Tecnologie InnovazioneUber e i suoi fratelli. Quando le app cambiano anche in meglio il mercato della mobilità: gli esempi cinesi e finlandesi
Uber e i suoi fratelli. Quando le app cambiano anche in meglio il mercato della mobilità: gli esempi cinesi e finlandesi
di D.Aq. | 20 maggio 2014
«Il mercato della mobilità ormai si è evoluto e tutti devono farsene una ragione, non si può tornare indietro». Lo dice Benedetta Arese Lucini, la trentenne manager di Uber Italia, entrata suo malgrado nel mirino della protesta dei tassisti milanesi. Una battaglia contro il servizio della compagnia di trasporto privato, che ha la «colpa» di connettere autisti e passeggeri attraverso un'applicazione per smartphone: si prenota un'auto con conducente utilizzando la localizzazione e pagando con carta di credito. Il servizio è mediamente più caro.
«Non siamo noi il problema, è il mercato che è cambiato. Ormai ci sono tante app per il car sharing, il car pooling, per chiamare i taxi e gli Ncc. A Londra abbiamo contato 20 servizi del genere, che avvicinano il cittadino alla mobilità alternativa a vantaggio del traffico e dell'ambiente». In Italia, continua Lucini, «la legge base è del 1992, quando non esistevano gli smartphone e non c'erano alternative ai taxi».
Sulla protesta dei tassisti a Milano è intervenuto il giuslavorista Pietro Ichino: «Mi sembra che siano un classico caso di autodifesa di un gruppo di insiders contro la concorrenza di un gruppo di outsiders. Come sempre in questi casi, gli insiders si presentano come paladini di un interesse degli utenti alla qualità e sicurezza del servizio. Ma non è così», ha dichiarato alla Stampa. L'amministrazione comunale dovrebbe «fare l'interesse di tutta la cittadinanza. Non dovrebbe porsi al servizio di una lobby, per quanto prepotente e agguerrita».
Cos'è Uber
Uber è nata nel 2009 a San Francisco, ha alle spalle Google, ed è presente oggi in 110 città nel mondo; sta portando anche in Italia il servizio di UberX (qui: UberPop) che permette a chiunque di arrotondare facendo l'autista part-time (una sorta di intermediazione per il car pooling, la condivisione dell'auto privata).
Al di là di come evolverà la vicenda sul piano legale, è un fatto che le applicazioni abbiano trasformato il panorama e chi vorrà fare una battaglia di retroguardia troverà sempre nuovi "avversari". Per i tassisti, meglio rispondere a Uber e ai suoi fratelli non solo protestando, ma migliorando il servizio, come hanno fatto ad esempio i loro colleghi di Washington.
La mediazione cinese
Fino a non molto tempo fa – racconta l'Economist - a Pechino prendere un taxi era un'esperienza spiacevole, sia per i clienti (alla disperata caccia di auto disponibili) che per gli autisti (frustati dalle condizioni lavorative e dalle basse tariffe). Oggi le app di chiamata taxi hanno dato agli autisti maggior controllo (e la possibilità di ricevere mance-incentivo); mentre il governo ci ha messo del suo, alzando la tariffa minima del 30%, a 13 yuan (circa 1,5 euro), il primo aumento in dieci anni. A differenza di app come Uber, che fa leva su un network di autisti alternativo, le applicazioni cinesi non sono in competizione ma cooperano con le società di taxi. Ci sono Didi Dache (la leader, proprietà di Tencent) e Kuaidi Dache (di Alibaba), in forte concorrenza tra loro, ma che di certo offrono un aiuto ad autisti e passeggeri, che pagano le corse attraverso gli smartphone.