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19 marzo 2014

Impresa & Territori IndustriaUn cavillo blocca l'elettrodotto veneto

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Un cavillo blocca l'elettrodotto veneto

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Nello stesso luogo si contrappongono da una parte Galileo Galilei che 400 anni fa discuteva sui massimi sistemi con Giovanni Francesco Sagredo fra i porticati della villa di Vigonovo (Padova), dall'altra una linea elettrica ad alta tensione da 290 milioni di euro che deve collegare Marghera con Padova per alleggerire la sete di chilowattora di un Veneto che riesce a produrre la metà della corrente che consuma (nel dettaglio: il 49,7% dato 2012).

L'elettrodotto strategico che Terna – la Spa pubblica dell'alta tensione – stava costruendo fra Dolo e Camin è stato bloccato nelle settimane scorse da una sentenza senz'appello del Consiglio di Stato. Bloccato per quel paio di chilometri delicatissimi, il tratto che costeggia la splendida villa Sagredo dove il sapiente nobil huomo veneziano sperimentava i segreti dei magneti e il suo amico fraterno Galileo meditava dell'essenza della scienza.

Rischiano di sfumare – dopo sei anni di carte, progetti, permessi, documenti, autorizzazioni, conferenze dei servizi, firme e controfirme – gli investimenti di Terna e lavori per una cinquantina di aziende che stavano posando i cavi. Come in un gioco perverso del domino, rischiano di saltare anche i progetti correlati per la rindustrializzazione di Marghera. Ora dicono a Terna che «è tutto da rifare da zero». Si stanno sbaraccando i cantieri aperti.

A giorni sarà presentato daccapo un nuovo iter per il progetto, con un tracciato che allontani il traliccio della discordia dall'antica dimora, dove oggi vive un altro scienziato, l'eminente agronomo Roberto Bano, contrario al progetto.
Serviranno altri 6 anni e una quantità di documenti capaci di sfiancare una brigata di fotocopiatrici? Difficile. Dopo la sentenza del Consiglio di Stato, il ministero dell'Ambiente non ripartirà da zero ma farà un semplice supplemento d'istruttoria alla procedura Via (Valutazione d'impatto ambientale), un ritocco per riallineare al nuovo tracciato la documentazione.

L'antefatto. La nuova linea di alta tensione rafforza la debole rete elettrica veneta, dove è spenta da anni perfino la grande centrale Enel di Porto Tolle sul delta del Po, oggi sotto accusa per danni da inquinamento. Tra Marghera e Padova, una quarantina di chilometri scarsi, i comitati no-a-tutto fanno raffiche di ricorsi contro la linea. La zona è già un merletto a maglie strette di altre linee elettriche, e il nuovo elettrodotto a basso impatto ambientale farà scomparire l'attuale il labirinto osceno di cavi e tralicci fra Padova e Venezia. Una linea efficiente al posto di cinque disordinate che oggi sfiorano quasi 2mila case. Inoltre, nella zona di Marghera (località Vallone Moranzato) i cavi verranno sepolti per consentire l'uso di 720 ettari e la rindustrializzazione verde del polo industriale. Nella procedura autorizzativa di questo progetto complesso i Beni culturali, dopo avere puntato i piedi, emanano un parere positivo così poco motivato che è respinto dal Consiglio di Stato, e l'iter si ferma.

Allo stop hanno gioito i comitati del no-a-tutto. Si è arrabbiato il presidente della Confindustria Veneto, Roberto Zuccato («Per un risibile vizio di forma si blocca un investimento in grado di assicurare lavoro a tantissime imprese»). Si sono agitati il prosindaco di Venezia Granfranco Bettin e l'assessore regionale Renato Chisso, i quali chiedono di separare dal blocco del progetto, che è unitario, la parte relativa alla rindustrializzazione di Marghera.
Una nota. Nel settembre scorso, l'Osservatorio dei costi del non fare ha stimato che il blocco delle infrastrutture in Italia pesi per 500 miliardi.

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