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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2014 alle ore 06:40.
L'ultima modifica è del 08 luglio 2014 alle ore 08:53.

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(ItalyPhotoPress)(ItalyPhotoPress)

ROMA - Beppe Grillo, sul suo blog: «Si prende atto che Renzi, le cui palle sono sul tavolo di Verdini e Berlusconi, rifiuta con il M5S ogni confronto democratico e che l'Italia dovrà pagarne tutte le conseguenze. Qui andiamo verso una dittatura di stampo legale, una dittatura fatta da questo ebetino, che è un ebetone pericolosissimo». Matteo Renzi, su twitter: «Io sono un ebetino, dice Beppe, ma almeno voi avete capito quali sono gli 8 punti su cui #M5S è pronto a votare con noi? #pochechiacchiere».

La giornata di ieri inizia con parole grosse, in un clima di chiusura del dialogo tra il M5S e Pd. Tanto che l'incontro che avrebbe dovuto tenersi nel primo pomeriggio è annullato dal Pd perché manca una risposta scritta ai 10 quesiti posti da Renzi dopo l'incontro in streaming del 25 giugno. Ma in serata, tolti dal blog i passaggi più duri della sfuriata di Grillo, arriva finalmente la richiesta risposta scritta ai dieci punti. A ben vedere però non si tratta di «dieci sì» come divulgato. Sulla riforma del Senato, ad esempio, resta il no all'elezione di secondo grado. Sulla legge elettorale c'è sì l'apertura al ballottaggio previsto dall'Italicum, ma il sistema proposto dai grillini prevede alcune modifiche di grosso peso: innanzitutto ci sono le preferenze, poi sono abolite tutte le soglie di sbarramento, infine il ballottaggio è previsto nel caso in cui nessuno raggiunga l'irraggiungibile 50%. Eppure Renzi tiene la porta ben aperta e mostra di apprezzare l'apertura dei grillini salutandola come una novità positiva. «Con la risposta sui dieci punti i Cinque stelle scendono definitivamente dal tetto, entrando nel merito voce per voce. Una vittoria per noi – fa trapelare il premier in serata –. I grillini hanno capito che erano destinati all'irrilevanza, per cui adesso aprono. Bene, incassiamo una disponibilità reale, visto che i loro punti sono molto vicini all'Italicum. Prima portiamo a casa la riforma del Senato e poi si parla di legge elettorale. Interessante la loro apertura sul ballottaggio».

Renzi è dunque disposto a riscrivere l'Italicum con i grillini? In realtà l'asse con Fi resta l'asse principale, e il rispetto del patto del Nazareno è per Renzi necessario per portare a casa in tempi brevi la riforma del Senato e del Titolo V. Le modifiche all'Italicum, ripete il vice del Pd Lorenzo Guerini, si fanno se è d'accordo anche Fi. L'apporto dei grillini è insomma aggiuntivo e non sostitutivo. L'obiettivo principale resta per Renzi quello di arrivare al sì dell'Aula di Palazzo Madama alle riforme costituzionali in tempo per la cena del 16 luglio con i 28 capi di governo europei. Dimostrare di saper fare le riforme in Italia – è il mantra che Renzi ripete ai suoi – è l'unico modo per ottenere più flessibilità sui conti in Europa. A conti fatti, si ragiona a Palazzo Chigi, i senatori dissidenti sono solo una trentina, di cui 16 del Pd e una decina di Fi. Anche se Fi non dovesse tenere tutti i suoi 59 senatori, con i 15 senatori leghisti la riforma passerebbe con un margine di almeno 15-20 voti.

Il punto politico più delicato riguarda in realtà l'Italicum, con la minoranza bersanian-cuperliana del Pd sulle barricate per l'introduzione delle preferenze (ieri si è anche rotto il fronte del governo, con il ministro Maurizio Martina che si è schierato contro l'Italicum). Ma difficilmente Berlusconi acconsentirà a introdurre le preferenze rendendo "scalabile" il suo partito. Nel Pd si sta ragionando su alcune possibili vie d'uscita che potrebbero andare bene anche a Fi. Una è l'ipotesi di prevedere sì le preferenze, ma lasciando sicura l'elezione del capolista in modo da avere una parte della rappresentanza parlamentare "blindata". Altra ipotesi, al momento più probabile, è prevedere le primarie per legge ma con la deroga di una legislatura.

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