A quasi un anno dall’entrata in vigore della legge n. 161/2017 di modifica al Codice antimafia, il decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 (decreto sicurezza) introduce rilevanti novità su più fronti. Il decreto apporta consistenti modifiche agli articoli 35, 38 e 48 del Codice antimafia con l’obiettivo di razionalizzare ed efficientare le procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati. Il decreto sicurezza è intervenuto sul “tetto” dei tre incarichi ed il relativo obbligo per l’amministratore giudiziario di comunicazione, all’atto della nomina, del numero e tipologia degli incarichi in corso anche se conferiti da altra autorità giudiziaria o dall’Agenzia nazionale.
Il limite, che costringe il candidato a scegliere l’ente committente per il quale svolgere l’incarico, viene mitigato dal
decreto che esclude dal computo dei tre incarichi quelli già in corso in qualità di coadiutore dell’Agenzia. Il professionista
potrà quindi acquisire fino a tre incarichi dall’autorità giudiziaria, a prescindere dalle gestioni già in essere in qualità
di coadiutore dell’Agenzia.
Novità anche per la disciplina dei compiti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati
e confiscati. È stata infatti introdotta la facoltà per l’Agenzia di avvalersi, per la gestione dei beni ad essa conferiti, dell’amministratore
giudiziario già nominato dal tribunale, o un diverso professionista, purché scelto tra gli iscritti all’Albo nazionale degli
amministratori giudiziari e, per l’amministrazione di aziende sequestrate, tra gli iscritti alla sezione di esperti in gestione
aziendale.
Ma le modifiche più significative riguardano la destinazione dei beni e delle somme confiscate. Ripristinando la formulazione ante riforma 2017, si prevede, al nuovo art. 48, comma 3, che i beni immobili siano mantenuti
al patrimonio dello Stato e previa autorizzazione del Ministro dell’interno, utilizzati dall’Agenzia per finalità economiche.
Il decreto legge interviene in realtà per correggere un refuso contenuto nell’articolo 48 del codice antimafia nel quale si
faceva erroneamente riferimento al “Presidente del Consiglio dei Ministri” invece che al Ministro dell’interno. Viene anche
ampliato il novero degli Enti territoriali cui possono essere trasferiti i beni immobili confiscati ricomprendendo anche le
Città metropolitane: i beni confluiscono nel relativo patrimonio indisponibile, con ciò rendendo esplicito il vincolo che
ne preclude la sottrazione dal fine pubblico assegnato.
I beni immobili confiscati per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope
ex articolo 74 del T.U. in materia di stupefacenti sono «trasferiti prioritariamente al patrimonio indisponibile dell’ente
locale o della regione ove l’immobile è sito» (prima al solo Comune), escludendo così la possibilità di assegnare tali beni in concessione, ad associazioni, comunità o enti per il recupero di
tossicodipendenti operanti nel territorio. La ratio della modifica è da rinvenirsi nella circostanza che non tutti i beni confiscati per i reati di droga possono prestarsi
al recupero dei tossicodipendenti e che gli enti coinvolti potrebbero comunque non essere in grado di utilizzarli.
Un’altra novità è rappresentata dalla destinazione dei proventi dei beni immobili mantenuti al patrimonio dello Stato utilizzati
dall’Agenzia per finalità economiche: essi affluiscono, al Fondo Unico Giustizia, dedotte le spese, per essere versati all’apposito capitolo di entrata del bilancio
dello Stato e riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell’interno per potenziare le risorse dell’Agenzia; per
una quota fino al 30 per cento, per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa al fine di valorizzare l’apporto
del personale e incrementare l’efficienza dell’azione dell’Agenzia.
Gli immobili potranno essere anche destinati, tramite procedure ad evidenza pubblica, per incrementare l’offerta di alloggi
da cedere in locazione a soggetti in particolare condizione di disagio economico e sociale.
Riscritta anche la disciplina del delicato procedimento di vendita dei beni confiscati (co. 5,6,7). Il codice antimafia, già nella formulazione ante decreto, prevede che i beni immobili incompatibili con le finalità di pubblico interesse, sono destinati alla vendita con provvedimento dell’Agenzia, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile. La novità rilevante introdotta dal comma 5 dell’art. 48 riguarda i soggetti acquirenti dei beni confiscati. Nella precedente formulazione del co. 5 rientravano nel novero dei possibili acquirenti dei beni immobili, solo gli enti territoriali, le cooperative edilizie costituite da personale delle Forze armate o delle Forze di polizia, gli enti pubblici aventi, tra le altre finalità istituzionali, anche quella dell’investimento nel settore immobiliare, le associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie e utilità per il perseguimento dell’interesse pubblico e le fondazioni bancarie. Il decreto legge amplia la platea degli acquirenti prevedendo la possibilità di aggiudicazione al migliore offerente, pur prevedendo diverse preclusioni e cautele, tra cui il rilascio dell’informazione antimafia, per scongiurare che il bene ritorni nella disponibilità della criminalità organizzata all’esito dell’asta.
