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18 novembre 2013

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Notizie ItaliaTitanic Sicilia, quando la Regione autonoma rischiò il fallimento

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Titanic Sicilia, quando la Regione autonoma rischiò il fallimento

Crocetta presidente. Nell'ottobre 2012 Rosario Crocetta è il nuovo governatore della Sicilia e il Ragioniere generale gli trasmette una relazione sulle criticità economico-finanziarie della Regione. Nel bilancio mancano all'appello parecchi miliardi: 700 milioni di euro di fondi Fas non finanziati dallo Stato; altri 700 milioni di mancati trasferimenti per il cofinanziamento del servizio sanitario regionale; l'omessa attuazione delle assegnazioni di gettito collegate al federalismo fiscale, riconosciute invece alle Regioni a statuto speciale del Nord, contro tagli per oltre un miliardo e mezzo di euro effettuati dallo Stato alla Regione e agli enti locali siciliani; l'aumento della quota di compartecipazione alla spesa europea; una valorizzazione del patrimonio immobiliare inferiore alle previsioni; un calo delle entrate dovuto alla recessione. Senza contare i maggiori esborsi per le anticipazioni corrisposte ai Comuni per l'emergenza rifiuti e il miliardo di debiti a carico degli Ato. L'effetto combinato di tutti questi fattori è una crisi di liquidità senza precedenti.
In ottobre il governo nazionale ha rivisto alcuni termini del patto di stabilità per il 2012, consentendo di liberare dal bilancio della Regione 260 milioni per competenza e 418 milioni per cassa, ma le ulteriori limitazioni ai tetti di spesa previsti per il 2013 e per il 2014 rischiano di essere insostenibili per la Sicilia.

Le disponibilità ad ottobre 2012. Dell'emergenza è passata solo la fase acuta; i problemi sono tornati sotto traccia. Da un allegato della relazione a Crocetta emerge che, ancora nell'ottobre 2012, le disponibilità di cassa della Regione sono (sempre al netto del servizio del debito) di circa 13 milioni di euro, appena 8 in più di quattro mesi prima, contro il miliardo e mezzo che servirebbe per onorare gli impegni verso Sanità, enti locali e altri settori strategici.
Peraltro in ottobre sono ancora all'opera i tavoli tecnici costituiti qualche mese prima con il governo per definire quel programma di stabilizzazione economico-finanziaria su cui il presidente della Regione uscente ha assunto solenni impegni con Monti. A conclusione dei tavoli dovrebbe essere sottoscritto un accorto che successivamente dovrebbe essere oggetto di specifici provvedimenti legislativi.
Insomma, l'accordo con Monti dovrebbe rappresentare un punto di non ritorno anche per la giunta Crocetta, per conseguire quell'aggiustamento economico-finanziario dei conti della Regione siciliana che lo Stato, l' Unione europea e i mercati finanziari considerano non più rinviabile.
Aggiustare i conti, in concreto, significa cominciare a demolire l'apparato clientelare dei partiti: rivedere in modo restrittivo le politiche sul personale dipendente, sui precari, sui forestali, sulle aziende partecipate, sulla grande mangiatoia della formazione professionale, sui consorzi agrari e di bonifica, ed inoltre quantificare esattamente il deficit di bilancio della Regione, non contrarre altri debiti finanziari a partire dal 2014 e risolvere il problema del disavanzo sanitario.

L'uscita di scena. Il 22 novembre 2012 Crocetta revoca il mandato di Bossone dopo aver manifestato la volontà di riconfermarlo nell'incarico di Ragioniere generale. Da più parti si adombra il sospetto che il dirigente appena rimosso abbia assunto decisioni di spesa eccessive durante i nove mesi di permanenza alla Regione e che abbia attentato all'autonomia regionale complottando con i poteri forti nazionali per il commissariamento della Sicilia. Sono accuse prive di fondamento. Fino a qualche giorno prima Bossone ha accompagnato Crocetta a Roma a una riunione con la Cassa depositi e prestiti per discutere a quali condizioni l'ente controllato dal Tesoro potrebbe erogare nuovi finanziamenti per il rilancio degli investimenti produttivi in Sicilia. E alla vigilia dell'incontro ha dissuaso il governatore dall'idea di chiedere alla Cassa la dilazione dei pagamenti dei ratei di mutuo in scadenza il 31 dicembre 2012. Una richiesta del genere, soprattutto dopo i timori di default circolati in luglio, sarebbe giudicata dai mercati come un segnale di illiquidità o addirittura di insolvenza della Regione. Diverso sarebbe sottoporla al vaglio del tavolo Stato-Regione e presentarla ai mercati in un secondo momento, come parte di un piano di stabilizzazione delle finanze regionali.
Bossone esce ufficialmente di scena in seguito al processo di ricambio dell'alta dirigenza regionale avviato dal nuovo presidente. La verità è che il suo attivismo e i suoi rifiuti sono risultati indigesti al sistema politico siciliano. La vecchia politica dispone tuttora delle sue pedine nei gangli dell'amministrazione nonostante tutti gli sforzi profusi dall'attuale governo regionale nell'opera di pulizia dei settori maggiormente esposti al malaffare, come la formazione professionale, e nella riforma delle vecchie aree di sviluppo industriale, a lungo ricettacolo di interessi mafiosi. I nodi della finanza regionale sono ancora largamente irrisolti nonostante l'assessore all'Economia della nuova giunta, Luca Bianchi, stia seriamente adoperandosi per scioglierli.

La spesa abnorme, i privilegi, gli sprechi, le ruberie, l'affarismo non sono più questioni differibili quando lo Stato taglia i trasferimenti e la recessione fa strame di imprese, crea nuovi disoccupati, abbatte le entrate fiscali. Altrimenti lo spettro del default finirà per riemergere puntualmente.

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