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Siria, così muore una nazione

06 giugno 2014

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Notizie Medio Oriente e AfricaViaggio nel quartiere cristiano di Hamadya, dove i superstiti pregano nel ricordo di padre Frans

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Viaggio nel quartiere cristiano di Hamadya, dove i superstiti pregano nel ricordo di padre Frans

Una città in macerie, sfigurata, la distruzione è così immane che sfugge a una descrizione esauriente, persino i paragoni con Mogadiscio, Baghdad o Grozny sembrano inadeguati. Il quartiere cristiano di Hamadya è raso al suolo e i palazzi che resistono sono tutti pericolanti con i pilastri frantumati e i cavi di acciaio che poggiano precari sul terreno come le esili gambe di un puledro appena nato e senza speranze di sopravvivere.

Le ultime anime vive di Hamadya appaiono fantasmi, riunite a piccoli gruppi per la messa di rito ortodosso nella chiesa della Cintura della Vergine oppure in pellegrinaggio nel cortile del convento dei gesuiti: qui un pietoso mazzo di fiori adorna la sedia di plastica dove gli islamici hanno freddato con un colpo alla tempia il padre olandese Frans van der Lugt. "E' entrato un uomo armato con il volto coperto _ racconta nel cortile del convento Nassem Nawati, un ingegnere cristiano _ ha intimato a padre Frans di seguirlo. "Non vado fuori di qui con un uomo mascherato", ha replicato lui con voce decisa. Il miliziano non ha esitato, lo ha fatto sedere al centro del giardino, ha armato il mitra avvicinando la canna alla tempia. Uno sparo secco e padre Frans si è accasciato in un lago di sangue. Ieri abbiamo trovato intorno ancora dei frammenti dei suoi occhiali, per noi era da anni una guida spirituale e morale: quando è scoppiata la rivolta anti-Assad non lo abbiamo abbandonato ma in un centinaio ci siamo riuniti per proteggerlo, alla fine eravamo rimasti in 24 a testimoniare il suo martirio".

Quella di padre Franse è una delle tante storie di crudeltà e sofferenza che in oltre due anni di assedio hanno vissuto gli abitanti di Homs ma questa forse ha a che fare proprio con la fine della battaglia, il cessate il fuoco e la resa dei ribelli. "Lo hanno ucciso _ sostiene l'ingegner Nassem _ senza un motivo specifico, ma per attirare l'attenzione su Homs dell'esercito e del governo, per spingere le autorità a prendere delle iniziative, come è poi avvenuto con la trattativa". Hamadya era in mano a un gruppo affiliato agli islamici di Jabat al Nusra, movimento sponsorizzato di Al Qaida dal suo capo Ayman Al Zawahiri, aiutato da qatarini e sauditi, in concorrenza con i miliziani dell'Esercito islamico dell'Iraq e del Levante. "Erano rimasti in un'ottantina qui ad Hamadya, per la maggior parte di nazionalità siriana e un buon numero di loro era proprio di Homs: non ci sono dubbi su chi ha ammazzato padre Frans", secondo Nassem. La sua tomba ora è qui, con le foto che lo ritraggono sorridente tra le mura di un convento che risale al 1881 e non aveva mai visto nulla di simile. "Da noi _ conclude Nassem _ non si sono mai fatte distinzioni tra cristiani e musulmani, vivevamo tutti insieme".

Per oltre due anni la violenza, la fame, la paura, hanno scandito la vita della gente di Homs, un tempo uno dei maggiori centri industriali della Siria, adagiata nella valle dell'Oroente e circodanta dalle aspre alture del Qalamoun, ai confini con il Libano. Queste creste rocciose e acuminate raccontano in maniera esplicta questa guerra. Dal confine libanese arrivavano le armi ai ribelli che combattevano un esercito siriano disorientato che è ricorso a tutti i mezzi, anche i più devastanti, per contenere l'avanzata delle milizie ribelli. Bashar Assad, candidato non più unico ma comunque strafavorito di contestate elezioni, è riuscito a prevalere soltanto con l'aiuto iraniano e soprattutto degli Hezbollah sciiti libanesi di Nasrallah, che perdendo nei combattimenti centinaia di uomini, hanno tagliato i rifornimenti alla guerriglia liberando una direttrice strategica. Prima è caduta Qusayr, poi anche Yabroud, da dove partivano le autobombe per gli attentati contro gli sciiti a Beirut. Homs, Aleppo, la Siria intera, sono il campo di battaglia di una guerra per procura più vasta e dirompente di un conflitto tra siriani: questa è una ferita aperta nel cuore del Medio Oriente che coinvolge stati vicini, come Libano, Turchia e Iraq, Iran, Arabia Saudita e Qatar, ma anche potenze globali come gli Stati Uniti e la Russia che proprio qui hanno cominciato tre anni fa il ritorno a metodi e schemi da guerra fredda.

Ma guardando i minareti delle moschee sbriciolati, i campanili delle chiese sfondati dall'artiglieria, le fabbriche, i negozi e le banche saccheggiate, le abitazioni frantumate insieme alle vite di migliaia di persone, c'è da chiedersi se tra qualche tempo resteranno ancora la voglia, l'intenzione e la memoria di rintracciare le resposabilità di una devastazione che equivale all'assassinio di una nazione. "Siamo sopravvisssuti soltanto con il cibo di organizzazioni caritatevoli, rischiando di morire di fame e senza cure: della mia casa non c'è più nulla, vada a vedere quello che rimane di Wadi Saya", dice Kamilia Nasri, 55 anni. Wadi Saya è una sorta di "ground zero" di Homs, simile a Bab Amro, dove le uniche pietre che svettano, ancora parzialmente intatte, sono le steli delle tombe del cimitero.

Eppure Homs oggi è una sorta di laboratorio politico, un trofeo del regime alauita degli Assad da esibire anche alla stampa internazionale. I ribelli siriani, con un patto raggiunto grazie alla mediazione dell'ambasciatore iraniano a Damasco e appoggiato dall'Onu, hanno lasciato a centinaia Homs dopo tre anni di battaglie feroci nella città definita "la capitale della rivoluzione contro il regime". Una vittoria più che simbolica _ politica e militare _ per Bashar Assad alla vigilia delle elezioni presidenziali. Una sorta di tentativo di legittimare la sua permamnenza al potere che sottoliena però anche il coinvolgimento di Teheran: con l'accordo i ribelli hanno liberato 70 uomini degli Hezbollah e una ventina di ostaggi rianiani. Hanno potuto andarsene dalla città portandosi via le armi leggere con un'intesa che il governo di Damasco sta tentando di replicare in altre situazioni critiche dove la guerriglia e intere città vengono strette d'assedio e strangolate per fame.

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