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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 06:36.

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Si tengono oggi a Roma gli Stati Generali della cultura, presente il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Sarà l'occasione per una riflessione sul Manifesto lanciato dal Sole 24 Ore "per una Costituente della cultura".

Giorgio Napolitano ha dichiarato: «Se si diffonde la consapevolezza della funzione della cultura, decisiva per l'Italia, - e questa consapevolezza non c'è tra i politici e nell'informazione -, può derivarne un'evoluzione per tutta la società. È il messaggio che trasmetterò al mio successore». Sagge e benvenute parole, signor Presidente!
I fondi del Mibac hanno continuato a scendere, per i provvedimenti economici a difesa dell'Italia.

Con i fondi è caduta anche la coscienza che la cultura è presupposto dello sviluppo umano e di quello politico ed economico. Quest'ultimo è attuabile in Italia grazie all'unicità di quanto abbiamo da offrire: beni umanistici, spettacoli e musica e prodotti intelligenti, compresa la culinaria, sola a crescere.

L'impegno dello Stato nella tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico - imposta dalla Costituzione - è andato scemando. La rassegnazione, a volte la resa, porta a contare sempre più sul privato, ma se lo Stato dismette il suo impegno manca lo scheletro nell'organismo. E i muscoli dei privati a quali ossa si attaccheranno? È un intero sistema che dobbiamo progettare e costruire nei prossimi anni, e nessuno può fare "scarica barile". Il ministero è un morente ibernato. O giungeranno risorse per risuscitarlo, oppure tanto varrebbe abolirlo: a che servono medici che non possono curare i malati?

Tutelare il patrimonio significa curarlo, e i fondi per la tutela attribuiti al ministero erano 180,5 milioni nel 2011, 132 nel 2012 e saranno 90,5 nel 2013 e nel 2014. I fondi si sono dimezzati in tre anni e caleranno di altri 10 milioni nel 2015. In media circa 5 milioni a ciascuna regione a Statuto ordinario: per biblioteche, archivi, siti archeologici, gallerie, monumenti e paesaggio. Il ministero ha una capacità di spesa calcolabile in circa 500 milioni annui; ora è costretto a spendere un sesto di quella cifra. Eppure per mantenere il patrimonio servirebbe un ministero più forte e per esso una porzione del Pil pari ad almeno la media europea. Siamo allo 0,22 per cento.

Il ministero perde 32 soprintendenti e dirigenti di seconda fascia, 6 direttori regionali e generali e 1.800 altre unità, nonostante il rapporto tra dirigenti e non dirigenti sia di 1 a 109, proporzione più che doppia rispetto a quella auspicata dal governo, che è di 1 a 40. Anche il nuovo Consiglio Superiore è stato amputato per cui pare illegittimo, mancandogli i presidenti dei Comitati tecnico-scientifici, cioè i cervelli del ministero, che sono stati soppressi per risparmiare 10mila euro di missioni. I beni in rovina non strillano, non votano. In futuro, molto si lamenteranno gli italiani.

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