Ma sarà proprio vero che per chi guida stanno per arrivare novità grosse come l’ok alle bici in contromano, ai monopattini elettrici, ai 150 all’ora in autostrada, nuove supermulte per chi usa smartphone e tablet con sospensione immediata della patente, nuovi limiti di accesso alle moto su autostrade e superstrade, il divieto di fumo, l’obbligo di casco anche per i ciclisti e tanto altro di cui si è letto in questi giorni? Proprio il numero e la portata delle novità autorizzano un certo scetticismo. Lo insegna l’esperienza.
Queste novità sono la somma delle varie proposte di legge di modifica del Codice della strada presentate dai deputati in questo primo scorcio dell’attuale legislatura. Ora sono state messe insieme dalla commissione Trasporti della Camera, che ha redatto un testo “unificato” per mettere a confronto le varie proposte.
Il testo è arrivato la settimana scorsa, quando sono iniziate le audizioni delle varie parti interessate alla riforma. Si può partire proprio da questo, per spiegare quante siano le effettive possibilità che l’intero pacchetto venga approvato.
Le audizioni sono una prassi consolidata in Parlamento. Normalmente vi si ricorre quando si lavora su testi che introducono novità importanti o comunque complessi. Che toccano gli interessi di varie lobby, spesso contrapposte, che vengono chiamate a dire la loro. È quello che sta accadendo ora con la riforma del Codice della strada su cui ha iniziato a discutere la commissione Trasporti della Camera.
Ma l’esperienza insegna che le audizioni possono anche essere un espediente per prendere tempo in attesa di trovare un accordo politico: si registrano le posizioni delle varie categorie interessate, si prende atto che sono inconciliabili e ci si riaggiorna a tempi migliori. Sperando che prima o poi l’accordo si materializzi, normalmente sotto forma di scambio tra forze politiche («io cedo su una questione che mi sta a cuore per convinvere te a fare altrettanto su un’altra questione. che magari riguarda tutt’altra materia e sta a cuore a me»).
Senza andare troppo lontano, è accaduto anche durante la scorsa legislatura con quello che tra gli addetti ai lavori era noto come «il Meta», dal nome di Michele Pompeo Meta, presidente della stessa commissione Trasporti durante la scorsa legislatura, che aveva sintetizzato in un articolato disegno di legge di riforma del Codice della strada varie proposte. Troppo articolato per mettere d’accordo tutti. Così arrivò il momento delle elezioni senza che se ne facesse nulla.
A conferma di tutto questo, c’è il fatto che alcuni contenuti del «Meta» si ritrovano anche nel testo messo assieme dall’attuale commissione Trasporti. Che ripesca altre novità degli anni passati, che avevano fatto un clamore inversamente proporzionale alle probabilità di entrare effettivamente in vigore.
Un’ulteriore conferma viene dal fatto che anche nei primi sei mesi di questa legislatura il Codice della strada è stato già modificato varie volte. Con l’introduzione dell’obbligo di sistemi antiabbandono sui seggiolini per bambini, la stretta sui furbetti delle targhe estere e sui recidivi della circolazione senza polizza Rc auto, le nuove regole su sequestri di veicoli e Ztl, la sperimentazione su monopattini elettrici e simili. Cose su cui un accordo è stato trovato e a cui per questo è stata trovata una corsia preferenziale, inserendole in provvedimenti che nulla c’entravano con il Codice ma erano destinati certamente ad essere approvati, come la legge di Bilancio, il decreto fiscale e il decreto sicurezza.
Dunque, il Governo e la maggioranza selezionano di volta in volta le cose che più interessano e sulle quali c’è accordo. Tra queste, nonostante i proclami che si sentono da anni da tutte le forze politiche, non c’è l’inasprimento delle sanzioni per chi di distrae con smartphone e simili, facile da scriversi ma evidentemente sgradito per timore di perdere consensi.
Ci sono poi questioni su cui ci si arena per l’opposizione più o meno sotto traccia dei tecnici ministeriali, spesso preoccupati per la reale fattibilità di norme che sembrano di buonsenso ma sono difficili da applicare nella complicata e delicata realtà delle strade italiane. L’ultimo esempio è quello dei monopattini elettrici e simili (come hoverboard e segway): proprio nelle audizioni della settimana scorsa, un rappresentante della direzione generale Sicurezza stradale del ministero delle Infrastrutture ha chiarito che si sta lavorando per fissare regole sulla loro sperimentazione, come richiede la legge di Bilancio, ma non sarà facile su strade spesso strette e trafficatissime come quelle delle nostre città.
Il risultato di situazioni del genere è che abbiamo modifiche al Codice entrate in vigore anche più di un decennio fa ma rimaste ancora inattuate. Normalmente la situazione si sblocca solo perché dal ministro o sottosegretario di turno arriva una pressione fortissima. Che però difficilmente si traduce in una norma perfetta...
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