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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2014 alle ore 11:06.
L'ultima modifica è del 14 luglio 2014 alle ore 19:08.

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Al via la settimana decisiva per la riforma del Senato. Stamattina alle 11 è iniziata la discussione generale del disegno di legge Boschi a Palazzo Madama, con gli interventi dei due relatori Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli. L'aula ha poi bocciato le pregiudiziali di costituzionalità presentate da M5S (che ha annunciato «una lunga battaglia») e da Sel e ex M5S. Il termine per presentare gli emendamenti è slittato dalle 13 alle 20 di domani. Le votazioni dovevano iniziare mercoledì 16, ma anche questa data sembra destinata a slittare perché sono ben 124 i senatori iscritti a parlare (il tempo massimo per un intervento è di 20 minuti) nella discussione generale. In questo scenario, con la mina dei dissidenti di Fi e Pd favorevoli al Senato elettivo, i tempi del via libera finale sono un'incognita. Il governo puntava a venerdì. Ma Calderoli ha già dichiarato che «se tutto va bene il voto finale ci sarà a metà della prossima settimana», prevedendo la presentazione di «circa 1.500 emendamenti». Mentre il segretario del Carroccio Matteo Salvini ha avvisato: «Il nostro sì non è scontato».

Palazzo Chigi: senza fondamento ipotesi manovra agosto
Intanto è stata convocata per domani alle 21.30 a Montecitorio un'assemblea dei deputati e senatori del Pd alla presenza del premier Matteo Renzi. All'ordine del giorno, il programma dei mille giorni. Resta invece confermata per domattina l'assemblea dei senatori dem sulle riforme approdate oggi in Aula. Mentre fonti di palazzo Chigi hanno definito destituita di fondamento l'ipotesi rilanciata oggi dal Corriere della Sera di un anticipo della Legge di Stabilità ad agosto,

Renzi: avremo ampia maggioranza
Dopo il via libera venerdì scorso in Commissione affari costituzionali, il governo spera che il cammino delle riforme sia ora più agevole e che l'aula non faccia scherzi. «Avremo una maggioranza molto ampia», ha dichiarato al Tg1 ieri il premier Matteo Renzi. Il percorso comunque non è breve. Trattandosi di una riforma costituzionale, essa ha infatti bisogno di quella che in gergo si chiama "doppia lettura conforme": il Senato e la Camera dovranno votare l'identico testo per ben due volte. Se cambia una virgola, si ricomincia da capo.

La fronda di Forza Italia
A palazzo Madama la fronda dei dissidenti favorevoli al Senato elettivo (sulla carta 22 in Fi e 16 nel Pd) sembra destinata a ridimensionarsi. Non rientra però il malessere in Forza Italia, con i "malpancisti", guidati da Augusto Minzolini, schierati per il Senato a elezione diretta. Ma ieri è uscito allo scoperto anche Raffaele Fitto, con una lettera aperta a Berlusconi. «Non sono, non siamo "contro le riforme" - ha scritto l'europarlamentare Fitto - Ciò che crea grande perplessità sono invece due ordini di questioni, i contenuti della proposta in campo e la fretta». E intanto è fissato per domani alle 14,30 l'incontro dei gruppi parlamentari di Forza Italia con Berlusconi. Un'assemblea plenaria nella quale il leader di Fi richiamerà i dissidenti all'ordine, cercando di convincerli della necessità di rispettare il patto del Nazareno e votare il ddl Boschi.

Il cronoprogramma della riforma del Senato
Acquisito il primo sì del Senato, il disegno di legge verrà incardinato a fine luglio in commissione Affari costituzionali della Camera . La discussione entrerà nel vivo a settembre. Entro quel mese il governo spera che l'aula di Montecitorio possa licenziare il testo. Se Montecitorio, come è altamente probabile, dovesse cambiare qualche parte della riforma, ci sarebbe bisogno di un nuovo passaggio in Senato per confermare le modifiche. Si arriverebbe così alla fine di ottobre. A quel punto potrebbe prendere il via la procedura della seconda lettura del disegno di legge da parte di Camera e Senato, obbligatoria per tutte le riforme costituzionali. Tra una lettura e l'altra devono passare almeno tre mesi: ciò vuol dire che la Camera potrebbe riprendere in mano il dossier a fine dicembre 2014 e il Senato a fine gennaio 2015.

Ipotesi referendum
Ma a quel punto potrebbe essere necessario un ulteriore passaggio: quello del referendum confermativo, che la Costituzione rende possibile se la riforma non viene approvata con i due terzi dei voti in ciascuna Camera. In tal caso ci sarebbero tre mesi di tempo per raccogliere le firme (quindi si arriverebbe a fine aprile 2015). Raccolte le firme, il referendum deve tenersi in una domenica compresa tra il cinquantesimo e il settantesimo giorno dall'indizione: se tutto va bene si arriverebbe così a metà giugno del 2015.

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