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A Davos grandi in cerca di una ricetta per ripartire

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2011 alle ore 06:38.

Ogni anno, da 40 anni, sulle nevi di Davos i 2.500 partecipanti al World economic forum, gli ideologi (oggi spesso pentiti) della globalizzazione estrema, partecipano al più grande brain storming elitario del pianeta alla ricerca delle soluzioni più geniali per rilanciare l'economia in affanno e aggiornare la governance del pianeta.

A Davos banchieri e politici cercano di guarire dalla sindrome da affaticamento globale (di Piero Fornara)

Riecco i banchieri dopo due anni low profile (di Lino Terlizzi)

Professori di economia di Harvard come Kenneth Rogoff che hanno descritto le radici della follia finanziaria degli ultimi anni; imprenditori cinesi come Wei Jiafu, ceo della Cosco, una delle maggiori flotte commerciali al mondo; Chanda Kochhar, donna manager tra le più potenti del pianeta e oggi a capo della Banca indiana Icici; imprenditori innovativi della Silicon Valley; funambolici finanzieri di New York salvati a un soffio dal baratro dai fondi sovrani asiatici, tutti i protagonisti dell'economia globale si daranno appuntamento alla 41esima edizione del Forum economico più affollato e affascinante al mondo per discutere come superare la grande paura scatenata dalla crisi finanziaria, da quella successiva dei debiti pubblici a rischio default evitando, ha detto Klaus Schwab, fondatore del Wef, che «esploda in crisi sociali» come in Grecia.

Come tanti "apprendisti stregoni" a cui è sfuggita di mano la magia della deregolamentazione confidando nell'"irrazionale esuberanza dei mercati azionari" cercheranno di rimettere ordine in quell'architettura della mondializzazione che l'uomo di Davos ha contribuito a forgiare e a imporre e che oggi cerca di salvare declinandola in "Regole condivise per la nuova realtà", cioè con più umiltà per evitare una crisi di sistema. Con 35 capi di stato o di governo presenti, con 19 paesi del G20 rappresentati a livello ministeriale o di grado più alto, molti temi saranno discussi tra le nevi della "Montagna incantata" di Thomas Mann da coloro che in seguito avranno il potere di realizzarli.
Alle aziende è stato chiesto di includere almeno una donna su cinque delegati per l'evento di quest'anno. Il nuovo sistema di quote è progettato per aumentare il numero delle donne presenti al Forum. Alla fine anche i liberisti duri e puri del Wef hanno imposto una regola per le quote rosa.

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Riecco i banchieri dopo due anni «low profile»

Diciamo la verità: nel 2009 e nel 2010 il terreno non era tra i più favorevoli per i grandi

Verso Davos, dove governi e imprese provano a guarire dalla «sindrome da affaticamento globale»

Il mondo non ha ancora «metabolizzato» la crisi economica e una «sindrome da affaticamento globale»

Tags Correlati: Angela Merkel | Borsa Valori | Brasile | Brics | Cina | Corea del Sud | David Cameron | Davos | Dmitri Medvedev | Fao | Felipe Calderón | Governo | Harvard | Indonesia | Kenneth Rogoff | Klaus Schwab | Ministero del Tesoro | Stati Uniti d'America | Tayyip Erdogan | Thomas Mann | Turchia | Wasghington

 

Si parlerà dell'allarme lanciato dalla Fao sull'incremento record dei prezzi alimentari, dell'aumento demografico, di stili di vita, dell'uso di cereali per produrre bio-fuel, di cambiamenti climatici che spingono verso «l'insicurezza alimentare». Si discuterà della nuova architettura finanziaria, della massa di soldi che da Stati Uniti ed eurozona vanno in cerca di tassi di rendimento più appetibili nei mercati emergenti provocando però aumento delle valute locali, calo dell'export e incremento del deficit delle partite correnti. Squilibri gravi da eliminare in fretta. Nuovi scontri si prospettano all'orizzonte, tra economie mature ed emergenti, liti che l'uomo di Davos, oggi meno pimpante, cercherà di mitigare o disinnescare.

Così il vecchio mondo, rappresentato dal segretario al Tesoro, Timothy Geithner, ammaccato da un deficit commerciale con la Cina di 280 miliardi di dollari e un debito pubblico che corre senza freni, cercherà nuovi alleati. A sostenere gli sforzi di Wasghington (e del dollaro) negli incontri fra i potenti della Terra nella località grigionese ci saranno il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, entrambi in difficoltà a reggere l'urto della più grande crisi dell'eurozona. Un aiuto verrà anche dal premier inglese David Cameron e dal presidente russo Dmitri Medvedev, che terrà il discorso di apertura.

Ma non basteranno. In soccorso arriveranno anche Chen Deming, il ministro al Commercio cinese, Antonio De Aguiar Patriota, neo ministro degli Esteri del Brasile, in rappresentanza dei Brics. Una realtà, una volta emergente, oggi protagonista di primo piano: la Cina è la seconda economia mondiale con una quota del 9,3% del Pil mondiale (gli Usa, in vetta, sono a quota 23,6%). Brasile, Russia e India contribuiscono al Pil globale per l'8 per cento.

Eppure la delicatezza del post-crisi farà sì che altri players, in rappresentanza dei nuovi Brics, entreranno in gioco. Tra questi Susilo Bambang Yudhoyono, presidente dell'Indonesia, considerato l'outsider di Davos 2011, il rappresentante del paese musulmano più grande al mondo e della sua ruggente economia, accanto a Felipe Calderón, capo di stato del Messico, l'ex "faccia triste" dell'America. Nuove nazioni bussano alla porta del Wef grazie a demografia, capitalizzazione di mercato, dinamismo economico. Si allunga la lista dei Brics a Indonesia, Messico, Turchia, Corea del Sud e Polonia.

Solo giovani promesse? Non proprio. Messico, Corea del Sud, la Turchia islamica nei costumi e liberista in economia del premier Tayyip Erdogan e l'Indonesia pesano tutti nel Pil globale con una quota superiore all'1 per cento. Senza dimenticare il Sudafrica di Jacob Zuma, che conta per lo 0,6 per cento. I vecchi Brics non bastano più, largo ai neo-Brics.