L’articolo 1138 del Codice civile dispone all’ultimo comma che «le norme del regolamento non possono vietare di possedere
o detenere animali domestici».
In sede di approvazione del testo normativo, è stato scelto il termine “domestico” a altre indicazioni, con l’intento di evitare
che si possano tenere animali esotici negli alloggi in condominio.
Nella prima stesura il riferimento era “animali da compagnia”: il regolamento del condominio non può vietare la detenzione
degli animali da compagnia. Ora si parla solo più di animali domestici, con ciò vietando la detenzione di serpenti, iguane
eccetera.
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Si pensava che con questa precisazione terminologica sarebbero cessati gli equivoci. Così non è stato. A detta della Società
Italiana Veterinari Animali Esotici (Sivae) «il legislatore ha perso l'occasione per adottare una definizione scientificamente
esatta e giuridicamente sostenibile. Utilizzando l'impropria definizione di “animali domestici”, il condominio dice sì al maiale (che è domestico) in salotto e
no al criceto (che non lo è)».
Da ciò l'osservazione che è aumentato il pericolo di liti condominiali stante l'ambiguità dell'aggettivo. Inoltre numerosi
animali rischiano così l'abbandono, secondo quanto dichiarato dall'associazione, che ricorda come il coniglio sia il terzo
animale più presente nelle case degli italiani con oltre 2 milioni di esemplari.
Ciò dimostra che il termine è improprio e che è stato assunto più nel senso comune che legale, delle disposizioni normative.
Si vedano l'esempio del furetto, che è derivato dalla selezione artificiale della puzzola europea, è scientificamente un animale
selvatico che potrebbe stare libero nei boschi ma che invece è stato “addomesticato”.
La Sivae osserva che molte specie di animali non domestici sono state dimenticate e discriminate a causa di un preconcetto:
gli animali “esotici” d'affezione sono, in quanto tali, pericolosi. Non si è tenuto conto del fatto che essi sono raramente
oggetto di liti in condominio e non hanno quasi mai creato pregiudizio per l'incolumità pubblica.
Questa definizione pare essere in contrasto con la Convenzione Europea per la Protezione degli Animali da Compagnia, ratificata
come legge dello Stato italiano e tesa a tutelare «ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall'uomo, in particolare
presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia».
Non c’è una terminologia legislativa che specifichi chi è effettivamente l'animale domestico, eliminando ogni ombra di dubbio
in merito. I riferimenti normativi che vengono in mente sono i seguenti:
• la Convenzione Europea di Strasburgo del 13 novembre 1987 definisce animale da compagnia ogni animale tenuto, o destinato
ad essere tenuto dall'uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia;
• la legge n. 281 del 14 agosto 1991 che parla di animali di affezione
• l’Accordo del 6 febbraio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplina
il benessere degli animali da compagnia.
Ma tuttora non esiste un elenco ufficiale degli animali domestici.
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