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Dossier | N. 64 articoli Pensioni 2019: requisiti e novità

Pensioni, l’Inps conferma: a giugno scatta il doppio taglio. Le simulazioni

Il conguaglio negativo relativo agli importi dei primi tre mesi di pensione 2019 sarà effettuato in un’unica rata, a giugno. Nel primo trimestre dell’anno gli assegni sono stati calcolati con le regole per l’adeguamento all’inflazione contenute nella legge 388/2000, che sarebbero dovute tornare operative quest’anno. Tali importi sono più generosi di quelli determinati secondo le disposizioni contenute nella legge di bilancio 2019 e messi in pagamento da aprile. A giugno verrà recuperato l’arretrato, secondo quanto comunicato dall’Inps nel messaggio 1926/2019 pubblicato ieri.

Nello stesso mese scatterà il taglio alle pensioni di importo oltre i 100mila euro lordi annui, le cosiddette pensioni d’oro, e le somme in più pagate da gennaio a maggio saranno recuperate in tre rate da giugno ad agosto.

INFODATA / CALCOLA IL PRELIEVO INPS SULLE PENSIONI D’ORO

Il taglio vale per le pensioni superiori ai 100mila euro lordi a calcolo retributivo o misto, è su cinque aliquote marginali che vanno dal 15% al 40%, avrà una durata quinquennale, e riguarda oltre 24 mila pensionati più abbienti. I risparmi previsti dal governo, al netto delle fiscalità, sono appena superiori ai 415 milioni di euro in termini cumulati, meno del 5% di quanto si spenderà nel prossimo triennio per pagare “quota 100”.

LA SIMULAZIONE
La riduzione del reddito pensionistico sulle quote eccedenti 100mila euro annui lordi (1) (Fonte: elaborazione per il Sole 24 Ore di Antonietta Mundo, attuario)

La simulazione rappresentata nel grafico sovrastante è stata elaborata per il Sole 24Ore da Antonietta Mundo, attuario, ex capo del Coordinamento statistico Inps e autrice con l’economista Alessandra Del Boca di un libro sulla previdenza che l’anno scorso ha fatto molto discutere («L'inganno generazionale»; Ed. Egea).

PER SAPERNE DI PIÙ / DOSSIER PENSIONI 2019

Prendiamo il caso di una pensione da 120mila euro lordi: il taglio vale quest’anno 1.710 euro al netto dell’Irpef e senza tener conto delle minori trattenute per addizionali regionali e comunali. Il taglio netto è su 13 mensilità e a giugno dovrebbe aggirarsi attorno ai 131,5 euro.

La fascia di frequenza più alta di questi pensionati “d’oro” è tra 120 e 140mila euro. Che si tratti di un intervento equo o meno lo stabiliranno i giudici cui si rivolgeranno, come hanno ampiamente preannunciato, le diverse categorie interessate. Qui ci limitiamo a segnalare che la riduzione media annua del reddito pensionistico oscillerà dall’1,36% per la fascia da 110mila euro e salirà al 24% per i pochissimi che si collocano sopra la soglia dei 500mila euro lordi. Considerando che stiamo parlando di contribuenti con l’Irpef al 43%, è come se nei prossimi cinque anni, solo per questi redditi, l’Irpef salisse dal 44,3% fino al 67 %.

GUARDA IL VIDEO / Da quota 100 alle finestre: le nuove pensioni spiegate in 8 punti

In questo piccolo gruppo di pensionati abbienti c’è una componente di fortunati che non saranno toccati dal «prelievo di equità». Sono quelli con un assegno calcolato totalmente con il criterio contributivo, ad esempio chi è andato in pensione facendo la totalizzazione dei contributi versati. Mentre, per contrappasso, se un pensionato con assegno anticipato o di vecchiaia fosse divenuto inabile a causa di una malattia conseguita dopo il ritiro dal lavoro (situazione che cosente il riconoscimento dell’assegno di accompagnamento) subirà il taglio come gli altri.

Inoltre, per effetto delle disposizioni contenute nella circolare Inps 62/2019, sono esentate dal taglio tutte le pensioni ottenute cumulando i contributi versati in più gestione. Si tratta di una interpretazione “estensiva” di quanto previsto dalla legge 145/2018 e favorevole a una determinata categoria di pensionati.

Al taglio «equitativo» va aggiunto l’effetto del nuovo meccanismo di adeguamento degli assegni all’inflazione, introdotto dalla legge di Bilancio 2019, in vigore fino al 2021 incluso. La perequazione è piena solo per gli importi fino ai 1.522,26 euro pagati l’anno scorso, che quindi verranno incrementati dell’1,1 per cento. Per gli importi più elevati sono previsti 6 scaglioni di adeguamento, con aliquote decrescenti fino al 40% (pari a una rivalutazione effettiva dello 0,44%).

Però, poiché la legge di Bilancio è stata approvata a fine 2018, l’Inps non ha avuto tempo di aggiornare i pagamenti alle nuove regole e nel primo trimestre ha liquidato gli importi in base al meccanismo “per fasce” previsto dalla legge 388/2000, che è più generoso nei confronti dei pensionati. Il conguagliio che sarà effettuato a giugno sarà comunque di importo ridotto e non toccherà chi l’anno scorso percepiva assegni fino a 1.522,26 euro mensili lordi per i quali il vecchio e nuovo meccanismo di calcolo sono identici. Per chi incassava da poco più di 1.522 euro fino a 2.000 euro la differenza mensile lorda da restituire è inferiore all’euro. Si aggira sui 5 euro per gli assegni oltre i 2.000 e fino a 2.500 euro, per poi salire e arrivare, per esempio, a 25 euro per chi ne riceve poco più di 5mila.

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