Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2011 alle ore 09:34.
Diciamo la verità: nel 2009 e nel 2010 il terreno non era tra i più favorevoli per i grandi banchieri internazionali. Neppure a Davos. A inizio 2009 la crisi dei subprime americani era appena scoppiata, a inizio 2010 si era vista in tutta la sua evidenza e si erano aggiunte le controversie sul too big to fail e sui maxi-bonus assegnati a manager che non sempre avevano dato buona prova. Così, la presenza dei grandi banchieri, specie anglosassoni, si era un po' affievolita. Ce n'erano, ma un po' meno di prima e, anche quando c'erano, erano un po' defilati. Era tempo di riflessione e di sobrietà. In questa edizione 2011 del Forum i banchieri sembrano più numerosi. Non che non sia ancora tempo di riflessione, e forse anche di sobrietà, ma il fatto è che il picco della crisi finanziaria sembra lontano e i temi citati restano sul tavolo, sì, ma in modo meno drammatico.
Nella lista dei partecipanti di quest'anno c'è il "davosiano" da sempre Josef Ackermann, svizzero ma numero uno di Deutsche Bank. Ma ci sono anche, tra gli altri, Robert Diamond della Barclays, James Dimon di Jp Morgan Chase, Ana Botin del Banco Santander, Francisco Gonzalez del Banco Bilbao. Tra gli italiani, Federico Ghizzoni, ceo di Unicredit, e Corrado Passera, ceo di Intesa, che per la verità non ha mai smesso di frequentare Davos. Più folta è anche la rappresentanza dei banchieri svizzeri, che giocano in casa solo formalmente, visto il tenore mondiale delle riunioni: ci saranno tra gli altri Oswald Grübel, ceo di Ubs; Brady Dougan, ceo di Credit Suisse; Raymond Bär, presidente della Julius Bär; Patrick Odier, presidente dell'Associazione dei banchieri svizzeri.
L'anno scorso per alcuni aspetti fu l'edizione dei banchieri centrali. I top manager delle grandi banche restarono appunto più sulla difensiva e si limitarono a cercare di contenere l'offensiva sul too big to fail e sui bonus. È passato un anno, alcune misure in questi campi sono state prese, altre no. Il quadro economico è meno cupo, i banchieri sono più presenti. E forse il dibattito tra le nevi di Davos sarà diverso.