Il decreto legge introduce anche una procedura di regolarizzazione dell’immobile nei casi di irregolarità urbanistiche sanabili. L’aggiudicatario può presentare domanda di permesso in sanatoria entro 120 giorni dal trasferimento del bene a determinate
condizioni. Ciò per evitare che l’onere di proporre la relativa ricada sull’Agenzia prima della vendita. Con i nuovi commi
6 e 7 la prelazione all’acquisto prima riservata agli enti territoriali ed alle cooperative edilizie costituite da personale
delle Forze di polizia o delle Forze armate, è riconosciuta anche agli enti pubblici con funzioni nel settore immobiliare,
alle associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie ed utilità per il perseguimento dell’interesse pubblico e
alle fondazioni bancarie.
È poi prevista una specifica disciplina per la destinazione dei beni confiscati indivisi: l’Agenzia o il partecipante alla comunione possono promuovere incidente di esecuzione ex art. 666 c.p.p.. Il tribunale,
adotta gli opportuni provvedimenti per la divisione del bene. Se il bene è indivisibile, i partecipanti in buona fede possono
chiedere l’assegnazione dell’immobile e corrispondere il conguaglio ai comproprietari in base alla stima. Se l’assegnazione
è richiesta da più comunisti, il diritto all’assegnazione spetta a chi ha la quota maggiore o anche in favore di più partecipanti,
se questi la chiedono congiuntamente. Senza istanze di assegnazione si procede alla vendita a cura dell’Agenzia o, in alternativa,
all’acquisizione del bene per intero al patrimonio dello Stato: i comproprietari hanno diritto alla razione del prezzo di
stima, dedotti i creditori con diritti sul bene; infine, nel caso di acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, il tribunale
ordina il pagamento delle somme, ponendole a carico del Fondo Unico Giustizia. Qualora il quotista non dimostri la buona fede,
il suo diritto viene acquisito a titolo gratuito al patrimonio dello Stato.
Viene anche stabilita la modalità di riparto delle somme ricavate dalla vendita dei beni immobili, al netto delle spese per
la gestione e la vendita degli stessi, e che affluiscono al Fondo Unico Giustizia. Queste dovranno essere riassegnate per il 40% al Ministero dell’interno, per la tutela della sicurezza pubblica e per il
soccorso pubblico; per il 40% al Ministero della giustizia, per assicurare il funzionamento ed il potenziamento degli uffici
giudiziari e degli altri servizi istituzionali e per il restante 20% all’Agenzia (nuova destinataria), per assicurare lo sviluppo
delle proprie attività istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza pubblica, dando così maggiore
concretezza all’autonomia riconosciutale dalla legge.
Novità anche in materia di organizzazione e di organico dell’Agenzia. L’art. 110 co. 1 novellato prevede la possibilità di istituire fino a 4 sedi secondarie dell’Agenzia, che possono essere
stabilite anche in immobili non confiscati. Prima del decreto erano previste la sede principale di Roma e una sede secondaria
a Reggio Calabria. Tuttavia, di fatto, permangono le sedi di Palermo, Napoli e Milano, istituite prima dell’entrata in vigore
della legge n. 161 del 2017 e salvaguardate “fino all’adeguamento della pianta organica dell’Agenzia” dall’art. 1, comma 292,
della legge n. 205 del 2017 (abrogato peraltro dal decreto sicurezza). Alla istituzione delle ulteriori sedi secondarie potrà
provvedere l’Agenzia stessa con delibera del Consiglio direttivo, in Regioni ove sono presenti in quantità significativa beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Il bilancio preventivo e quello consultivo potranno, poi essere approvati
con delibera del Consiglio direttivo senza che sia più necessario il previo parere motivato del Comitato consultivo di indirizzo.
L’intervento in materia di organico dell’Agenzia, prevede, rispetto alla dotazione organica fissata dall’articolo 113-bis
del codice antimafia in 200 unità complessive ripartite tra le diverse qualifiche, l’introduzione di 100 unità di personale
- su un totale di 170 previste – da reclutare attraverso procedure ordinarie di mobilità e dispone che le restanti 70 unità
possano essere reclutate mediante procedure selettive pubbliche, con oneri a carico dell’Agenzia.
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