gli ultimi dati Inps dall’inizio del 2016 sono state pagate con i requisiti di opzione donna circa 28mila pensioni per un costo di circa 120 milioni.

Occupazione femminile: italiane in forte ritardo

La difficoltà delle donne ad avere pensioni anticipate nasce dalla scarsa partecipazione femminile delle italiane al mercato del lavoro, soprattutto nelle regioni del Sud. Il tasso di occupazione delle donne è intorno al 49% nel 2017 (rispetto al 67,1% degli uomini), una media che nasconde un forte frattura territoriale: al Nord sono occupate 6 donne su dieci, al Sud appena il 32,2 per cento.

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