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Crollo Ponte Genova: tempi lunghi per cantieri e perizie. Spunta…

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indagini e progetti

Crollo Ponte Genova: tempi lunghi per cantieri e perizie. Spunta ipotesi vizio occulto

Le dichiarazioni ufficiali sono tranquillizzanti, ma i lavori di demolizione e ricostruzione del Ponte Morandi potrebbero non entrare nel vivo così presto: i progetti sono ancora sostanzialmente allo stadio preliminare. Questo incide anche sui tempi dell’inchiesta della Procura. Nella quale si sta affacciando per la prima volta concretamente anche l’ipotesi che il crollo del 14 agosto possa essere stato dovuto a un vizio di costruzione che non poteva essere noto ad Autostrade per l’Italia (Aspi).

Tempi e perizie
Che i tempi possano essere lunghi è dimostrato da un fatto oggettivo: stamattina l’udienza per l’incidente probatorio in corso si è chiusa con un rinvio all’8 febbraio. E questo rinvio è meramente interlocutorio: il punto è che nessuno sa con esattezza quando i periti nominati dalla Procura subito dopo il crollo consegneranno la loro relazione, finora attesa per metà gennaio.

Perché ora quest’incertezza? A prima vista, sembra strana, visto che sabato sera è arrivata anche la perizia del laboratorio Empa di Zurigo, che ha analizzato i materiali dei reperti selezionati dai periti e il loro grado di corrosione.

In realtà, al netto del fatto che la perizia è scritta in tedesco e va tradotta in italiano con la massima cura, il grado di corrosione non dice tutto. Tanto più che alcuni risultati appaiono incoerenti. Per esempio, è stato riscontrato in alcuni cavi di acciaio degli stralli un tenore di idrogeno molto alto, che di per sé renderebbe fragili i cavi stessi. Però non sono stati trovati segni di loro rotture fragili e, anzi, è stata registrata un’altissima resistenza meccanica. In altre parole, se i cavi si sono rotti, non sarebbe stato perché hanno ceduto (magari per corrosione), ma solo perché sarebbero stati sottoposti a uno stress eccezionale come quello dovuto al cedimento di un’altra parte strutturale del viadotto.

Resta da valutare con attenzione quanto il laboratorio svizzero ha trovato sul cosiddetto reperto 132, una parte di strallo su cui da ottobre si è appuntata l’attenzione di magistrati, investigatori e avvocati. La prima impressione è che le analisi non siano esaustive.

Per avere certezze, dunque, occorre che i periti ricostruiscano la cinematica del crollo. Cioè che si capisca dove si è innescato. Per arrivarci, occorre visionare con molta attenzione i video acquisiti dalla Procura e riscontrare le loro risultanze non solo con quelle delle perizie dell’Empa, ma anche con accurate ispezioni sulle parti del viadotto rimaste in piedi.

La demolizione
Qui si vede l’ingorgo che rischia di rallentare tutto. Per fare quest’ispezione occorre mettere in sicurezza i monconi. Soprattutto quello est, dove ci sono le pile ancora in piedi (la 10 e la 11) e i relativi stralli: servirà costruire torri che reggano la struttura e sulle quali i periti potranno operare.

Per tirare su le torri, serve non solo la clemenza del meteo (cosa non scontata, visto che è inverno), ma anche un progetto ben definito. E invece, secondo fonti processuali, risulta che si sia ancora allo stadio preliminare.

Ecco i motivi per i quali i periti non hanno ancora saputo indicare un termine certo entro cui depositeranno la loro relazione.

La ricostruzione
Allo stadio preliminare sono anche i progetti di ricostruzione. Qualcuno parla anche di «progetti al buio». Espressione forse eccessiva, ma che dà l’idea di quanto sia complicato il lavoro da fare. E di quanto in questi mesi si sia giocato con le parole.

A cominciare da quelle dell’amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci, che provò a spezzare la tenzione della sua prima conferenza stampa dopo il crollo (sabato 18 agosto, a quattro giorni dalla tragedia ) dicendo che la sua società aveva già pronta la progettazione del nuovo ponte e che ne andavano solo limati alcuni aspetti.

Ora che il decreto Genova ha estromesso Aspi dalla ricostruzione, si pone anche il problema di scegliere a chi affidare i lavori, rispettando anche equilibri economico-finanziari-politici che vanno oltre la vicenda del Ponte Morandi. Ci sono anche da valutare infiniti aspetti legali, tra cui il ricorso preannunciato dalla stessa Aspi.

Il vizio occulto
Una delle poche certezze che sembrano arrivare dalla perizia Empa è l’assenza di guaine protettive attorno ai cavi degli stralli. Ciò avrebbe favorito la corrosione.

Però le guaine sono elementi interni alla delicata struttura di uno strallo. Controllarne lo stato significa eseguire prove distruttive. Quindi, a quanto pare, sarebbe stato impossibile accorgersi della loro assenza, che a questo punto potrebbe essere dovuta a un errore di costruzione o a una scelta progettuale non evidenziata sinora.

Ciò potrebbe corroborare la tesi di Aspi secondo cui il 14 agosto è accaduto un evento imprevedibile. Ma per verificare questa tesi, così come quelle dell’accusa, ci vorrà ancora molto tempo.

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