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Dossier Pedaggi autostrade, governo in ritardo sui rincari ma si punta a bloccarli

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Dossier | N. 509 articoliCircolazione stradale

Pedaggi autostrade, governo in ritardo sui rincari ma si punta a bloccarli

Apparentemente non è cambiato nulla. Nonostante l’indignazione popolare e le bellicose dichiarazioni del Governo dopo il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto, i pedaggi autostradali rincareranno come a ogni inizio anno e il Decreto interministeriale (Infrastrutture-Economia) che stabilirà di quanto arriverà solo il 31 dicembre, a poche ore dall’entrata in vigore delle nuove tariffe. Ma non è proprio così. Rispetto al passato, è cambiato almeno il numero dei protagonisti: a fine settembre il Decreto Genova ha silenziosamente esteso alle concessioni già in essere le competenze dell’Art (Autorità di regolazione dei trasporti), prima limitate a quelle nuove (pochissime).

Il tira e molla con i gestori
Va aggiunto che il Governo sta provando di limare le richieste dei gestori autostradali. Un tentativo non inedito, che in passato ha prodotto al massimo il rinvio dei rincari per qualche mese. Oppure un allungamento della scadenza delle concessioni, per diluire su un periodo più lungo i costi dovuti a nuovi investimenti significativi (gli ultimi sono quelli per la Gronda di Genova da parte di Autostrade per l’Italia e per il completamento della Asti-Cuneo da parte del gruppo Gavio), anche se c’è una controindicazione spesso taciuta: negli anni di proroga delle concessioni, i rincari verrebbero calcolati su tariffe più alte di quelle che lo Stato pattuirebbe con un nuovo gestore (che almeno teoricamente dovrebbe rilevare un’infrastruttura tenuta o rimessa a nuovo dal gestore precedente).

Trattamenti differenti (per tratte differenti)
I risultati di queste novità si potranno valutare solo quando il decreto sarà ufficializzato e non in base alle poche indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi. Si punta a bloccare tutti i rincari, tranne quelli strettamente necessari per casi particolari. Così, per esempio, potrebbero restare invariate le tariffe di Autostrade per l’Italia (Aspi), nell’occhio del ciclone da agosto per il crollo del Ponte Morandi e le conseguenti polemiche sul regime delle concessioni sbilanciato a favore dei gestori.

Comunque vada, non sarà facile trarre un giudizio complessivo dal decreto interministeriale sulle nuove tariffe, perché come sempre occorre tenere conto dei diversi regimi tariffari che convivono sulla rete italiana: ogni gestore ha un proprio accordo con lo Stato e, anche se alcuni dei regimi in vigore sono comuni a più concessionari, il più importante - Aspi - ne ha uno tutto per sé.

Tre motivi che rendono difficile il blocco
Oltre alle novità, vanno tenuti in conto i piani finanziari, che regolano l’esecuzione delle convenzioni in base agli investimenti programmati e all’incremento di traffico previsto. Molti piani sono scaduti e vanno riscritti, con i nuovi parametri su cui si sta trattando. Il ministero delle Infrastrutture, assieme all’Art, cerca di mettere ordine in tutto questo e di arrivare a un regime che tenga conto solo dell’inflazione reale e degli investimenti effettivi. Operazione difficile, fondamentalmente per tre motivi.

1. Normalmente lo Stato è tenuto a rispettare le convenzioni con i concessionari. Non solo per una generica questione di correttezza nell’esecuzione dei contratti (le convenzioni sono sostanzialmente come gli accordi fra privati), ma anche perché in Italia c’è molto bisogno di capitali privati per manutenere e ampliare la rete autostradale. Quindi il Governo non può permettersi «colpi di mano» o cambi di regole in corsa che scoraggerebbero gli investitori. Senza contare che negli ultimi anni ci sono stati tentativi più o meno convinti di agevolare gli utenti, tutti finiti male: dai ricorsi al Tar per farsi riconoscere i rincari limitati per il 2014 dell’allora ministro Maurizio Lupi al naufragio degli sconti per pendolari e motociclisti, durati per periodi limitati e non rinnovati per l’ostilità dei gestori.

2. I rincari si possono evitare solo contestando ai concessionari gravi inadempienze, cosa che presuppone controlli molto estesi e meticolosi da parte di ispettori del ministero delle Infrastrutture sull’intera rete, di cui non si ha finora alcuna notizia. Anche la procedura di «caducazione» della concessione di Aspi, pur fondata sul gravissimo crollo del Ponte Morandi e sulla dura relazione della commissione ministeriale ispettiva istituita ad hoc, avrebbe bisogno di essere corroborata da più elementi: la commissione, nel mese di tempo che le è stato dato dal ministro Danilo Toninelli, ha lavorato in prevalenza su documenti. Nessuno del ministero ha potuto esaminare le macerie assieme ai periti di Aspi e degli altri indagati, a quelli dei pm e a quelli dei danneggiati, perché Toninelli ha deciso di non costituirsi per l’incidente probatorio tuttora in corso. Forse anche per questo, lo stesso ministro è recentemente passato da affermazioni molto sicure sull’esito della procedura a dichiarazioni più prudenti.

3. Il ministero delle Infrastrutture non è in posizione di forza anche perché nella sua direzione competente sulla vigilanza autostradale (Dgvca) ci sono dirigenti indagati come quelli di Aspi per il crollo del Ponte Morandi.

I contrasti su Strada dei Parchi e Triveneto
Ci sono poi questioni particolari che possono avere il loro peso. Come i contrasti fra il ministero e Strada dei Parchi (gruppo Toto) sui pesantissimi oneri per la messa in sicurezza anche sismica delle autostrade A24 e A25 (Roma-Abruzzo) e il complicato risiko del Triveneto. Qui ci sono innanzitutto tre concessioni in scadenza o scadute (con varie interpretazioni giuridiche) a società che hanno interessi anche opposti ma azionariato in parte comune: Autobrennero e «Serenissima», la quale per giunta è entrata nell’orbita Aspi-Atlantia dopo l’accordo con gli spagnoli di Abertis. E c’è una nuova concessione per la Pedemontana Veneta in costruzione, per la quale la Regione si è molto esposta per garantire la sostenibilità dell’investimento privato, con oneri che si temono elevati negli anni e non poche contestazioni a livello locale.

Tutte questioni che potrebbero trovare una soluzione prevalentemente politica nei prossimi mesi. Le decisioni che prenderà il Governo sui rincari tariffari 2019 potrebbero essere determinate anche da queste partite.

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