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Questo articolo è stato pubblicato il 09 luglio 2014 alle ore 09:31.
L'ultima modifica è del 10 luglio 2014 alle ore 08:58.
Presentato emendamento su Senato non elettivo
I relatori Anna Finocchiaro (Pd) e Roberto Calderoli (Lega) hanno presentato intanto in Commissione Affari Costituzionali del Senato l'emendamento che recepisce l'accordo fra maggioranza e FI, e che verrà posto ai voti domani mattina. Esso prevede che i senatori non vengano eletti dai cittadini bensì dai consigli regionali, fra i propri componenti e (nella misura di uno) fra i sindaci del territorio, in base a un criterio di proporzionalità rispetto alla consistenza dei gruppi politici. Per eleggere il nuovo Senato, ogni consigliere regionale può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri regionali e da un sindaco, collegati ad altrettanti candidati supplenti. I componenti del nuovo Senato saranno in tutto 100: 95 scelti dalla regioni e 5 nominati dal Presidente della Repubblica. Forza Italia chiedeva una maggiore proporzionalità del numero dei senatori rispetto alla consistenza demografica delle diverse regioni. Per far questo è stato deciso anche di abbassare da 3 a 2 il numero minimo di senatori per ciascuna regione, così da premiare quelle più popolose, a partire dalla Lombardia.
Le fibrillazioni in Forza Italia
La fronda di Fi non ha però intenzione di retrocedere. Dopo che Finocchiaro ha depositato in commissione l'emendamento sul Senato di secondo grado, Augusto Minzolini ha depositato un subemendamento che invece rilancia il senato elettivo eletto a suffragio universale. Fonti parlamentari, vicine al senatore azzurro, spiegano che quella di Minzolini per ora è un'iniziativa personale in commissione ma che in aula in trenta, dentro Fi sono già pronti a sottoscrivere un emendamento analogo da far votare la prossima settimana. E i frondisti sarebbero pronti a ribadire il loro dissenso anche durante la riunione (rimandata a domani) del gruppo con Silvio Berlusconi.
Il via libera al nuovo Titolo V
Ieri sono stati approvati in commissione gli emendamenti al Titolo V della Costituzione (articoli dal 116 al 119), cuore del federalismo. Eliminate le materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni, tornano sotto l'egida dello Stato la competenza sulle reti energetiche e infrastrutturali e sulle grandi opere. È stato inoltre introdotto in Costituzione il criterio dei costi e dei fabbisogni standard, voluto da Ncd, e anche antico cavallo di battaglia della Lega.
Grillo attacca patto Nazareno
Oggi invece Beppe Grillo sul blog attacca il Patto del Nazareno Renzi-Berlusconi sulle riforme. Un patto che «garantisce che il notopregiudicato non finisca in galera e che possa sperare nella grazia. Garantisce inoltre che le aziende del notopregiudicato siano tutelate dallo Stato. Garantisce che il partito del notopregiudicato rimanga sotto il suo assoluto controllo con l'eliminazione delle preferenze. Insomma: il Patto è un salvancondotto» per Berlusconi «che in cambio garantisce il suo appoggio al governo e al disegno controriformista di Napolitano».
I numeri in Aula
L'obiettivo di Renzi resta quello dell'approvazione entro venerdì 18 luglio. E nonostante il fronte del dissenso sia trasversale e mobile, non è così grande da impensierire davvero il governo. L'accordo con la Lega e con Forza Italia dovrebbe consentire di superare agevolmente la maggioranza assoluta dei 160 voti. Sulla carta ci sarebbero anche i 230 voti necessari a far passare la riforma con i due terzi necessari ad evitare il referendum confermativo. Ma sia nel Pd che in Fi mettono in conto una quota di defezioni, e per questo cercano in queste ore di assottigliare la pattuglia dei dissidenti. Che sono una trentina: 16 del Pd, 4 tra i centristi della maggioranza e almeno una decina di Fi. Nel Pd si stima che alla fine decideranno di votare no in Aula al massimo in 6 o 7. Mentre Silvio Berlusconi sta contattando personalmente i suoi senatori malpancisti per convincerli. In ogni caso il governo conta su circa 200 voti.
Il dialogo con il M5s sulla legge elettorale
Quanto al disgelo con il Movimento 5 Stelle sulla legge elettorale dopo che i grillini hanno accettato di rispondere per iscritto alle 10 questioni poste dal Pd, Renzi non considera in discussione l'asse con Fi e il rispetto del patto del Nazareno. L'obiettivo ora è portare a casa il sì del Senato alla riforma costituzionale, solo dopo si parlerà di riforma elettorale. L'incontro con i grillini ci sarà, ma non prima della cena sulle nomine Ue tra i capi di governo che si terrà a Bruxelles il 16 luglio.
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