Tecnologie InnovazioneUber, il governo mette i paletti ma la partita con i taxi non è finita. Quale via d'uscita?
Uber, il governo mette i paletti ma la partita con i taxi non è finita. Quale via d'uscita?
di Maurizio Caprino | 21 maggio 2014
La svolta pare essere arrivata: il ministro ha preso posizione. Maurizio Lupi, titolare delle Infrastrutture, alla fine del vertice tenuto ieri a Milano con le istituzioni locali ha detto che il noleggio con conducente con app fatto da Uber si può configurare come esercizio abusivo della professione di tassista. La notizia va depurata dal clima elettorale (peraltro, lo stesso Lupi è candidato, proprio a Milano) e dal fatto che proprio di recente il ministro su questioni tecniche come può essere questa ha contraddetto i pareri dei tecnici del suo ministero. Vediamo quindi quale può essere il fondamento giuridico delle dichiarazioni di Lupi, sulla cui base in queste ore dovrebbero partire i controlli annunciati dal ministro per tutelare i tassisti e la qualità del loro servizio dalle "invasioni" che Uber ha cominciato a fare, partendo da Milano.
La differenza sostanziale tra il servizio di noleggio con conducente e quello di taxi sta nel fatto che il primo si svolge partendo da una rimessa e con arrivo in destinazioni già concordate al momento della prenotazione, mentre il secondo parte e arriva dove capita al momento. L'introduzione della app per il noleggio senza conducente avvicina questa formula al servizio taxi, perché rende più agevole la prenotazione, rendendo possibili preavvisi anche brevissimi, paragonabili a quel che accade quando si prende un taxi per strada. Tutto questo anche senza che il cliente si rechi nella rimessa del noleggiatore, cosa che finora era necessaria per garantire la contestualità fra prenotazione e partenza. D'altra parte, anche prenotare una corsa in taxi accorcia le distanze tra i due tipi di servizio e in questo caso l'unica differenza è che il cliente non deve specificare la destinazione.
Secondo Lupi, proprio la presenza della app configura una fattispecie da classificare come taxi e che come tale andrebbe autorizzata. Probabilmente la vicenda non finirà qui: Uber potrà confutare questa tesi presentando ricorso contro le sanzioni che verosimilmente verranno irrogate in questi giorni di controlli.
La difesa di Uber potrà far leva sul fatto che anche con la app restano gli elementi del noleggio senza conducente, cioè partenza dalla rimessa e destinazione indicata dal cliente già all'atto della prenotazione. Il fatto che quest'ultima avvenga a stretto ridosso della partenza sarebbe irrilevante.
Bisognerà vedere che cosa ne penseranno i giudici, ma non si può ignorare che già prima che arrivassero le app c'erano situazioni di fatto molto simili. Basti pensare agli aeroporti (soprattutto quello di Roma Fiumicino), dove alcuni noleggiatori fanno rimessa da decenni, di fatto entrando direttamente in concorrenza con i tassisti parcheggiati a pochi metri di distanza. Non solo: il servizio di questi noleggiatori è reso più efficiente dal fatto di aver messo in piedi una centrale radio che coordina le corse con le prenotazioni ricevute, analogamente a quanto fanno i radiotaxi.
Dunque, la app è solo l'ultima evoluzione di un fenomeno che c'era tutto già prima ed stata resa naturale dal progredire della tecnologia. Come tutte le evoluzioni naturali, potrebbe diventare diffusa e a quel punto potrà essere bandita con i mezzi legali, ma di fatto difficilmente potrà essere impedita. Se non altro perché le forze dell'ordine non hanno abbastanza uomini per dedicarsi assiduamente ai controlli, salvo lasciare scoperte altre funzioni fondamentali, il cui abbandono sarebbe difficile da giustificare.
E allora sarebbe forse più saggio cominciare a pensare a favorire la convergenza tra taxi e noleggio con conducente. Anche perché non di rado ci sono famiglie o gruppi di persone che hanno entrambe le licenze e già ora giostrano la loro attività senza tante distinzioni. Il problema è che chi ha una licenza taxi l'ha pagata fior di quattrini, in ossequio al fatto che si trattava di entrare in un settore chiuso e protetto da concorrenza. Liberalizzare tutto all'improvviso farebbe diventare carta straccia l'investimento fatto dai tassisti, in molti casi non ancora ammortizzato. Ma un percorso che annulli gradualmente le differenze sarebbe utile, per evitare altre crisi che appaiono inevitabili col tempo.